Qualche giorno fa tornavo a casa dalla stazione di Porta Garibaldi dopo essere stato nella città natale. Come sempre, esco dal retro della stazione e sbuco in via Guglielmo Pepe, che costeggia il binario venti. Da una ventina d'anni fa, quando prendevo la stessa uscita per andare al Querelle in via De Castillia, tante cose sono cambiate e il quartiere è ormai stravolto. Ricordo anche quando viaggiavo in treno per venire all'università: ho visto nascere e crescere le due torri di Porta Garibaldi, delle quali una adesso è stata completamente ristrutturata, e forse presto toccherà anche all'altra, malgrado non fossero poi così vecchie (se non d'aspetto, per via di quell'ocra che si è sporcato subito). Abito in questo quartiere da otto anni, mentre prima lo conoscevo in maniera molto superficiale, in ossequio al suo nome - Isola -, che ne caratterizza in modo efficace la sua relativa chiusura al resto della città circostante, come se fosse una specie di paesotto autonomo. Dopo i recenti sventramenti, però, l'Isola non è più un'isola.
Uscendo dunque in via Pepe, l'altro giorno ho buttato un occhio alle mie spalle e la prima cosa che ho visto sono state per l'appunto le due torri di Porta Garibaldi, poi un po' più in lontanza, il molosso che stanno costruendo proprio sopra la stazione di Porta Garibaldi e sotto il quale è già stato aperto il tunnel, il cui transito è chiuso alle biciclette - anzi, per usare il linguaggio burocratico, ai velocipedi -, con lungimiranza degna di un'amministrazione che da anni promette più piste ciclabili e rispetto per i ciclisti.
Per tornare a casa imbocco sempre via Borsieri e svolto in via Confalonieri. Venerdì scorso, invece di tirare dritto come al solito, ho alzato la testa e mi sono trovato davanti il nuovo edificio della Regione, il grattacielo che si staglia in via Pirelli e che già da lì occupa tutta la visuale. Quella specie di mastodonte lo vedo anche ogni volta che apro la finestra di casa, una presenza incombente e ingombrante dietro la sede dell'Arpa. Non l'ho ancora visitato all'interno, né sono salito sulla terrazza panoramica nei giorni in cui è stato aperto al pubblico - con una smaccata mossa pre-elettorale per raccogliere i consensi dei milanesi -, ma non mi entusiasma granché e mi domando solo che fine faranno tutti gli uffici regionali disseminati tutt'intorno, da via Pola fino al Pirellone. Dubito però che se ne faranno abitazioni a canone agevolato. O c'è forse bisogno di tutto quello spazio per nutrire il moloch burocratico? Per come è ora si può solo fare un duplice pronostico: o diventerà un polo di attrazione cittadino oppure - come temo - diventerà un simbolo di tristezza e desolazione urbana, più o meno come lo sono le stazioni del passante ferroviario milanese.
In via Confalonieri, fino a un paio d'anni fa, c'erano la "stecca degli artigiani" e due giardinetti. Ora non è rimasto più nulla. La stecca è stata abbattuta una mattina: me ne sono accorto per via della gran quantità di camionette delle forze dell'ordine che presidiavano la zona. Del resto era diventata un luogo favorito di spaccio (ora trasferitosi, a quanto leggo, più in là verso piazza Archinto) e di microcriminalità. Lo stratagemma funziona: basta lasciare andare in malora una zona e poi, quando è sufficientemente degradata e in preda all'illegalità, invocare la situazione come pretesto per radere tutto quanto al suolo e riedificare da zero, favorendo possibilmente i soliti costruttori noti, quelli con le entrature e i contatti giusti. Ed è infatti quello che sta accadendo ora con la colata di cemento che ha ricoperto l'ex stecca ed entrambi i giardini adiacenti. A metà di via Confalonieri getto lo sguardo alla mia sinistra e non vedo più via Volturno: lì sta avanzando il cantiere della quinta linea della metropolitana, costruita prima della quarta, grazie alla quale tutto il mercato dell'Isola si è spostato un po' più a nord, verso piazzale Lagosta e viale Zara.
Via De Castillia è ancora più devastata di via Confalonieri e via Volturno. In fondo, verso il cavalcavia, ho visto costruire le nuove abitazioni che contrastano in modo quasi violento con il tessuto architettonico del resto della strada. Ho visto la ristrutturazione della villa liberty che ora ospita la "fondazione Catella" e, da qualche mese, ho visto radere al suolo quella che era la più vecchia discoteca gay di Milano, la Nuova Idea. Pur abitando in pianta stabile a Milano da dodici anni e pur avendola, letteralmente, appena svoltato l'angolo, non ci ero mai stato, ma continuavo a ripromettermi di andarci, una volta o l'altra, anche per soddisfare una curiosità antropologica poiché in parecchi mi avevano detto che era un locale diverso da tutti gli altri, così attitude-free da rasentare la cialtroneria. E invece un giorno sono uscito di casa e ho visto un mucchietto di macerie: era il 12 dicembre dell'anno scorso. Per un po' è rimasto in piedi il muro perimetrale, ora non c'è più nemmeno quello.
In largo de Benedetti, invece, da quando hanno cominciato a costruire la sede della Regione e hanno ridotto viale Restelli a una stradina a due corsie che hanno fagocitato il parcheggio dove si piazzavano a lavorare le trans e dove i clienti facevano le gimcane in auto, regna un senso di provvisorietà dovuto alle taniche di plastica rossa e bianca che, riempite d'acqua per non farle spostare, delimitano il corpo centrale della piazza e il bordo dei marciapiedi. Ogni volta che rientro passando per questo slargo, guardo l'accozzaglia di edifici, cartelloni pubblicitari e prati spelacchiati, e mi domando quando sarà il turno della bellezza, finalmente, e quando gli occhi potranno riposare senza essere aggrediti da queste brutture. Del vecchio, che portava in sé qualcosa di consolante, non resta (quasi) più traccia, ma intanto non si vede ancora il nuovo - o, per meglio dire, ciò che se ne intravede non lascia per ora presagire nulla di buono...
(Nella foto in alto, che ho scattato qualche anno fa, l'imbocco di via De Castillia da largo de Benedetti: in fondo le due torri di Porta Garibaldi ancora non restaurate e, sulla sinistra, l'edificio che ospitava la Nuova Idea)