Se non fosse che siamo abituati alle barzellette provenienti dal mondo islamico, potremmo sorprenderci per quella uscita dalla bocca di Ahmed Al Tayyeb, "leader spirituale dell'Islam sunnita in Egitto", ovvero "grande imam della moschea di Al Azhar", come scrive il Corriere della Sera di oggi, pubblicando un'intervista* con il medesimo. Al Tayyeb suggerisce infatti al papa di "inviare un messaggio di pace ai musulmani". Insomma è come se io ti prendo a bastonate e poi ti dico di inviarmi un messaggio di pace, perché la vittima sarei io che ti ho mazzolato e non tu che sei a terra sanguinante. Però sono certo che anche questo invito troverà dalle nostre parti orecchie disposte ad accoglierlo: basta invocare la formula magica "pace", unita magari al "dialogo", soprattutto se "costruttivo", entrambe parole che infatti Al Tayyeb pronuncia, aggiungendo: "Dobbiamo quindi approfondire la mutua comprensione ed eliminare le fonti di pregiudizio e malinteso". L'intervista consiste tutta in questa marmellata buonista, senza che l'intervistatore obietti nulla al riguardo, per esempio che il messaggio di pace dovrebbe arrivare da quelle maggioranze - casualmente musulmane - che discriminano, opprimono e uccidono le minoranze cristiane in Egitto, e non il contrario. Così come è disonesto intorbidare le acque sostenendo che la minaccia riguarda tutti, anche i musulmani, perché puzza tanto di excusatio non petita. Fortunatamente, per una volta tanto, è Luigi Ippolito, vicecaporedattore degli Esteri del Corriere, a intervenire in un trafiletto a lato per mettere i puntini sulle i: "Il Grande imam sembra prigioniero di uno schema mentale smentito dai fatti: a lui pare che la comunità arabo-musulmana sia perennemente vittima dei 'crociati' e dell'Occidente e debba ricevere in qualche modo riparazione sempre e comunque. Mentre invece Al Tayyeb dovrebbe indirizzare le sue esortazioni a quanti dalla sua parte non garantiscono ai cristiani d'Oriente sicurezza e libertà".
In ogni caso i giornali assumono posizioni sempre un po' ambigue o improntate a rispettosa prudenza quando, scrivendo di islam, esitano a chiamare le cose con il loro nome, mentre sono solitamente rapidissimi quando devono dare del "razzista" o dello "xenofobo" a chi, da noi, sottolinea i pericoli di quella cultura. Lunedì, per esempio, lo stesso Corriere della Sera ha pubblicato un'infografica per spiegare che cos'è l'università Al-Azhar. Sulla destra c'erano tre piccole fotografie, corredate da didascalia, che raffiguravano "ex studenti" dell'università. Un trionfo dell'eufemismo: i tre studenti sono Mohamed Amin Al Husayini, "mufti di Gerusalemme, leader palestinese e grande oppositore del sionismo", lo sceicco Ahmed Yassin "cofondatore di Hamas" e Hassan Al Banna, "fondatore dei Fratelli musulmani". Ora, il primo non era solo un "leader palestinese" e un "grande oppositore del sionismo", ma fu un feroce antisemita, alleato dei nazisti e convinto sostenitore dell'eliminazione fisica degli ebrei, tanto che, se non fosse stato arabo ma tedesco e se non fosse riuscito a fuggire in Egitto dove avrebbe rinvigorito l'antisemitismo islamico con il suo "esempio", in Europa sarebbe stato incriminato come criminale nazista a Norimberga. Dire del secondo che "ha fondato Hamas" e basta fa sembrare lui una specie di Baden Powell e Hamas un'organizzazione di boyscout. Allo stesso modo i "Fratelli musulmani" di Al Banna non sono una confraternita tipo i carmelitani scalzi, ma i progenitori del moderno fondamentalismo islamista che si traduce anche in quel terrorismo musulmano che ora fa strage di cristiani in Egitto e altrove. E' come se, per parlare di Adolf Hitler, scrivessero: "Noto vegetariano e animalista, sostenitore del pangermanesimo e fautore di un'Europa unita".
[* è il terzo pezzo in fondo: il sito del Corriere per ora non la riporta]
Vedi, per capire le parole e le tesi su cui si fondano, di questo come di molti altri che provengono da quel mondo che chiamare islamico è riduttivo, dovresti prima capire come funziona la mentalità che tali parole, tesi e discorsi produce. Si tratta di una mentalità forse neanche irrazionale, ma pre-razionale, a-razionale, di sicuro un modo di pensare che non è commensurabile con la ragione occidentale (che ha le sue pecche certamente, ma che è il sistema, ci piaccia o no, in base al quale ragioniamo noi occidentali quando leggiamo il giornale). Ricordo quando in Marocco a una mia amica un ospite locale prese il giubbotto per provarlo e subito dopo le chiese quanto era disposta a pagare per (ri)averlo. Non ci fu verso di fargli capire che essendo il giubbotto suo non doveva pagare niente. Non è un caso che sia la stessa mentalità di chi in Italia, entrato in un negozio dice: "Quante belle cose, di sicuro non volete rischiare che vadano a fuoco, sa com'è, di questi tempi". Una sua logica, per quanto pervertita e perversa, ce l'ha.
Posted by: avi | 08/01/2011 at 12:25