Succede ogni tanto di imbattersi in qualche film inatteso, di cui nulla si sapeva prima, ma che si rivela una bella sorpresa. E' accaduto, stavolta, con Amore e altri crimini, l'opera prima del serbo Stefan Arsenijevic che io e lui abbiamo visto ieri sera al cinema. A invogliarmi ad andare a vederlo è stata la recensione di Tullio Kezich, apparsa sul Corriere della Sera venerdì scorso: è già la seconda volta che una recensione di Kezich mi fa questo effetto. La prima, purtroppo, ho continuato a rimandare finché il film è uscito dalle sale.
Amore e altri crimini è ambientato in una Belgrado di periferia, grigia e piena di palazzoni di cemento, in cui la vita sembra essersi sospesa. Il film segue le vicende di una serie di personaggi durante un'unica giornata, dalla mattina fino alla notte. Protagonisti assoluti sono Anica (Anica Dobra) e Stanislav (Vuk Kostic): la prima è una donna che, insoddisfatta della sua vita e della relazione con il maturo criminale Milutin (Fedja Stojanovic), si prepara a partire quella sera stessa, dopo aver svaligiato la cassaforte del solarium gestito dall'amante; il secondo è un ragazzo poco più che ventenne che lavora per Milutin e che, dopo tanti anni di silenziosa adorazione, decide proprio in quella giornata di dichiarare il suo amore ad Anica, proponendole di partire insieme con lei. Attorno a loro ruota tutto un campionario di varia umanità, rappresentato spesso con poche pennellate ma comunque sempre in modo incisivo: la figlia quattordicenne di Milutin, prigioniera del proprio silenzio e perennemente sull'orlo del suicidio; la nonna di Anica, una vecchietta dallo sguardo candido e ormai persa nel suo mondo; gli amici di Stanislav, come il gestore del pornoshop abbandonato dalla moglie fuggita negli Usa; la madre di Stanislav, una vecchia cantante male in arnese che ricorda i bei tempi al Bobino di Parigi e che si è rassegnata a cantare in un ristorante ammuffito (e anche questo solo perché il figlio paga sottobanco il proprietario). Ognuno di loro aggiunge un tassello al ritratto di questa Belgrado immobile in cui sembra sempre che qualcosa debba accadere, senza che però nulla cambi veramente. Forse perché le bizzarrie fanno ormai parte del paesaggio quotidiano.
Tutto pare sotto tono, a partire dalla diade del titolo. Gli amori a cui si riferisce sono tutti o finiti - ma non per questo non dimenticati - o impossibili, o lì lì per realizzarsi. Tuttavia non c'è tragedia nel modo in cui vengono raccontati. Al contrario prevale un curioso tono d'impassibilità sposato a uno humour asciutto e in questo miscuglio si coglie l'elemento caratterizzante di una certa rassegnata fatalità. Le cose stanno come stanno ma non per questo è il caso di disperarsi. Anche i crimini hanno un carattere di tranquillizzante quotidianità. Milutin e i suoi "collaboratori" - tra cui, per l'appunto, Stanislav - si occupano di riscuotere il pizzo dai baracchini dei venditori della zona di loro competenza. In questo, però, non c'è né dannazione né ferocia ma, al contrario, i rapporti tra i personaggi sembrano persino amicali. Quando Stanislav, per esempio, va a riscuotere la quota dalla giovane macellaia si ha piuttosto la sensazione di assistere alla chiacchierata tra due amici, rassegnati a fare quel che devono fare perché entrambi sanno che in qualche modo devono sfangarsela. Persino quando le bande criminali che si sono spartite le zone del quartiere periferico danno fuoco ai chioschi della banda avversaria o avvelenano i cani sembra che lo facciano senza particolare animosità. Dopo tutto, anche tutto questo sta per finire, visto che il giorno dopo aprirà un nuovo, enorme, centro commerciale, spazzando via tutto ciò che è vecchio e superato.
Il vero miracolo del film di Arsenijevic è però la performance degli attori. Purtroppo il film non è arrivato sugli schermi in lingua originale, ma anche doppiato si avverte l'intensità della loro recitazione. Tutti recitano, in un certo senso, per sottrazione. I dialoghi sono molto parchi e misurati e gran parte dell'effetto dipende dall'espressione dei loro volti e dal modo in cui occupano lo spazio con il corpo. E questo vale non soltanto per i due protagonisti - soprattutto per Anica, che oltre a essere strepitosa è bellissima, con i suoi occhi azzurro ghiaccio, i capelli biondi, la sua aria svagata e un abbigliamento che la fanno assomigliare a una qualche attrice uscita direttamente dalla cinematografia francese degli anni sessanta -, ma anche per i personaggi minori: la nonna di Anica (Semka Sokolovic-Bertok), giusto per fare un esempio tra i tanti, ha uno sguardo puro e luminoso. Pronuncia quattro battute in croce, ma è grandiosa e tocca il cuore dello spettatore.
