Per non fare torto a nessuno, dato che ci sono ancora dentro, come in un mare di letame, mi terrò sulle generali, senza fare nomi e cognomi. Diciamo che un anno fa ho tradotto, per un editore medio-piccolo di una grande città dell’Italia centrale con cui non avevo mai lavorato prima, un piccolo romanzo da una importante lingua di un paese dell’Europa centrale, lavoro che ho consegnato - come è mia abitudine, da tredici anni a questa parte - con assoluta puntualità, anzi, a dire il vero, persino con un paio di settimane di anticipo. Ho una mentalità forse un po’ calvinista in questo - o forse sono solo parecchio ingenuo -, perché penso che, una volta che io ho firmato un contratto, poi quel contratto io lo debba rispettare, costi quel che costi. Per giustificare il mancato rispetto di un contratto potrei accampare solo dei motivi davvero seri, tipo che sono stato travolto da un tram. Ripeto: sono ingenuo e penso davvero, come si usa dire, che pacta sunt servanda. Questo, per me, vale anche quando si tratta di saldare dei debiti. Se c’è da pagare, pago subito. Se invece non mi posso permettere qualcosa, be’, evito di comprarla ed è morta lì.
L’editore in questione s’impegnava a pagarmi a novanta giorni dalla consegna - che è già un tempo abbastanza lungo rispetto ai sessanta soliti -, ma io ho accettato e firmato il contratto (accettando, per di più, che il mio compenso venisse decurtato del quaranta per cento nel caso in cui avessi tardato io la consegna). Il pagamento sarebbe dovuto dunque avvenire verso fine dicembre. Io ho pazientato un mese, facendo persino finta di nulla quando dalla redazione mi hanno chiesto lumi su alcuni punti oscuri della traduzione - dovuti in realtà all’ambiguità del testo di partenza - e mi sono affrettato a rispondere e a chiarire ogni dubbio. Un passaggio l’ho addirittura smontato e rimontato, con una traduzione interlineare e un’analisi dettagliata del periodo, affinché il redattore in questione non avesse più problemi d’interpretazione.
A fine gennaio, però, dopo un mese dalla scadenza del pagamento dovuto, mi sono fatto vivo con una mail, rimasta senza risposta, tanto che ho dovuto chiamarli per sollecitare una spiegazione, che mi è stata data solo qualche giorno dopo. In sostanza l’editore diceva che la somma dovutami - irrisoria, inferiore ai mille euro - sforava il loro budget. A dire il vero io pensavo che nel budget fosse compreso il pagamento dei fornitori in base a contratti già stilati e firmati: ancora una volta, sono stato ingenuo. Mi avrebbero detto il mese successivo se avrebbero potuto pagarmi (e, si badi bene, non mi dicevano che mi avrebbero pagato un mese dopo, che ancora ancora...). Mi sarei potuto accontentare se non fosse stato che un collega era già passato attraverso le stesse forche caudine e quindi io conoscevo già le loro tecniche temporeggiatrici, dato che erano le stesse che da mesi usavano anche con lui. Ero prevenuto.
In febbraio ho fatto intervenire un amico avvocato che ha scritto loro una raccomandata, rimasta senza risposta entro i termini indicati, scaduti i quali lui ha dovuto chiamarli di persona. Senza per altro ottenere né spiegazioni né indicazioni su quando sarebbe avvenuto il pagamento. Nel frattempo sono trascorsi altri due mesi e i novanta giorni sono diventati duecento, giorno più, giorno meno. Ho saputo di altri casi simili al mio, ho avuto sentore e, direi, conferma del fatto che queste tecniche non sono dovute solo a una situazione di crisi economica più generale - anche se, in effetti, il mondo dell’editoria non ha mai navigato nell’oro in Italia, ed è poco probabile che di punto in bianco il nostro paese diventi una fucina di accaniti lettori: la torta è quella che è ed è stabile da anni -, ma a una sorta di precisa volontà da parte dell’editore. Così, esasperato, ho scritto una breve mail all’ufficio diritti dell’editore del paese dell’Europa centrale esponendo brevemente la situazione. Non è stata una pugnalata alle spalle, perché la copia l’ho girata per conoscenza all’editore di cui sono creditore.
Quando qualche giorno fa ho tentato di chiamare l’amministratore unico dei questo editore - di cui sono riuscito finalmente ad avere il telefono cellulare -, la persona in questione si è rifiutata di parlarmi e, al contrario, ha minacciato me di “stare molto attento” a quello che faccio. Ho capito di averla punta nel vivo. Ho fatto intervenire di nuovo l’amico avvocato che ha, daccapo, sollecitato il pagamento di quella cifra irrisoria dovutami (per un libro che, apprendo, dovrebbe uscire a breve).
Il decreto ingiuntivo non costa poi tanto ottenerlo, e può essere dato anche immediatamente esecutivo. Basta semplicemente rivolgersi al giudice di pace competente.
In questi casi, in base alla mia esperienza, il debitore prima di correre a pagare aspetta appunto la notifica del decreto ingiuntivo.
Peraltro, con il decreto tra interessi e spese di procedura il debito lievita.
Per curiosità, qual è la città dell'editore?
Posted by: law | 11/04/2010 at 15:20
Al mio ragazzo è successa circa la stessa cosa.
Ovviamente non ha visto il becco di un quattrino.
Viva l'italia!
Posted by: larvotto | 11/04/2010 at 15:49
noi lavoriamo con i crediti assicurati proprio a causa dell'efficienza del sistema giudiziario italiano, come avevo scritto qui
http://www.buraku.org/2009/03/04/vien-a-torteli-se-te-si-bon/
Posted by: Yoshi | 11/04/2010 at 15:57
Mi consolate :)
Eh, Yoshi, ma VOI siete una società, io sono un privato, non è che posso assicurare i rari crediti che ho!
Posted by: stefano | 11/04/2010 at 16:45
è vero, portavo solo un esempio per far vedere che la faccenda è moooolto comune :)
Posted by: Yoshi | 11/04/2010 at 16:50
Più che comune, nel meraviglioso mondo dell'editoria la "faccenda" è praticamente la norma.
In ogni caso, il numero degli editori che non credono in quello che fanno - e conseguentemente non hanno alcuna considerazione di chi lavora per loro - sta aumentando in modo esponenziale.
Posted by: fuchsia | 11/04/2010 at 17:19
Per quello che sento sempre raccontare dai miei amici imprenditori la cosa è comune in tutti i settori e a tutti i livelli, comprese le grandi imprese. Spesso è un vero e proprio metodo sistematico: non ti pagano e se li minacci con un processo ti dicono: "tutti i soldi a fine processo (quindi tra anni) o la metà subito". Ci sono i decreti ingiuntivi, è vero, ma non sempre è così semplice. E comunque la cosa la dice lunga sulla moralità pubblica e privata del nostro paese...
Posted by: ale | 12/04/2010 at 19:34
che palle. mi spiace.
ps-cmq.:6 ricco no?
Posted by: mat | 13/04/2010 at 19:23
Molto. Anzi, d'ora in poi le faccio gratis, così ho risolto il problema alla radice e ho sbaragliato la concorrenza :D
Posted by: stefano | 13/04/2010 at 19:34
Ha ragione Law (commento #1).
Posted by: lector | 15/04/2010 at 08:45