Ancora oggi, a distanza di vent'anni, mia madre è capace di sorprendermi con certe sue uscite. Mi sorprende, ma in un certo senso la comprendo. Nei primi giorni della malattia che ha colpito mio padre, quando ancora non si sapeva quale sarebbe stata l'evoluzione, eravamo in auto e, fermi a un semaforo, lei si è girata verso di me e mi ha chiesto: "Ma tu adesso non hai nessuno?". Io devo avere bofonchiato qualcosa, imbarazzato, perché avevo capito benissimo che lei, con la mente, si era già proiettata in un futuro in cui non ci sarebbero più stati né lei né mio padre e io sarei rimasto solo, senza - come si usa dire - nessuno che si prenderà cura di me. Sottotesto: e se ti succedesse una cosa come quella che è successa a tuo padre? Inutile dire che paventarmi un'ipotesi del genere è rimestare nel calderone sempre in ebollizione dei miei timori e delle mie ansie. Malgrado in quel momento io abbia provato una stretta al cuore per la sua premura ho cercato di sdrammatizzare rispondendole che non è il caso che lei si preoccupi adesso, dato che in quel futuro lontano lei comunque non ci sarà più e non avrà modo di assistere alla mia decrepitudine. "E poi - ho aggiunto -, c'è sempre M. Al massimo ci assisteremo a vicenda". "Neanche lui ha qualcuno?" mi ha chiesto lei. "No", le ho risposto. Ed è a questo punto che lei - ed è questa l'uscita con cui mi ha sorpreso e che sembrerebbe azzerare decenni di lotte per i diritti degli omosessuali - ha ribattuto: "Potresti trovarti una donna con cui metterti insieme, sposarti... be', anche una a cui piacciano le donne... ma così, giusto per...". Ma a questo punto mi trovo direttamente un uomo, ho replicato, un po' piccato, ma senza crederci poi troppo per via del mio proverbiale ottimismo nei confronti di me stesso. E' un'affermazione omofoba la sua? Una proposta che testimonia la sfiducia nella capacità di due uomini di costruire una relazione stabile, paramatrimoniale? Una mancata accettazione, a conti fatti, dell'omosessualità del figlio? Forse, ma non del tutto, perché in fin dei conti, quando stavo con M. e ci eravamo fermati da loro in una città di mare in cui erano in villeggiatura, lei ci aveva persino lasciato il letto matrimoniale, così come nel corso di questi vent'anni ha conosciuto diversi miei amici gay, con un paio dei quali è pure entrata in confidenza. Il punto è un altro, credo, e l'ho capito quando mi ha detto: "Non so se tuo papà avrebbe fatto quello che sto facendo io adesso per lui se fosse capitato a me". Non è tanto sfiducia in un rapporto affettivo tra due uomini, quanto sfiducia verso il maschile in sé e la capacità di accudimento (e di resistenza) degli uomini. Alla fine ognuno di noi si forma un'immagine (e un giudizio) di uomini e donne in base alle esperienze e alle figure di riferimento che ha avuto. Il padre di mia madre, che io non ho mai conosciuto se non attraverso i suoi racconti, non era né un campione di coraggio né di capacità di provvedere ai bisogni della famiglia, così come mio padre, pur non avendo mai avuto vizi "distruttivi" per sé o per noi, non ha mai brillato per spirito d'iniziativa, per forza o per decisione: non erano le sue le spalle forti su cui appoggiarsi nei momenti di crisi. E non parliamo poi dei mariti delle sorelle, malati di un tipico egocentrismo maschile. Capisco quindi che mia madre non veda di buon occhio la possibilità di affidare la cura del suo unico figlio a un altro uomo. Non saprei darle del tutto torto, perché forse questa diffidenza mi è passata nel sangue, con le conseguenze che ora ho sotto gli occhi. Mi piaceranno anche gli uomini, ma non li amo molto, e li guardo con sospetto. Me compreso, superfluo specificarlo.
è molto intimo questo post e mette a nudo alcuni aspetti con cui tutti noi, prima o dopo, pensiamo di dover fare i conti.
in effetti l'uscita di tua madre non mi sembra affatto omofoba... ma piena di sincera apprensione
Posted by: Aelred | 07/01/2013 at 18:59
come scrivi bene, accidenti a te...
Posted by: pio | 17/01/2013 at 14:45
che bel post
Posted by: pio | 19/01/2013 at 14:54