Ha ragione il premier britannico Cameron quando dice di essere favorevole ai matrimoni gay non malgrado sia conservatore, ma proprio perché è conservatore. Il matrimonio ha un valore e un riconoscimento sociale perché serve a stabilizzare le relazioni tra due persone e questa stabilità rafforza la società stessa. La conserva, per l'appunto. In un certo senso, il fatto che sempre più coppie omosessuali chiedono di potersi sposare è l'ammissione della validità di un istituto che solo qualche decina di anni fa era inviso ai gay movimentisti e a quelli che ritenevano che la liberazione omosessuale fosse parte di un rivolgimento totale della società. L'integrazione dei gay nella società, integrazione che passa anche attraverso la possibilità di accedere a quegli istituti così tipicamente conservatori come il matrimonio, è il segno - duplice e paradossale - della vittoria e dello scacco degli omosessuali. Siamo normali e vogliamo una vita tranquilla - dice ormai la parte maggioritaria di noi -: come fanno gli avversari del matrimonio gay, richiamandosi all'argomento della tradizione, a non vedere che in questa battaglia hanno vinto anche loro? Poi, certo, i gay possono interpretarlo come vogliono, da loro punto di vista psicologico, e vederci una compensazione per la frustrazione derivante da un prolungato stato di minorità - frustrazione che, si badi bene, non si cancellerà mai del tutto, perché inerente a qualsiasi minoranza, anche non "istitutionalizzata" o riconosciuta come tale -, ma sta di fatto che per lenire queste antiche ferite fanno ricorso a un istituto tipicamente conservatore.
Tra le varie opinioni espresse sul tema c'è anche quella di qualcuno che, buttando il cuore oltre ogni ostacolo, dichiara che in realtà, altro che estensione del matrimonio alle coppie omosessuali, la vera battaglia sarebbe quella per abolire il matrimonio, che è un istituto superato. O che, fedele di una dottrina libertarian estrema, sostiene che lo stato non dovrebbe nemmeno immischiarsi nelle relazioni personali - e quali sono più personali delle relazioni amorose? - e lasciare che le singole coppie (di ogni genere) le gestiscano da sé ricorrendo magari a una serie di contratti privati. Via tutti i privilegi concessi in blocco alle coppie attraverso quella protezione statale ad hoc che si chiama matrimonio, insomma. E' curioso però che queste affermazioni siano diventate più frequenti da quando più frequente è la richiesta dell'estensione del matrimonio - o comunque lo si voglia chiamare - alle coppie dello stesso sesso. Sarà che il matrimonio è diventato passé e uno scandaloso privilegio statale solo da quando lo chiedono anche i gay. O forse si tratta solo di una forma di "escapismo": per evitare di dover affrontare un argomento che trovano scomodo o fastidioso, usano quella che è una forma di "benaltrismo" (secondo la famosa logica per cui "il problema non è X, ma ben altro", qui declinabile in: il problema non è estendere il matrimonio a tutti, ma abolire quella roba antiquata che è il matrimonio tout court).
A me non importa se questa seconda ipotetica proposta abbia un fondamento razionale o no - sospetto solamente che non l'avanzerebbero se non ci fosse di mezzo la rivendicazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso -, perché potrebbe anche avercelo: qualsiasi tema, sottoposto a un adeguato processo di smontaggio intellettuale, può essere ricombinato e dare origine a proposte più o meno artificiose. Il punto è se un'idea del genere va incontro a un'esigenza diffusa nel paese o se invece si tratterebbe di un progetto che gli si cala addosso come una gabbia. Ho il sospetto che sia vera la seconda alternativa. Viceversa, l'estensione di un istituto che già c'è - il matrimonio - alle coppie omosessuali sarebbe soltanto l'adeguamento della legge a una realtà che è già mutata in quella direzione. Perché infatti prima viene la realtà, poi la legge: un altro motivo per cui i conservatori non dovrebbero temere i cosiddetti matrimoni gay - e in realtà quelli che li avversano in maniera tanto appassionata, lanciandosi spesso in improvvisazioni filologiche che poco c'entrano con l'argomento e che mai tirerebbero fuori per altre questioni non sono conservatori: sono reazionari.
Mi sento tirato in causa. ;)
Forse anche perché ho scritto questo? http://libertarianation.org/2012/02/27/delegalizziamo-il-matrimonio/
Io dico che la cosa non esclude l'altra: infatti si può essere per l'estensione del diritto a tutti per ora (come penso che sia giusto) e per l'abolizione in futuro di quel diritto per tutti.
Posted by: fabristol | 24/03/2012 at 00:56
Il dilemma delle minoranze: accentuazione e rivendicazione della diversita' o cercare l`integrazione e l'uguaglianza? Vedi le polemiche sulle parate del Gay Pride,dove si sottolinea la diversita. Io direi pero' che la rivendicazione di pari dignita' e diritti sia piu`importante.
Posted by: angelo ventura | 24/03/2012 at 07:35
@ fabristol: no :), in realtà non avevo letto quel pezzo. Avevo letto un commento in cui questa proposta aveva proprio una funzione elusiva.
@ angelo: le minoranze esisteranno sempre, anche se ci "integrassimo", ci sarà qualcun altro che prenderà il posto nostro e sarà "disintegrato". La concordia universale è utopistica, tanto vale sopportarsi, senza provocare danni.
Posted by: stefano | 24/03/2012 at 17:57
@fabristol: abolizione di un diritto per tutti ? Mah, se la semantica ha ancora un senso non vedo che cosa ci sia di positivo nell'abolire un diritto. Si aboliscono, e ci si batte perché vengano aboliti, i privilegi, non i diritti. Oggi il matrimonio, almeno, ma non solo, in Italia, è sì un privilegio, perché vi hanno accesso solo le persone di sesso diverso, ma quando un domani sarà universale cesserà di essere un privilegio e sarà un diritto, di cui avvalersi o non avvalersi.
Posted by: avi | 26/03/2012 at 09:39
esistono alla fine negargli il matrimonio non ha senso
Posted by: roulette online | 26/03/2012 at 16:00