Vergangenheitsbewaeltigung è un termine tedeschissimo con cui in Germania ci si riferisce al processo di elaborazione e, quasi, di digestione del difficile passato nazista. Capire il perché e il percome Hitler arrivò al potere, le conseguenze che ebbe sul paese, l'accettazione spesso supina, ma molto più spesso entusiastica, del popolo tedesco, e raccontare destini collettivi e individuali è l'oggetto, oltre che di molti saggi, anche di gran parte della letteratura tedesca postbellica. Qualche volta, però, accade che all'argomento vi si dedichino anche scrittori non tedeschi. E' il caso del romanzo breve - o racconto lungo - Matthias Berg dell'autrice svizzera (francese) Yvette Z'Graggen.
In Matthias Berg il passato e il presente s'intrecciano: il primo continua a gettare le sue ombre sul secondo, che non vi ha ancora fatto i conti. Yvette Z'Graggen sceglie di raccontare un destino individuale, quello della ventiquattrenne Marie, ginevrina d'origine tedesca, che nel 1994 decide di andare a Berlino in cerca di un certo Matthias Berg. Questa è la linea narrativa del presente, in cui si inseriscono numerosi flashback dal passato.
Matthias Berg è il nonno materno della protagonista, che da parecchi anni ha fatto perdere le sue tracce trasferendosi da Francoforte a Stoccarda e da qui, dopo la caduta del muro, a Berlino. Durante la Seconda Guerra Mondiale fu mandato in Russia a combattere e, alla fine della guerra, la moglie Beate pensava che non sarebbe più tornato. In una Francoforte in macerie, lei e la figlia Eva cercavano di sopravvivere nel miglior modo possibile. Il ritorno improvviso di Matthias, smagrito e silenzioso, fu uno choc per entrambe. Eva, incapace di accettare quell'uomo come padre, sarebbe fuggita a Ginevra non appena raggiunta la maggiore età e lì si sarebbe sposata con il professore di storia svizzero Bertrand, dando alla luce Marie.
Mentre Marie è in una piazzetta di Berlino, non lontano dal Kurfuerstendamm, e tiene d'occhio quell'uomo anziano che, seduto su una panchina, dà da mangiare ai passeri, nella sua testa riecheggiano le voci di Eva e Bertrand che le raccontano il loro passato. Solo nel tardo pomeriggio la ragazza trova il coraggio di affrontare Matthias e presentarsi. Lui, che l'ha riconosciuta per la somiglianza con Beate, la invita per il giorno dopo a casa sua: c'è tanto di cui parlare.
Ma quest'incontro non avrà mai luogo perché durante la notte Matthias muore e sarà la sua governante, Lena, a ricevere la ragazza il giorno dopo e a continuare la ricostruzione di un passato che la nonna e la madre di Marie non sono riuscite a integrare nella loro esistenza tanto da spingerle al suicidio. Eppure Marie sa che, malgrado tutto, è difficile vivificare la memoria, la quale tende a sbiadirsi e a perdere di vigore con il passare delle generazioni. Lei è sfuggita al destino della madre e della nonna perché ha affrontato di petto i ricordi che le altre avevano tentato di rimuovere, ma: "Presto, tra una ventina d'anni al massimo, non ci sarà più nessuno a ricordare. Quello che è accaduto lo si conoscerà attraverso racconti sempre più edulcorati, dai quali a poco a poco il dolore si sarà ritirato. Per i miei figli questo passato non sarà altro che una pagina di storia e sbadiglieranno quando cercherò di raccontarglielo, io che non l'ho vissuto. Sbadiglieranno come gli allievi di Bertrand quando studiano la Guerra dei Cent'Anni".
Matthias Berg è un racconto denso eppure lieve. E' denso per la quantità di materia narrativa che racchiude: è come se avesse un peso specifico superiore alla media. Se tutti gli spunti fossero sviluppati, avrebbero potuto dar luogo a un romanzo di centinaia e centinaia di pagine. Yvette Z'Graggen, invece, si limita ad accennare e ad alludere e le bastano pochi tratti per evocare e tratteggiare un'epoca. E' come se l'autrice volesse scrivere, più che un romanzo vero e proprio, l'ossatura di un romanzo. E' lieve per il tono pacato e trattenuto con cui vengono descritti eventi tragici che avrebbero potuto facilmente spingere altri autori ad adottare una scrittura più enfatica. Yvette Z'Graggen preferisce invece questo approccio quasi sottotono in cui a prevalere è la tessitura delle voci, a dimostrazione che il recente passato tedesco può essere raccontato in maniera diversa e che a farlo - e bene - possono essere anche autori non tedeschi. Anche questo è uno dei tanti libri di una letteratura, quella svizzera, che meriterebbe di essere meglio conosciuta e più tradotta in Italia.