Qualche giorno fa, in ufficio, c’era la televisione accesa su Skynews - mi pare - e veniva trasmesso il discorso di Berlusconi al convegno di Confindustria a Parma. Così, mio malgrado, ho sentito parte di quello che è andato cianciando e che poi è stato riportato, anche oggi, sui giornali, con il relativo seguito di polemiche. Poi una collega mi ha detto: “Ma dobbiamo proprio sentircelo tutto?” e io, figurarsi, le ho detto pure di spegnere, perché se fosse stato per me, informazione o no, il televisore manco l’avrei acceso. Però la mia mente non è un palinsesto di cera che si può cancellare a piacimento e quel che ho sentito, ahimè, l’ho sentito.
Ho assistito proprio alla parte dello show in cui Berlusconi si vantava di essere riuscito, lui da solo a rappacificare Obama e Putin, convincendo il primo a firmare non so più quale trattato e “minacciandolo” che altrimenti non l’avrebbe accolto al G8 in Italia. Arrivato il momento, poi, Obama l’avrebbe preso da parte e, da bravo scolaretto, avrebbe mostrato a Berlusconi che aveva fatto i compiti come lui gli aveva chiesto. Un momento di cabaret spassoso. Mi domando come tutti i personaggi lì in platea potessero stare ad ascoltarlo senza che gli scappasse, quanto meno, da ridere. A me è parsa un’esibizione da venditore di pentole e forse pecco io di snobismo nel non rendermi conto che agli italiani piace farsi vendere pentole e padelle da un tipo del genere.
Soprattutto, però, ho ascoltato tutta la tirata di Berlusconi contro le istituzioni che lo osteggiano, contro la corsa a ostacoli che deve fare ogni disegno di legge del governo prima di essere approvato, contro l’impotenza del governo in Italia e, infine, contro il Quirinale che controlla persino gli aggettivi dei suoi decreti e si perde in mille lungaggini. Ricordo di aver pensato, sentendo queste parole: “Be’, se a Berlusconi dà fastidio tutto questo, vuol dire che, banalmente, lo irrita la democrazia”. Già, perché che cos’è la democrazia liberale se non questo bilanciamento di interessi, questo tentativo di legiferare per il bene del paese - di tutto il paese, voglio dire, e quindi anche di quelli che non hanno votato lui -, questa ricerca dell’equilibrio che, ovviamente, richiede magari un po’ più di circospezione rispetto a quando uno deve decidere se piantare o no una begonia nel giardino di casa sua? Oltretutto mi è venuto un po’ da ridere, perché a me pare invece che il Quirinale, ultimamente, sia stato anche fin troppo accondiscendente nei confronti di Berlusconi e delle sue leggi ad personam, ma forse è solo un vizio di prospettiva, il mio.
Voglio per un momento far finta che non ci siano tutti quei problemi intorno alla figura dell’attuale presidente del consiglio. Se anche fosse la persona più limpida che esiste sulla faccia della terra e se anche davvero volessimo credere che lui ha a cuore soltanto il bene del paese, sarebbe comunque sbagliato pretendere di eliminare tutto ciò che lui, con impazienza da imprenditore, definisce ostacoli o lungaggini sulla via del “fare”. Non è detto, infatti, che quello che lui considera il bene del paese lo sia davvero. Ho la sensazione che la dimensione in cui si troverebbe più a suo agio sia quella in cui lui potesse decidere da solo, senza scarto tra la decisione e la relativa realizzazione. Una dimensione che - forse bisogna avvertirlo - si realizza solo nelle dittature e nelle autocrazie.
Ho assistito proprio alla parte dello show in cui Berlusconi si vantava di essere riuscito, lui da solo a rappacificare Obama e Putin, convincendo il primo a firmare non so più quale trattato e “minacciandolo” che altrimenti non l’avrebbe accolto al G8 in Italia. Arrivato il momento, poi, Obama l’avrebbe preso da parte e, da bravo scolaretto, avrebbe mostrato a Berlusconi che aveva fatto i compiti come lui gli aveva chiesto. Un momento di cabaret spassoso. Mi domando come tutti i personaggi lì in platea potessero stare ad ascoltarlo senza che gli scappasse, quanto meno, da ridere. A me è parsa un’esibizione da venditore di pentole e forse pecco io di snobismo nel non rendermi conto che agli italiani piace farsi vendere pentole e padelle da un tipo del genere.
Soprattutto, però, ho ascoltato tutta la tirata di Berlusconi contro le istituzioni che lo osteggiano, contro la corsa a ostacoli che deve fare ogni disegno di legge del governo prima di essere approvato, contro l’impotenza del governo in Italia e, infine, contro il Quirinale che controlla persino gli aggettivi dei suoi decreti e si perde in mille lungaggini. Ricordo di aver pensato, sentendo queste parole: “Be’, se a Berlusconi dà fastidio tutto questo, vuol dire che, banalmente, lo irrita la democrazia”. Già, perché che cos’è la democrazia liberale se non questo bilanciamento di interessi, questo tentativo di legiferare per il bene del paese - di tutto il paese, voglio dire, e quindi anche di quelli che non hanno votato lui -, questa ricerca dell’equilibrio che, ovviamente, richiede magari un po’ più di circospezione rispetto a quando uno deve decidere se piantare o no una begonia nel giardino di casa sua? Oltretutto mi è venuto un po’ da ridere, perché a me pare invece che il Quirinale, ultimamente, sia stato anche fin troppo accondiscendente nei confronti di Berlusconi e delle sue leggi ad personam, ma forse è solo un vizio di prospettiva, il mio.
Voglio per un momento far finta che non ci siano tutti quei problemi intorno alla figura dell’attuale presidente del consiglio. Se anche fosse la persona più limpida che esiste sulla faccia della terra e se anche davvero volessimo credere che lui ha a cuore soltanto il bene del paese, sarebbe comunque sbagliato pretendere di eliminare tutto ciò che lui, con impazienza da imprenditore, definisce ostacoli o lungaggini sulla via del “fare”. Non è detto, infatti, che quello che lui considera il bene del paese lo sia davvero. Ho la sensazione che la dimensione in cui si troverebbe più a suo agio sia quella in cui lui potesse decidere da solo, senza scarto tra la decisione e la relativa realizzazione. Una dimensione che - forse bisogna avvertirlo - si realizza solo nelle dittature e nelle autocrazie.
E' davvero efficace il tuo approccio "candido" al caimano.
Immagino ti sia sfuggito l'editoriale di Scalfari di ieri sullo stesso argomento (lo troverai in piena sintonia!).
Aggiungi l'intervista a sky di calderoli, senza nessun imbarazzo: accordo bossi/berlusca...il primo premier, il secondo presidente della repubblica!
Che poi la platea di confindustria si diverta col cabaret di silvio, mi fa solo un’infinita tristezza...sono gli industriali dei nostri giorni; ahimè, non mi pare d’aver visto in platea qualche epigono di Olivetti.
buona fortuna Italia,
ciao vito
Posted by: vito | 12/04/2010 at 20:16
Insomma, non ci resta che sperare che il piccolo venditore sappia spacciare le pentole, ma non i coperchi.
Posted by: aitan | 12/04/2010 at 23:00
Mi pare qualcosa di più di un "sensazione".
Posted by: demopazzia | 13/04/2010 at 18:38