La giunta comunale di Milano ha deciso di finanziare, con la bellezza di centoventimila euro di denaro pubblico, la "settimana della cultura palestinese" che si terrà a ottobre. O, per essere più precisi, ha stabilito di finanziare un'associazione, l'Arci, che si occuperà della cosa e l'ha fatto senza nemmeno un bando pubblico e senza dare la possibilità ad altre associazioni o organizzazioni di partecipare all'assalto all'albero della cuccagna. Se ne parla, in maniera assolutamente anodina e inadeguata, in un pezzo apparso oggi sul Corriere della Sera, in cui mancano tutti gli elementi utili per avere un quadro preciso della situazione (o, se ci sono, sono presentati in modo molto superficiale).
Ovviamente io non ho niente da obiettare al fatto che uno stato estero - o uno stato in pectore, come la Palestina - organizzi una kermesse per fare conoscere sé, le proprie realizzazioni e la propria cultura. Se è in grado di farlo e ha i mezzi per farlo, lo faccia pure. Quello che non mi va giù è il trattamento particolare riservato alla Palestina dalla giunta Pisapia. Mai è capitato, infatti, che il Comune di Milano desse contributi così consistenti: in occasione delle settimane di Israele, della Spagna, del Qatar o della Turchia non è stato versato un euro di finanziamento. Le rispettive feste se le sono pagate gli stati che le hanno organizzate. Perché non avviene la stessa cosa in questo caso? E questo è il primo punto. La risposta è fin troppo semplice - e vi accenna, en passant, anche l'articolo di Giannattasio e Sacchi -: questa festa palestinese nasce come "riparazione" alla rassegna di "Unexpected Israel" che, organizzata e ospitata a Milano l'anno scorso, aveva sollevato tante inutili e pretestuose polemiche. Già io trovo agghiacciante che una cosa perfettamente lecita e normale - un paese che si fa conoscere all'estero - faccia sentire la necessità di una "riparazione", come se si trattasse di un reato o di un'infamia. Questa rassegna nasce quindi all'insegna di un ricatto morale (e, aggiungerei, anche economico, vista la cifra sborsata) a cui la giunta milanese si è piegata senza fiatare, ostaggio dell'agenda della sinistra radicale, che ha scambiato l'amministrazione cittadina per un pulpito da cui condurre le sue battaglie antimperialiste e veterocomuniste: personaggi ormai fuori dalla realtà per cui gli anni sono passati invano e che credono ancora di trovarsi in qualche collettivo degli anni settanta a cianciare di massimi sistemi.
Bisogna aggiungere che questa rassegna e il finanziamento concesso dal Comune s'inscrivono in un'ulteriore vicenda recente, messa in moto sempre dalle stesse frange di estrema sinistra della giunta Pisapia, che credono di stare non in un'amministrazione comunale, bensì al Ministero degli Esteri - della Palestina, oltretutto. Mi riferisco alla cosiddetta "mozione di solidarietà" per il calciatore palestinese Mahmoud Sarsak presentata dalla Sinistra per Pisapia e dalla consigliera Anita Sonego. Sarsak era in carcere in Israele per sospetti di terrorismo e la mozione ne chiedeva la scarcerazione e, ovviamente, la condanna dello Stato di Israele, che ha invece agito in perfetta legittimità, applicando le proprie leggi in materia di antiterrorismo - e non sto nemmeno a specificare che quando Israele rilascia un centinaio di terroristi palestinesi, magari in cambio di un unico soldato come è avvenuto nel caso di Gilad Shalit, molti di questi non si ravvedono ma continuano a progettare e a realizzare altri attentati contro gli inermi civili israeliani: il terrorismo contro gli israeliani non è un'invenzione, come hanno dimostrato anche di recenti i fatti di Burgas. Alla mozione ha risposto, con una nota molto sobria, Roberto Santaniello, il direttore delle Relazioni Internazionali del Comune di Milano, mettendo molti puntini sulle i e richiamando i consiglieri al loro ruolo istituzionale. Ecco, presso quegli stessi consiglieri di estrema sinistra - e presso i loro amici di "Palestina Rossa" - è stata la risposta di Santaniello a creare scalpore. Inaudito che le istituzioni non prendessero le parti degli eversori! Questo fatto - pare - ha destato un certo fastidio anche nello stesso sindaco di Milano, tanto che a me viene il sospetto che lui sia molto più il rappresentante di quella sinistra lì che non di una sinistra moderata (e, del resto, Che Guevara non è uno dei suoi modelli, come ebbe a dire in occasione dei festeggiamenti per la sua elezione?). L'imminente festa palestinese sarebbe quindi anche una "compensazione" per questo affronto e sarebbe stato utile se il Corriere della Sera l'avesse scritto.
Infine, ciliegina sulla torta (di merda): il due settembre ci sarà la "giornata della cultura ebraica". Pisapia ha fatto sapere all'Ucei che non vi presenzierà, perché questo è un momento delicato. Ognuno tiri le proprie conseguenze - e poi magari mi venga a disegnare i soliti arabeschi e i tradizionali bizantinismi a proposito della differenza sostanziale tra antisionismo, legittima critica a Israele e antisemitismo.