Guardalo, dunque. Sembra che abiti distanze siderali, un universo di ghiaccio che, a toccarlo, ti gelerebbe la mano. Solo lo sguardo ti consente e anche quello rimbalza sul suo volto, che te lo restituisce intatto. La sua è quella bellezza fredda che ti attrae e ti respinge, anzi che ti attrae perché ti respinge. Fissarlo, rapito, significa cedere a un istinto punitivo e sprofondarvi dentro. Punisce perché non si concede, punisce perché non stabilisce alcuna reazione con chi lo guarda, punisce perché puoi solo ammirarlo e fargli scivolare lo sguardo addosso. Anche masturbarsi in presenza di un volto così sembrererebbe troppo: un'insolenza o, peggio ancora, un'improbabilità. E' l'androgino per eccellenza, in bilico tra i due sessi, ma inequivocabilmente maschio - e quindi perfetto. E' l'uomo-ragazzo che raccoglie in sé anche le caratteristiche della donna e del bambino. Ha labbra tumide e sporgenti che contrastano con il resto del viso. Sono un'oasi di sensualità piantata in un deserto di gelo: le osservi, t'immagini che cosa proveresti a baciarle, così carnose, ma allo stesso tempo ti chiedi se non rimarrebbero attaccate alle tue, come il ghiaccio che si salda all'acciaio. Il broncio che quelle labbra chiuse conferiscono al suo volto sembra alludere a un dolore che ne esalta la bellezza. Una bellezza così che sia anche ridanciana non riusciresti a figurartela, una bellezza così si realizza solo se lascia intuire, sotto di sé, una tristezza inconsolabile. Se su quelle labbra spuntasse un sorriso che fosse solo più di un ambiguo accenno - sardonico, tutt'al più -, la compostezza geometrica del volto ne sarebbe irrimediabilmente deturpata. Guardalo negli occhi, poi. Quegli occhi azzurri rivelano un fondo allo stesso tempo di tristezza e di freddezza. Ma quando li socchiude e fissa l'osservatore, lo sguardo si fa severo, come se ti stesse rivolgendo un muto rimprovero. Non vorresti farti piccolo davanti a uno sguardo simile? Non avverti il suo dominio, esercitato con tanta economia di mezzi? Forse ha persino un certo gusto per la crudeltà - deve averlo, questo bel ragazzo spietato -, la crudeltà di chi intuisce che, con la sua bellezza, può soggiogare chi vi si presta. Una spietatezza a malapena tenuta a freno da un'apparenza adolescenziale, tradita dai lineamenti affilati, che nasconde un angelo feroce. Un oscuro angelo della distruzione. Nessuna morbidezza, nessuna mollezza, nessuna rotondità in quel volto. Niente che alluda a una rilassatezza mediterranea, niente che lasci presagire una qualche convivialità. Gli zigomi alti e pronunciati gli scavano le gote e sono il punto di partenza di due linee che cadono verso il mento: un volto dentro il volto, l'ombra del teschio, a suggerire il disprezzo per chi si lascia irretire dal suo bel faccino. Le orecchie lievemente sporgenti esaltano ancora di più il trapezio ossuto del volto, a malapena ammorbidito dal ciuffo di capelli che gli cadono sulla fronte, coprendola. Guardalo a torso nudo. Le clavicole in rilievo, le ossa del bacino che spuntano, l'incavo dello sterno. Ne seguiresti con i polpastrelli il percorso, tastandone le dure sporgenze e le rigidità come se fossero la promessa di una felicità che non ha nulla a che fare con i piaceri della carne. Osserva bene la pelle bianca: come non restare ipnotizzati dal reticolo di vene azzurre che s'intravedono sul petto e che, simili ad autostrade, scendono dalle spalle fino ai piccoli capezzoli turgidi? Paradossalmente ciò che più di umano c'è in lui è l'inumano dei tatuaggi che gli coprono tutto il braccio sinistro, come se, facendoseli fare, avesse ceduto a un impulso di vanità indegna di un angelo. Lui esiste così, immobile nelle fotografie che lo ritraggono e che disegnano e delimitano con esattezza i contorni della sua perfezione. Lui non esiste che in te, che lo guardi. L'oggetto osservato - e con lui la sua bellezza - si contiene tutto nello sguardo tuo di osservatore.