Ci si potrà chiedere se Chiara Lalli, con il suo ultimo libro Buoni genitori. Storie di mamme e di papà gay, non finisca per "predicare ai convertiti", perché chi dovrebbe leggerlo magari non lo leggerà, perseverando nei propri pregiudizi e nell'ostilità verso qualsiasi discorso un po' più liberale sull'omogenitorialità. Un libro inutile, dunque? No, non lo credo affatto, perché quello dei genitori gay è un argomento che si scontra con un'opposizione più diffusa e frammentata rispetto al pregiudizio anti-gay in genere. Come sottolinea anche l'autrice, infatti, sembra che per primi molti omosessuali - i quali pure, a livello conscio, sono bene integrati e hanno superato l'odio di sé che un'educazione o un ambiente eteronormativi hanno loro inculcato - continuano a considerare l'omosessualità in sé come una caratteristica che li renderebbe meno adatti a essere genitori, quando tutt'al più dovrebbe essere una condizione indifferente. Io stesso - tanto per non andare a cercare esempi troppo lontani - mi sono ritrovato, inconsapevolmente e in maniera quasi automatica, a pensare: "Ma questo non sarà un po' troppo?" mentre leggevo certe testimonianze contenute nel libro, dimenticando che l'unico metro da usare è quello del benessere dei bambini.
Il saggio di Chiara Lalli è costruito su due livelli che s'integrano a vicenda. Al primo livello Lalli cede la parola a genitori, gay e lesbiche, che spesso sfidando la diffidenza della società hanno deciso di diventare genitori e lo hanno fatto in diversi modi. Qualcuno ha fatto ricorso alle "madri surrogate": è la cosiddetta surrogacy, che però è vietata in Italia, e infatti nella coppia gay che racconta di questa esperienza uno dei due partner è canadese. Altri hanno usato la fecondazione eterologa, anch'essa vietata in Italia dalla famigerata legge 40, e sono andati in paesi dove invece è consentita, come la Spagna (è questo il caso di una coppia lesbica incontrata dall'autrice). In altri casi ancora si parla di famiglie ricomposte, dove il figlio nato da un matrimonio precedente cresce con la madre e con la sua nuova compagna, o di coparenting, dove i figli - fortemente voluti - finiscono per avere come padri e madri una coppia gay e una coppia lesbica. Questi racconti brulicano di vita concreta, al di là delle astrazioni cervellotiche e delle proiezioni paranoiche di chi è contrario a priori all'omogenitorialità, e mostrano come uomini e donne omosessuali sanno essere buoni - o cattivi - genitori esattamente come tutti gli altri: "Tutte le ricerche - scrive Lalli, citando le fonti precise della letteratura sull'argomento - escludono una incapacità genitoriale di qualche tipo connessa all'orientamento sessuale". Alla stessa stregua i figli crescono né più né meno bene dei figli cresciuti in famiglie eterosessuali cosiddette "normali": "I bambini cresciuti in simili famiglie sono come tutti gli altri: ciò che deve essere scardinato è il pensiero che un gay sia intrinsecamente un pessimo genitore. Senza che tale pensiero sia sostituito da un'altra ingenuità: cioè che un gay sia il genitore perfetto". Inoltre, è anche molto interessante leggere in queste testimonianze delle reazioni avuti dal resto del parentado o dalla società immediatamente circostante: spesso i diretti interessati hanno avuto piacevoli sorprese. Chi si pensava avrebbe avuto un atteggiamento di rifiuto si è rivelato entusiasta - per esempio il padre molto conservatore (ed ex-repubblichino) di uno dei "protagonisti" - e molto spesso amici, colleghi, medici e insegnanti hanno sostenuto e sostengono queste nuove famiglie. Qui osserva giustamente Chiara Lalli che, in qualche caso, ciò avviene quasi in virtù di un'eccezione, con un discorso del tipo: "Tutti i gay no, ma a voi sì, perché siete voi e vi conosciamo e siete brave persone". Un libro come questo dovrebbe quindi servire ad allargare questa conoscenza e a bonificare il terreno del pregiudizio.
Al secondo livello, Chiara Lalli inserisce dei capitoli più teorici che chiariscono di volta in volta gli argomenti affrontati nei capitoli precedenti dedicati alle testimonianze dirette dei protagonisti. L'autrice affronta quindi temi come la legge 40 e le sue conseguenze pratiche o il dibattito sul significato del concetto di natura e sul suo uso distorto e ideologizzante ("La premessa, non sempre esplicitata e mai argomentata, è: ciò che è naturale sarebbe moralmente ineccepibile, mentre ciò che è innaturale sarebbe immorale"). E, soprattutto, invoca una regolamentazione legale di queste nuove famiglie perché, come risulta praticamente da tutti i racconti, i primi a subire le conseguenze negative del vuoto legislativo che regna in Italia sono i bambini. Infatti, se in una coppia lesbica morisse la madre genetica, l'altra madre non avrebbe più nessun diritto su un eventuale figlio, proprio perché questo non è il figlio genetico, e con un colpo di spugna verrebbero cancellati anni di accudimento e di affetto ormai consolidato. Questa posizione, oltre che stupidamente materialista ("Pensare di ridurre la relazione tra un genitore e un figlio alla condivisione del patrimonio genetico è davvero meschino e claustrofobico. E sarebbe una ragione per condannare l'adozione tout court, non solo quella omosessuale"), è anche crudele e paradossale dato che oltretutto "la maggior parte dei detrattori si arrogano il diritto di parlare in loro difesa [dei bambini]". Infine si tratta semplicemente di riconoscere una realtà che già esiste e alla quale trasferire dei diritti mancanti. Senza contare, poi, che "la pluralità dei modelli (familiari) non è un attacco a un modello: ognuno sceglierà quello che preferisce, senza che la sua scelta implichi discredito per gli altri".
Come il precedente Dilemmi della bioetica, anche questo Buoni genitori si contraddistingue per un piglio molto illuminista. Chiara Lalli smonta con la forza dei suoi ragionamenti e del suo argomentare pregiudizi privi di fondamento. E leggendo queste pagine si ha la netta sensazione di assistere al lavorio, lento ma implacabile, di un'intelligenza molto lucida che, a poco a poco, demolisce la montagna di menzogne che circola su questo tema. Nel compiere questa operazione meritoria, però, Lalli non adotta mai un tono professorale: la scrittura è sempre cristallina ed esprime la fiducia che anche chi è pregiudizialmente ostile all'argomento affrontato dovrà mutare opinione una volta confrontato con la realtà dei fatti. Da questo punto di vista, con il suo ottimismo di fondo, Buoni genitori è un libro che fa bene a dei pessimisti inguaribili come me. E, come se non bastasse, Buoni genitori è anche un libro che si fa leggere con piacere: che altro desiderare?