Da un punto di vista squisitamente simbolico il padre rappresenta la potenza, anche quando la reale figura paterna è sempre stata tutt'altro che potente. Il tracollo di un padre, specie se improvviso, lascia il figlio sgomento. Anche se il rapporto non era così stretto e a quel padre non si guardava come a un personaggio irraggiungibile, dentro di noi resiste - o resisteva - immutata la sua portata simbolica, a dispetto di quello che sapevamo. Del resto, si può sapere senza sapere. E' come se, a un tratto, si fossero capovolti i rapporti: ora siamo noi che dobbiamo proteggere lui ed è lui che, in qualche modo, è tornato bambino. Questo, almeno, è quello che è capitato a me. Da un lato c'è la realtà oggettiva di un uomo adulto - io -, che dovrebbe essere nel pieno delle sue forze, sufficientemente sicuro di sé e psicologicamente in grado di gestire l'eventualità di una grave malattia del padre (e con questo intendo soprattutto che dovrebbe essere consapevole che un'eventualità simile poteva verificarsi), e di un uomo ormai anziano ed esposto ai rischi che la sua età comporta. Parallelamente, però, esiste l'altra realtà, soggettiva, in cui l'uomo adulto non è mai del tutto uscito dall'infanzia, mentre il padre è sempre nel pieno delle sue facoltà, eternamente adulto. Perché c'è anche questo aspetto della faccenda: i vecchi sono sempre gli altri, quelli che vediamo fuori, gli sconosciuti, mentre i nostri genitori non invecchiano mai davvero ai nostri occhi. Galleggiano in un'età indefinita, quella stessa età in cui li abbiamo sempre visti sin da quando noi eravamo piccoli. Il tempo passa e deve succedere qualcosa di tragico perché ci entri bene in testa l'idea che anche loro sono esseri mortali e si stanno avvicinando al limite estremo della loro vita. E anche questo contrasto cognitivo io non l'ho risolto una volta per tutte, ma ogni volta che vedo il risultato di quell'inatteso tracollo mi sembra di vederlo per la prima volta, come se mi svegliassi da un sogno e scoprissi che il sogno, invece, è realtà.
Magnifico,
Vito
Posted by: Vito | 22/01/2013 at 20:36
Il padre, non è dominante come la figura materna. La madre è cantata ovunque, in civiltà e nei secoli. Il padre arriva quando comincia a mancare.
Grazie.
Posted by: Methsambiase | 24/01/2013 at 22:05
Sono arrivato casualmente in questo blog, cercando informazioni sul libro "Congedarsi dal mondo". Oltre all'articolo sul libro di Barbagli ho letto anche qualche altro post e devo dire che la sua scrittura mi piace molto. Complimenti.
Posted by: Giordano Boscolo | 30/01/2013 at 14:17
sempre allegro,neh!
Posted by: rubicodo59 | 01/02/2013 at 10:59