Amore e altri crimini è ambientato in una Belgrado di periferia, grigia e piena di palazzoni di cemento, in cui la vita sembra essersi sospesa. Il film segue le vicende di una serie di personaggi durante un'unica giornata, dalla mattina fino alla notte. Protagonisti assoluti sono Anica (Anica Dobra) e Stanislav (Vuk Kostic): la prima è una donna che, insoddisfatta della sua vita e della relazione con il maturo criminale Milutin (Fedja Stojanovic), si prepara a partire quella sera stessa, dopo aver svaligiato la cassaforte del solarium gestito dall'amante; il secondo è un ragazzo poco più che ventenne che lavora per Milutin e che, dopo tanti anni di silenziosa adorazione, decide proprio in quella giornata di dichiarare il suo amore ad Anica, proponendole di partire insieme con lei. Attorno a loro ruota tutto un campionario di varia umanità, rappresentato spesso con poche pennellate ma comunque sempre in modo incisivo: la figlia quattordicenne di Milutin, prigioniera del proprio silenzio e perennemente sull'orlo del suicidio; la nonna di Anica, una vecchietta dallo sguardo candido e ormai persa nel suo mondo; gli amici di Stanislav, come il gestore del pornoshop abbandonato dalla moglie fuggita negli Usa; la madre di Stanislav, una vecchia cantante male in arnese che ricorda i bei tempi al Bobino di Parigi e che si è rassegnata a cantare in un ristorante ammuffito (e anche questo solo perché il figlio paga sottobanco il proprietario). Ognuno di loro aggiunge un tassello al ritratto di questa Belgrado immobile in cui sembra sempre che qualcosa debba accadere, senza che però nulla cambi veramente. Forse perché le bizzarrie fanno ormai parte del paesaggio quotidiano.
Tutto pare sotto tono, a partire dalla diade del titolo. Gli amori a cui si riferisce sono tutti o finiti - ma non per questo non dimenticati - o impossibili, o lì lì per realizzarsi. Tuttavia non c'è tragedia nel modo in cui vengono raccontati. Al contrario prevale un curioso tono d'impassibilità sposato a uno humour asciutto e in questo miscuglio si coglie l'elemento caratterizzante di una certa rassegnata fatalità. Le cose stanno come stanno ma non per questo è il caso di disperarsi. Anche i crimini hanno un carattere di tranquillizzante quotidianità. Milutin e i suoi "collaboratori" - tra cui, per l'appunto, Stanislav - si occupano di riscuotere il pizzo dai baracchini dei venditori della zona di loro competenza. In questo, però, non c'è né dannazione né ferocia ma, al contrario, i rapporti tra i personaggi sembrano persino amicali. Quando Stanislav, per esempio, va a riscuotere la quota dalla giovane macellaia si ha piuttosto la sensazione di assistere alla chiacchierata tra due amici, rassegnati a fare quel che devono fare perché entrambi sanno che in qualche modo devono sfangarsela. Persino quando le bande criminali che si sono spartite le zone del quartiere periferico danno fuoco ai chioschi della banda avversaria o avvelenano i cani sembra che lo facciano senza particolare animosità. Dopo tutto, anche tutto questo sta per finire, visto che il giorno dopo aprirà un nuovo, enorme, centro commerciale, spazzando via tutto ciò che è vecchio e superato.
Il vero miracolo del film di Arsenijevic è però la performance degli attori. Purtroppo il film non è arrivato sugli schermi in lingua originale, ma anche doppiato si avverte l'intensità della loro recitazione. Tutti recitano, in un certo senso, per sottrazione. I dialoghi sono molto parchi e misurati e gran parte dell'effetto dipende dall'espressione dei loro volti e dal modo in cui occupano lo spazio con il corpo. E questo vale non soltanto per i due protagonisti - soprattutto per Anica, che oltre a essere strepitosa è bellissima, con i suoi occhi azzurro ghiaccio, i capelli biondi, la sua aria svagata e un abbigliamento che la fanno assomigliare a una qualche attrice uscita direttamente dalla cinematografia francese degli anni sessanta -, ma anche per i personaggi minori: la nonna di Anica (Semka Sokolovic-Bertok), giusto per fare un esempio tra i tanti, ha uno sguardo puro e luminoso. Pronuncia quattro battute in croce, ma è grandiosa e tocca il cuore dello spettatore.
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