In gioventù, quando erano ancora studenti a Madrid, Salvador Dalì e Federico Garcia Lorca ebbero una storia d'amore. Una storia ammantata di mistero, ma su cui, qualche anno fa, l'ispanista Ian Gibson scrisse un libro, El amor que no pudo ser, andando a studiare la corrispondenza tra i due geni spagnoli. Questa vicenda è - o dovrebbe essere - alla base del film di Paul Morrison Little Ashes. E' evidente, da parte del regista, il bieco tentativo d'incassare i dividendi del successo di Robert Pattinson, appena uscito dalla saga di Twilight, affidandogli il ruolo del pittore catalano, nientedimeno. Chissà che cosa avranno pensato le sue giovani e scatenate ammiratrici, vedendolo in una pellicola di questo genere, di cui probabilmente ignorano il contesto storico e il profilo biografico dei protagonisti. Scelta tragica, oltretutto, perché la prestazione del poveretto è davvero grottesca e amatoriale: non è assolutamente all'altezza del compito - non saprei ancora dire se per scarsa maturità o per incapacità congenita -, tanto da trasformare Dalì in una specie di macchietta.
Ma fosse solo questo il problema... Little Ashes soffre di una serie di difetti, il primo dei quali è proprio di scrittura, che ne rovina l'impianto. Il film, infatti, è completamente fuori fuoco, per così dire. Se è vero che al centro della trama c'è la relazione tra Dalì e Garcia Lorca (Javier Beltràn), è altrettanto vero che questo nucleo fondamentale è trattato in modo superficiale e persino marginale. Il regista non dirige la sua attenzione su questo punto focale, ma la disperde in una serie di episodi collaterali, come in preda all'ansia di voler raccontare tutto. In questo modo al film viene mancare il perno che lo regge e si sfascia dando origine a mille schegge esplose, nessuna delle quali convince davvero. Desideroso di dire tutto, finisce per non dire niente o poco di ogni singola cosa. La storia d'amore - contrastata, in primo luogo dalle esitazioni e dalle nevrosi dei due protagonisti - poteva diventare un catalizzatore potente, e invece ecco che il regista sembra indeciso sulla materia narrativa che sta maneggiando, e lo sguardo si smarrisce in innumerevoli rivoli: la follia innovatrice di Dalì, la rivoluzione cinematografica antiborghese di Luis Buñuel (Matthew McNulty) - che però, quando scopre l'omosessualità di Lorca, si lancia in tirate omofobe che nemmeno il conservatore più accanito -, il percorso artistico e politicodi Federico Garcia Lorca, a cui il regista dedica lo spazio maggiore, tanto che Little Ashes sembra più che altro un biopic su di lui. E poi l'insistenza a voler rappresentare la cornice politica, che è certamente essenziale per caratterizzare la Spagna di quell'epoca che va dal 1922 al 1936, ma che qui finisce per spostare ulteriormente il baricentro e rende il film ancora più irritante, soprattutto considerata la maniera frettolosa in cui viene inscenata la fucilazione del poeta. A questo punto tanto valeva non includerla nel film e cavarsela con una didascalia alla fine. Come se non bastasse, tutto questo è mostrato in maniera affrettata e svogliata.
Mediocre non sono però soltanto la sceneggiatura e la recitazione, ma anche la fotografia e i costumi. Aleggia su tutto il film un'aria da recita scolastica o da brutta telenovela, con luci e costumi fin troppo scintillanti e patinati, che sottraggono realismo alla ricostruzione storica, presentandoci un'immagine della Spagna da opuscolo dell'Ente turistico o da vetrina da esposizione. Paesaggi sui quali non si posa un granello di polvere neanche per sbaglio. Qualche volta, poi, si scivola nel kitsch involontario: per esempio la scena in cui Dalì e Garcia Lorca si baciano, nuotando in mare, è girata con un'estetica che sembra presa in prestito da Pierre et Gilles. A coronare il tutto c'è poi la scelta letteralmente disastrosa di girare il film in inglese facendo però recitare gli attori con un marcato accento spagnolo - del resto, siamo in Spagna o no? -, al punto da rendere spesso i dialoghi inintelligibili. Questa trovata è spinta all'assurdo quando Federico Garcia Lorca recita le sue poesie in spagnolo, che vengono doppiate, in voice-over, con lo stesso inglese accentato: almeno in questo caso sarebbe stato meglio, molto meglio, accompagnarle con dei sottotitoli e permettere allo spettatore di apprezzarle nella loro versione originale. Invece no, il regista è stato capace di rovinare anche questo.
Un film brutto, dunque, e abborracciato. Un "vorrei-ma-non-posso", il tipico caso di chi ha puntato più in alto di quanto i suoi limitati mezzi gli consentissero. Non credo che Little Ashes sia uscito in Italia, ma spero soprattutto che non l'abbiano distribuito in Spagna, per amor di patria (loro).
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