Ogni pretesto è buono per tornare a Londra, naturalmente, ma stavolta non ci sarei andato all’inizio di febbraio, se non fosse stato per un’occasione particolare. Rupert Smith mi aveva annunciato che giovedì 11 avrebbe presentato, al Southbank Centre, il suo nuovissimo romanzo Man’s World. Ci conosciamo da un bel po’ di anni, ormai, e ci vediamo ogni volta che torno a Londra, ho letto i suoi libri ed ero particolarmente curioso di leggere questo dopo che, nella nostra fitta corrispondenza, me ne aveva accennato per sommi capi l’idea centrale.
Man's World si svolge in due epoche diverse, che si alternano di capitolo in capitolo, ma in entrambi i casi i protagonisti sono gay. La prima epoca sono gli anni cinquanta, quando in Gran Bretagna essere omosessuali significava ancora violare la legge e rischiare non soltanto l'isolamento sociale ma il manicomio o trattamenti ormonali "sperimentali", come dimostra il caso Turing; la seconda, invece, sono i giorni nostri, in cui, oltre a diritti civili ormai dati per scontati, i gay britannici godono di una libertà di azione mai conosciuta prima che, molto spesso, si traduce semplicemente in: discoteche, capi firmati, sesso, droga, molta apparenza e poca sostanza. La Londra del passato, quindi, si rispecchia nella Londra di oggi. Nella prima si svolgono le vicende di Michael, giovane aviatore timoroso che scopre la propria omosessualità ma ne è così spaventato da tenerla nascosta, del suo amico supereffeminato Stephen che è invece una dichiarazione ambulante e, quindi, più esposto al dileggio pubblico, e del muscoloso Mervyn, di cui Michael si innamora perdutamente sin da quando lo incontra durante il servizio militare nella Raf. Nella Londra di oggi, invece, si muovono Robert e il suo amico del cuore Jonathan, tra feste, locali gay e una serie di personaggi da sottobosco. E quando Robert trasloca in un nuovo appartamento, le due epoche si incontrano: il vicino del piano di sotto è proprio Michael, a cui è appena morto il partner con cui viveva da moltissimi anni. E le loro storie le apprendiamo direttamente dalla loro voce: Michael registra quello che gli capita su un diario che custodisce gelosamente per anni, mentre Robert racconta - almeno fino a un certo punto - le sue avventure su un blog.
La serata al Southbank Centre, che si è tenuta nell'affollata ma raccolta Blue Room sotterranea, è cominciata con una conversazione introduttiva tra Rupert Smith e Tim Teeman, redattore culturale del Times. Qui ha spiegato come è nato il romanzo: nel 2007 si è celebrato il quarantennale del "Sexual Offences Act 1967" con cui è stata parzialmente depenalizzato il reato di omosessualità. In quell'occasione il Gay Times aveva avuto l'idea di una specie di "tavola rotonda" tra gay della vecchia guardia che aveva vissuto sulla propria pelle quei tempi e di gay dell'ultima generazione. Smith ha constatato, esterrefatto, che questi ultimi non sapevano nulla di quello che era successo nel 1967, di come vivevano in passato i gay prima di allora e di quanto coraggio era necessario per essere sé stessi senza nascondersi (o, almeno, senza nascondersi troppo). Con il suo cinquantesimo compleanno imminente, quindi, Rupert Smith ha avvertito di essere nella posizione adatta per svolgere una funzione di "cerniera" tra le due generazioni, come se ancora avesse un piede sia nell'una che nell'altra. Perché, quindi, non immaginare una storia in cui le loro esperienze si incrociassero e si confrontassero e scrivere un romanzo che, "indorando la pillola" con la tecnica dell'intrattenimento letterario di qualità, spingesse i giovani lettori a conoscere questa parte di storia gay e, magari, a essere grati a chi, prima di loro, ha permesso di essere oggi tanto liberi? E così è nato Man's World, che serve quindi anche ad avvicinare generazioni diverse di gay in un'operazione di conservazione e trasmissione della memoria. Insomma, per ripetere quello che dice Stephen al giovane - e un po' troppo incurante - Jonathan: "Voi pensate solo che siamo dei vecchi bastardi che si sono persi la festa. Be', lasciate che vi informi che senza di noi la festa non ci sarebbe nemmeno stata. Voi con le vostre droghe, i vostri locali, i capelli che sembrano mucchi di fieno e i pantaloni che vi penzolano fino al buco del culo, pensate di averla inventata voi, eh? Ma non è così. L'avete comprata e basta. Vi hanno servito tutto su un vassoio e non vi siete mai fermati a chiedervi chi ce l'avesse messa lì. Sembra che la vostra generazione abbia perso la capacità di amare, di preoccuparsi o di battersi per cambiare le cose, o di fare altro che non fosse scoparvi a vicenda e fare shopping."
