I gay non sanno amare e tra due uomini non può esserci vero amore: quante volte ho sentito questa calunnia, a dispetto di tutte le evidenze contrarie. Certo è, però, che noi abbiamo qualche difficoltà in più, sia dal punto di vista oggettivo - la società esterna che, malgrado i progressi compiuti negli ultimi trent'anni, è ancora ben lontana dall'essere "gay friendly" -, sia dal punto di vista soggettivo, ovvero per via degli adattamenti psicologici di molti gay alla realtà e alla propria storia.
Innamorarsi, nella maggior parte dei casi, non è poi tanto difficile. Quello che è più arduo è restare innamorati. A questo argomento - e alle sue varie implicazioni psicologiche - lo psicoanalista statunitense Richard A. Isay dedica un saggio intitolato Commitment and Healing (Impegno e guarigione), a cui dà il significativo sottitolo "Gay men and the Need for Romantic Love" (Gli uomini gay e il bisogno dell'amore romantico). Avverto che non riuscirò a parlare con molta obiettività né di questo libro né delle cose che Isay dice, perché mi ha scosso parecchio. Si tratta di un volume smilzo - poco più di centotrenta pagine - che però ha avuto la capacità di riportare a galla certi miei timori sepolti (e spesso volutamente sepolti da me) e costringermi in qualche modo a guardarmi allo specchio. In certe "diagnosi" stilate da Isay, insomma, io mi ci riconosco - e questo ritrovarmi nelle sue parole non mi esalta. Anzi.
La tesi centrale del saggio di Isay, ripetuta a più riprese, è che l'affetto costante di un altro uomo, all'interno di una relazione stabile e duratura, è particolarmente importante per i gay ed è forse anzi l'unica possibilità di realizzare il proprio potenziale d'amore (l'ultimo capitolo s'intitola persino "il potere terapeutico dell'amore"). Perché, allora, capita così di frequente che i rapporti tra due uomini si logorino tanto in fretta o che a un'iniziale passione seguano, tanto rapidamente, l'allontanarsi e la freddezza reciproche? In base alla sua lunga pratica di psicoterapeuta che l'ha messo in contatto per anni con molti pazienti gay e in base ai loro racconti e alle loro storie, riportate per sommi capi anche in questo libro, Isay ha visto che il bisogno d'amore è radicato anche negli uomini gay, ma in molti c'è un rapporto tormentato con l'affetto genitoriale. E l'amore si apprende sin dai primi anni: se un bambino si è sentito in qualche modo "rifiutato" da uno o da entrambi i genitori - magari proprio perché costoro avvertivano che lui era diverso dai fratelli -, è probabile che interpreterà questa non-risposta al suo bisogno d'amore come un segno della sua indegnità di essere amato e resterà colpito nella sua autostima. A questo si aggiunge poi il disprezzo, più o meno esplicito, dei suoi coetanei durante l'adolescenza che spesso lo costringe al silenzio sui suoi desideri affettivi e sulle sue vere inclinazioni. Per questo, a poco a poco, molti gay sviluppano una forma più o meno accentuata di disamore verso se stessi. Ed è vero - quasi un luogo comune - che chi non ama sé stesso non sarà amato dagli altri. Chi infatti non prova amore per sé stesso è destinato a credere che, prima o poi, l'amore di un altro si trasformerà in rifiuto (magari quello stesso rifiuto, reale o percepito, subito dai genitori). E il rifiuto viene interpretato come qualcosa di "meritato".
