Ieri ero al "Libraccio" e stavo sfrucugliando i libri usati di storia, politica, attualità e cose così. Ero arrivato al tema Medio Oriente, che tengo sempre d’occhio nel caso in cui mi capiti una perla inedita, e ho trovato una gemma: "Arafat" di Mario Ca.panna, edizioni Rizzoli, del 1989. Si tratta di una lunga intervista al terrorista, pardon, al premio Nobel per la pace palestinese. L'ho sfogliato, ho letto qualche frase qui e là, ho persino riflettuto per un attimo se fosse il caso di comprarlo - obbedendo a quel gusto dell’orrido per cui qualche volta si compra della vera e propria spazzatura -, ma poi il disgusto mi ha sopraffatto e l’ho rimesso sullo scaffale. Però il volume è a suo modo istruttivo: Mario e Yasser si danno del tu come due vecchi amici: non è un’intervista, ma è una bella chiacchierata tra due personaggi che hanno un’intesa perfetta - è tutto un pissi-pissi e una serie di smancerie -, e in quarta di copertina campeggia una foto di loro due che, ridanciani, si abbracciano. Fa quasi impressione, soprattutto se si pensa alla scia di atti terroristici che l’Olp e i terroristi palestinesi si erano appena lasciati alle spalle negli anni Settanta e Ottanta. Evidentemente, massacrare ebrei innocenti e imbelli per manifestare la propria opposizione alle politiche di Israele era una via praticabile e giustificabile, non soltanto per gli Arafat, ma anche per i suoi amici antimperialisti e terzomondisti di sinistra. Alla fine ho preferito comprarmi un vecchio saggio che racconta “storia e retroscena del raid israeliano in Uganda” che salvò gli ostaggi israeliani di un volo Air France dirottato da un commando di terroristi palestinesi, di quelli che stavano simpatici a Ca.panna.
E così ho finito per pensare a Ca.panna e al tipo di sinistra che lui incarna. Sugli scaffali dedicati al pattume scritto e pubblicato dai vari uomini politici italiani c’erano anche i suoi pregevoli volumi che, in tono misticheggiante, rievocano gli anni sessanta, le “lotte” del Sessantotto, e così via ("Formidabili quegli anni", tanto per intenderci). Lui e quelli della sua risma non hanno ancora smesso di predicare e di sentirsi nel giusto. Oggi, per esempio, Ca.panna è impegnato a combattere, lancia in resta, gli Ogm, perché lui ha stabilito che fanno male e che, ovviamente, servono solo gli interessi delle multinazionali imperialiste-assassine-antiproletarie (e, a questo punto, viste le sue frequentazioni del 1989, anche un po’ giudaiche). Lo fa per partito preso, ancora prima di avere dei solidi risultati dagli studi scientifici, che anzi vorrebbe soffocare e vietare a priori, come si apprende da questa triste vicenda e dalla “Fon.dazione Di.ritti Gene.tici” che presiede. Siccome il suo compito è la difesa del Bene e siccome il Bene è quello che dicono lui e quelli come lui, ecco che bisogna impedirne persino la ricerca. A questo punto uno si domanda quale sarebbe la differenza con quei fondamentalisti cattolici che vietano la fecondazione eterologa o la pillola del giorno dopo dicendo che loro sanno che non soltanto contravvengono all’etica cristiana, ma che fanno pure male alla salute delle donne. Insomma, il soggetto è rimasto quel che è.
Da tutto questo traggo un umile insegnamento: mi stupisco sempre quando uno riesce a sfangarla per tutta la vita pur non essendo in grado, letteralmente, di combinare nulla di buono o, peggio, pur sbagliando tutte, ma proprio tutte, le scelte che ha fatto. E sentendosi comunque sempre dalla parte giusta. Perché oggi non soltanto lui continua a sproloquiare, ma si è lasciato dietro - anche grazie alla mitizzazione delle imprese della sua parte politica - un’eredità tossica che continua ad avvelenare buona parte della sinistra. Alternativa, antagonista, antimperialista, terzomondista, miserabilista: chiamatela come volete, ma è proprio quella roba lì, sintetizzata dall’abbraccio tra un inetto e un terrorista.
una bella intervista ad arafat la fece oriana fallaci
di ca.panna vien voglia di dire con Dante:
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa
Da: Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, Canto III, 51
Posted by: Paolo Ferrario | 28/06/2012 at 00:07