Per scrivere di come si viveva l'omosessualità nel Regno Unito negli anni Cinquanta è servito fare molte ricerche, scavare negli archivi - tra cui quello, molto ricco, di documenti privati conservati negli archivi della London School of Economics e accessibili a chiunque ne sia interessato - e intervistare chi è sopravvissuto da quell'epoca. E in questo lavoro di ricerca Rupert Smith si è lanciato con passione, recuperando tra l'altro lettere, fotografie e souvenir personali (e ha commentato, ironicamente, che dopo la morte delle persone interessate i parenti hanno spesso voluto cancellare le tracce di un passato "scomodo", ma che, una volta scoperto che qualcuno era interessato a quei documenti giudicati inutili e imbarazzanti, all'improvviso diventavano preziosi e finivano su Ebay). In questa maniera, tutto un mondo è stato sottratto all'oblio e trasformato in narrazione.
Il titolo del romanzo fa riferimento a una delle numerose riviste - Man's World, per l'appunto - che negli anni Cinquanta e Sessanta pubblicavano fotografie di uomini muscolosi, in pose plastiche e grecizzanti, e che si rivolgevano ai lettori gay, certamente non in modo aperto. Alcune di queste riviste erano perfettamente "legali" - Health & Strength, per esempio, destinata soprattutto a chi si interessava di culturismo -, mentre altre si muovevano sul labile confine tra legalità e illegalità, anche perché le ultime pagine contenevano inserzioni pubblicitarie di fotografi disposti a vendere a compratori discreti e affidabili foto ben più esplicite dei modelli ritratti nel resto della rivista. E' anche in questo mondo che, una volta espulsi dalla Raf, Stephen, Michael e Mervyn si muovono, sempre in bilico e sempre con il rischio di essere ricattati o, come accade, arrestati. E dopo la lettura di alcune pagine dal romanzo, Rupert Smith ha intrattenuto il pubblico del Southbank Centre mostrando una serie di immagini tratte proprio da queste riviste semiclandestine e ci ha deliziati con numerosi aneddoti, fornendo un sacco di informazioni di background utili a inquadrare meglio l'epoca e lo spirito di metà del romanzo.
Per venderlo, di un romanzo si usa spesso dire, in inglese, che è "unputdownable" e "a pageturner", ovvero che è impossibile da mettere giù una volta iniziato perché si divora pagina dopo pagina. Per quanto riguarda Man's World dirlo non sarebbe neanche una trovata pubblicitaria, ma una verità: questo è davvero un libro che, una volta aperto, è difficile da mettere da parte. Ho cominciato a leggerlo in aereo al ritorno da Londra e ho terminato stanotte spegnendo la luce alle due. Unisce due qualità che io trovo fondamentali: la capacità di raccontare cose importanti (e far passare quello che, con un termine antiquato e sgradevole, si chiamerebbe "messaggio") e di farlo con tono all'apparenza leggero e persino divertente. Come se non bastasse, la storia c'è, la trama è fortemente presente, come nella migliore tradizione narrativa anglosassone, tutta fatti e poche elucubrazioni. I personaggi escono a tutto tondo da queste pagine e appassionano con la loro umanità, con le loro storie fanno ridere, fanno pensare e, a tratti, commuovono. Credo che piacerà a chi ama l'Inghilterra e a chi vuole leggere una bella storia - che, tra l'altro, parla anche di noi gay, di quello che eravamo, di che cosa siamo diventati e rischiamo di diventare se dimentichiamo il nostro passato. Alla fine, resta il desiderio di saperne di più, ma - come dice Stephen quando Robert gli chiede come ha vissuto il resto della sua vita - "questa è un'altra storia per un altro giorno". Chissà che a Rupert Smith non venga voglia di scrivere anche questa.