Il brutto dell'attesa è che distorce il nostro rapporto con il tempo che, in condizioni normali, è improntato a una certa indifferenza. Viviamo, facciamo delle cose e, per lo più, non badiamo troppo al suo scorrere - se siamo fortunati, altrimenti cerchiamo di non badarci. Nell'attesa il tempo subisce una sorta di compressione e la nostra immaginazione si concentra su quell'unico istante in cui si verificherà l'evento tanto atteso. Compressione tanto più forte quanto più è desiderato e atteso l'evento, compressione che in un certo senso annulla la realtà e il senso di tutti gli attimi precedenti, producendo una sorta di cancellazione del tempo, spogliato nella sua vacuità. Il tempo diventa un tubetto del dentifricio quasi vuoto che schiacciamo e premiamo per vedere spuntare fuori l'ultima quantità di pasta che vi era rimasta dentro. E, paradossalmente, questo tempo nudo lo sperimentiamo come puro scorrimento, come sgocciolamento in vista dell'Evento che, unico, acquista senso ai nostri occhi. Tutti gli altri eventi che potrebbero accadere sono privi di sostanza di fronte a quello che dovrà venire. In questo tempo che scivola via e che ci impone la consapevolezza di ogni suo attimo vuoto non c'è più nessuna esperienza perché, non appena vissuta, ce la lasciamo subito alle spalle e la archiviamo. Ma come si fa a non investire di passione un'esperienza più di un'altra e a non stabilire una sorta di gerarchia? Come si fa a impedirci di credere che l'esperienza futura, ancora inesistente e situata nel magnifico regno delle possibilità, non sia migliore di quelle passate? Come si fa, in fin dei conti, a non cedere alla speranza?
Il tempo dell'attesa?
...
Sarai mica incinto!?!
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Ma tu guarda 'sta quattordicenne sprovveduta!
:P
Posted by: Sebastian | 20/09/2010 at 12:46
Come si fa, in fin dei conti, a non cedere alla speranza? non si fa, non è possibile
Posted by: pio | 20/09/2010 at 19:18