L'altra sera, al cinema, ho visto Solo Dio perdona, di Nicolas Refn e con Ryan Gosling. Film di una violenza assurda e con scene truculente piene di sangue, arti mozzati ed efferatezze assortite, sullo sfondo di una fotografia e di riprese altamente stilizzate e manierate. Trama abbastanza inconsistente, psicologie polarizzate agli estremi e poco probabili. Ritmi lenti che però non si avvertono come un peso, perché il film dura il giusto - un'ora e mezzo - per non annoiare lo spettatore (limitandosi a turbarlo un po'). Ryan Gosling è un pesce nell'acqua: la sua naturale espressione catatonica si presta molto alla fissità imperscrutabile del protagonista Julian, da lui interpretato. Grand guignol a piene mani, dicevo, ma mentre assistevo all'ennesima scena di questo genere mi sono posto un interrogativo. Nella scena in questione, la madre di Julian è appena stata uccisa, con una sciabolata netta, dal poliziotto "cattivo" - o, semplicemente, inflessibile nei suoi metodi radicali - e quando il figlio arriva sul luogo del delitto la trova già morta. A sua volta le infila prima una sorta di katana nella pancia, poi direttamente una mano nella ferita aperta, rigirandola bene da una parte e dall'altra. Sorvolo sugli echi edipici e sulla simbologia ferita aperta=vagina, ma quando il protagonista estrae quella mano, noi la vediamo grondante sangue. Solo sangue, intendo. Poiché dubito che, prima di morire, la donna si sia fatta praticare una lavanda intestinale, mi stupisce che quelle mani non grondassero anche merda. E l'interrogativo è appunto questo: come mai, nei film horror o in film che, come questo, esplicitamente adottano un'estetica pulp, non si rifugge dal mostrare con tanta evidenza squarci, mutilazioni, ferite di ogni genere, sangue, sangue e ancora sangue, mentre non si vede mai la merda, anche quando dovrebbe esserci? Insomma, perché il sangue sì e la merda no? Non ho una risposta preconfezionata, però ho la sensazione che il sangue abbia, nel nostro immaginario, una potenza simbolica enorme. Non soltanto al sangue si associa la vita - e perdere sangue equivale a perdere sostanza vitale -, ma tutto ciò che vi è di profondo e radicato nell'uomo ha un qualche legame (anche se solamente concettuale) con il sangue, con la sua retorica vitalistica. Non a caso si dice: "Ce l'ho nel sangue". La merda è invece lo scarto per eccellenza, la parte meno nobile, quella che - pur suscitando ribrezzo - può e deve essere facilmente eliminata. Mostrare la merda fa schifo e basta, mentre mostrare il sangue ha un impatto drammatico maggiore, che dà evidenza alla tragedia; toglie il respiro allo spettatore e gli trasmette un immediato senso di pericolo (senza parlare poi dell'idea del contagio che si ricollega al sangue e che in una certa cinematografia è stata ampiamente sfruttata).