La casa è il simbolo concreto del sé: tutto ciò che accade alla propria casa - soprattutto nei sogni - è il rispecchiamento di ciò che accade (o che si paventa possa accadere) alla propria persona. Rinchiudersi in casa significa volersi rinchiudere in se stessi e sfuggire a un mondo esterno che, a tratti, appare come un aggressore. I muri perimetrali segnano il confine tra il dentro della nostra vita privata e il fuori della nostra vita pubblica. Sono come la nostra pelle - se la casa è il nostro corpo - o come le pareti della scatola cranica - se la casa è il cervello o la mente. Il caos che si accumula a casa propria è il correlato oggettivo del caos che rischia di invadere la nostra mente e la nostra vita (o forse le ha già invase), così come l'incapacità di rimettere in ordine è l'espressione dell'incapacità di rimettere ordine ai propri pensieri, alle proprie emozioni e alle proprie esperienze. La casa è, esattamente come il nostro io, un po' rifugio, quando non sopportiamo più le troppe sollecitazioni provenienti da fuori, e un po' prigione, quando soffriamo un eccesso di solipsismo e vorremmo invece comunicare con quell'esterno che ci appare tentatore e ostile a un tempo. Trascurare la casa è trascurare se stessi: l'inconscio lo sa.
E' così che per due notti ho fatto sogni in cui era protagonista casa mia. In nessuno dei due casi si è trattato di sogni piacevoli: nel primo c'è la minaccia di un crollo, nel secondo un'espulsione. Procedo con ordine. Nel primo sogno, dunque, sono in casa mia - nella casa dove abito ora e non un'altra immaginaria, prodotta dall'attività onirica - e mi accorgo che un muro si sta scrostando. Ma non come capita normalmente quando, a causa dell'infiltrazione di un po' di umidità, si formano delle "bolle" e l'intonaco si stacca. Qui, al contrario, è come se tutto l'intonaco si sollevasse in blocco dal muro e se ne staccasse, formando una lastra separata dal muro tramite un'intercapedine di parecchi centimetri, un'intercapedine che aumenta man mano che dall'alto si scende verso il basso. Io guardo il muro e temo che non soltanto l'intonaco possa staccarsi e sgretolarsi, ma anche tutto il muro. Poi osservo le travi (di legno) del soppalco: sono chiazzate da toppe di stucco bianco, quello che si usa per chiudere i buchi nei muri e non quello per il legno. Sono toppe circolari bianche, all'interno delle quali si vedono altri cerchi grigi. E' l'umidità che filtra. Sono disperato e a questo punto una "persona", non meglio identificata ma che col senno di poi mi pare un ibrido di M.S. e di mia madre, mi sgrida dicendomi che, in fondo, è colpa mia, perché io ho sempre fretta e ho voluto fare le cose alla svelta quando ho ristrutturato la casa, mentre se avessi avuto più pazienza ora non sarei in queste condizioni...
Nel secondo sogno, invece, abito una casa che non è quella in cui abito ora. Non è nemmeno una casa di proprietà, ma è in affitto. I dettagli del sogno sono confusi, so solo che la proprietaria - che, curiosamente, è la proprietaria dell'appartamento in cui abitavo in affitto qualche anno fa - ha deciso di vendere l'appartamento e quindi di sfrattarmi. Perciò io sono costretto a tornare ad abitare con i miei genitori. E' strano che nel sogno questa soluzione s'imponga con l'evidenza di un fatto necessario, come se fosse assolutamente fuori questione che io mi metta a cercare un'altra casa. L'idea di ritornare dai miei mi riempie di angoscia e di rabbia: l'avverto come un fallimento assoluto. Alla ferita dell'espulsione - perché così percepisco il dover abbandonare la casa in affitto - si aggiunge il dolore inconciliato del ritorno alle origini e, soprattutto, dell'obbligo di rientrare in una condizione di minorità. E' la perdita dello status di adulto che mi angoscia. Ricordo che nel sogno sono in uno stato di fibrillazione perché penso che dovrò ripercorrere fasi della mia vita che giudicavo chiuse, dovrò riprendere a dare spiegazioni su me stesso, su cosa faccio, su dove vado. La casa, da rifugio, diventa prigione. Solo verso la fine mi si affaccia alla mente una possibile soluzione, che mi sembra l'unica percorribile: chiedere alla proprietaria della mia casa in affitto se ne ha un'altra libera. Un'idea balzana, certo, ma nel sogno mi pareva la più logica.
Per una volta vorrei che il mio inconscio mi mandasse qualche messaggio gradevole e qualche segnale di speranza, e non che mi riepilogasse in continuazione le mie paure e (quelle che io sento come) le mie mancanze. Ma anche questo l'ho già detto...
L'inconscio ci parla, ma i rimedi si creano coscientemente. L'inconscio diventa petulante quando la situazione non cambia.
Posted by: Sogniebisogni | 24/12/2007 at 13:49
E' solo una coincidenza, forse, ma nel post che precede questo parlavi di crollo delle illusioni e in questo di una casa che crolla. Così, per segnalare, caso mai ti fosse sfuggito.
Posted by: pessimesempio | 24/12/2007 at 16:56
Ci sono efficaci sistemi compensatori per i periodi di trasizione, per le case che non sentiamo nostre o serene..andare altrove. Nell'attesa di soluzioni pratiche o possibili, trovare surrogati a certe mancanze. Frequentare case altrui che ci fanno star bene, considerare gli amici come una grande famiglia..e quando torni a casa tutto ti sembra più facile perchè avendo preso una boccata d'ossigeno ritrovi la forza per combattere..
Posted by: Ludovica | 24/12/2007 at 19:08
buone feste a te, stefano!
se capiti a pinerolo mi piacerebbe offriti una fetta di panettone galup....
Posted by: naplos66 | 25/12/2007 at 06:48