Ha 27 anni mia madre quando si trasferisce dalla sua città natale di C. alla città di G. Ci si trasferisce con la sua più cara amica A. perché hanno trovato tutt'e due lavoro lì. La distanza fisica è insignificante, nemmeno 150 chilometri, ma la distanza psicologica le sembra insormontabile. Mia madre non si abituerà mai davvero alla città di G. e ancora adesso, ogni volta che torna a C., sembra un'emigrata che rientra dall'Australia dopo decenni di assenza e si commuove alla vista del paesello natio. A. ci resta poco, nella città di G., e poco tempo dopo si trasferisce a Roma. Mia madre, che potrebbe seguirla, non lo fa. Per pigrizia o per mancanza di coraggio, forse. In questo caso anche la distanza fisica diventerebbe considerevole e lei non vuole allontanarsi troppo dalla sua famiglia e da sua madre, mia nonna. Lo trova intollerabile. E così il resto è storia. Rimane a G., qualche anno dopo conosce mio padre e poi nasco io. Ripensando a tutto questo ieri - mentre lei sgrana con il tassista il suo rosario sulle delizie di C. e sulle nequizie di G. -, io mi abbandono a un gioco e a un'ipotesi oziosa. Se davvero mia madre si fosse trasferita a Roma, non avrebbe conosciuto mio padre. E io non sarei mai nato. Non sarebbe stata una gran perdita per il mondo. L'essere che chiamo io - per parafrasare il modo in cui Marguerite Yourcenar inizia Care Memorie - e che è giocoforza il centro mondo, perché è il punto da cui s'irradia la mia coscienza del mondo, non sarebbe mai esistito. Io, che in quanto soggetto e come tutti i soggetti sono per me la cosa più importante - anzi, fondamentale, perché senza soggetto non c'è percezione dell'altro -, scopro di non essere così importante, di essere anzi irrilevante, frutto di una casualità. Tanto che sarebbero bastate una frase e una decisione di quella donna, che in quel caso non sarebbe più stata mia madre, perché io non fossi. Mi calo dentro questa riflessione come in un pozzo: è rassicurante e rasserenante, quasi, tanto che mi viene voglia di spingermi un po' più in là. Già il fatto che io sia io e non un altro è il frutto di una casualità, perché tra milioni di spermatozoi solo uno è andato a fecondare quell'ovulo da cui sono nato quell'essere-che-chiamo-io. E' una disdetta che per scoprire i vantaggi del non-essere si debba per forza passare per l'essere.
"basta che funzioni" WA
Posted by: Arci | 18/03/2012 at 19:39
Metafisica allo stato puro ! Wow, meglio di una lezione in Statale. Keep 'em coming !
Posted by: avi | 19/03/2012 at 14:09
Non è un'ipotesi oziosa, c'è chi ne ha fatto un libro : )
http://www.iperborea.com/it/titoli/20363.html
Posted by: Alba Parietti | 22/03/2012 at 09:26
Eh, figurati se scrivevo una cosa originale :)
(Il libro, però, non lo conoscevo).
Posted by: Stefano | 22/03/2012 at 09:30
Ho sentito stamattina la recensione in radio e ho subito pensato a te ♥
Posted by: Alba Parietti | 22/03/2012 at 15:38