Da adulto resta tuttavia il bisogno di amore, che però si combina anche con la paura dell'intimità. Innamorarsi e restare innamorato di qualcuno significa implicitamente ammettere che si ha bisogno di quella persona e del reciproco affetto per stare bene; significa dire che il rapporto amoroso è qualcosa che migliora la qualità della propria esistenza. Significa anche ammettere la propria dipendenza da qualcun altro - ed è solitamente qui che cominciano i problemi. I gay, che sono gay ma sono pur sempre uomini, sono stati educati da uomini e nella cultura machista solitamente l'uomo deve essere autonomo, non deve mai confessare di avere bisogno di qualcun altro: questo fatto ne diminuisce il valore ai suoi stessi occhi e la dipendenza da un altro lo rende ansioso, lo fa sentire quasi accerchiato, come se la sua libertà fosse minacciata. Se l'individuo non riesce a reggere o a superare psicologicamente questa tensione, è probabile che romperà il legame - ricorrendo a diversi pretesti -, piuttosto che cercare di rinsaldarlo, per riconquistare la sua "libertà" e ricominciare tutto da capo. Due uomini che decidano di stare insieme a lungo e nutrire così un rapporto amoroso devono fare i conti anche con questa difficoltà. Occorre impegno, occorre determinazione, occorre coraggio e volontà: non basta solo l'istinto.
Molti degli uomini che hanno cercato l'aiuto terapeutico di Isay lo hanno fatto in un momento della vita in cui le altre strategie per sopperire al loro bisogno di amore e di intimità hanno cominciato a rivelarsi insufficienti o illusorie. Generalmente questo momento dell'esistenza coincide con la fine della giovinezza propriamente intesa e con l'arrivo della piena maturità, tra i trenta e i quarant'anni, quando la vita non è più solo festa spensierata ma all'orizzonte si profilano anche il declino, la malattia e il tempo che sfugge. Allora avvertono che non basta più una astratta libertà che finisce per coincidere con la solitudine. E nemmeno servono più a molto gli altri mezzi con cui è stato soddisfatto - o sostituito - il bisogno di affetto: l'immergersi nel proprio lavoro o nella carriera, gli amici, la creazione di un ambiente piacevole in cui abitare, le avventure sessuali senza impegno volte a confermare agli occhi di chi le vive la propria desiderabilità e puntellare un'autostima traballante.
Inutile specificare che Richard A. Isay è uno strenuo sostenitore dell'estensione dell'istituto matrimoniale anche alle coppie dello stesso sesso: non è solo una misura di giustizia e di uguaglianza, ma è anche uno strumento terapeutico, oltre che un risarcimento della società nei confronti di una minoranza bistrattata. "I gay e le lesbiche dovrebbero avere le stesse protezioni legali, finanziarie e sociali degli eterosessuali per le loro relazioni stabili. Non soltanto dovrebbero avere il permesso di sposarsi, ma dovrebbero anche venire incoraggiati a farlo. Il matrimonio dà a due persone che ambiscono a stare insieme la sensazione che la loro relazione ha un significato speciale, straordinario. E' una struttura famigliare in cui possono vivere ed esprimere amore e rispetto reciproci e fare quegli aggiustamenti e quei compromessi quotidiani necessari a tutte le relazioni intime. La mancanza di questa struttura, degli incentivi e dell'appoggio sociale alle relazioni stabili contribuisce a far pensare a molte coppie gay che le loro relazioni siano di second'ordine. Di conseguenza si sforzano in misura minore di alimentare queste relazioni". Per i giovani, inoltre, sarebbe utile promuovere soprattutto queste relazioni stabili, diversamente da quanto è avvenuto soprattutto in passato (e, in parte, anche ora, in ambito più commerciale), quando l'accento era soprattutto sul sesso: "Ci sono ragioni pratiche per quest'enfasi sul sesso piuttosto che sull'amore: è più facile, per un giovane adulto in conflitto sul proprio orientamento sessuale, apprezzare il piacere del desiderio sessuale che riconoscere ed esprimere il suo bisogno di amare ed essere amato. Il sesso è più facile da nascondere alla famiglia e agli amici e, per i media gay, è più facile da vendere. La priorità attribuita all'espressione sessuale rispetto all'amore, in un tentativo malaccorto di aiutare i giovani adulti ad accettarsi, ha contribuito alle difficoltà di alcuni uomini gay nell'includere il sesso nelle loro relazioni amorose".