Vorrei fare un sogno che mi rendesse felice. Se l'inconscio mi parla attraverso i sogni, vorrei che per una volta mi dicesse qualcosa che mi facesse stare bene. Qualcosa che, al risveglio, mi rasserenasse la giornata. Un'immagine che, ripensata nelle ore successive, mi desse la forza di superare i momenti critici. E invece no. Ho un inconscio capace solo di ribadire i miei fallimenti e di riflettere i miei punti deboli. Un'entità che altro non fa che potenziare quello che già so e che, almeno la notte, vorrei dimenticare. Invece mi sveglio stanco. Così, dopo settimane in cui non sognavo niente - o dimenticavo i sogni notturni - ho sognato per due notti di fila: l'ultima notte trascorsa a Londra e la prima notte, quella di ieri, trascorsa di nuovo a casa. Al risveglio non avrei saputo ricostruire per filo e per segno la trama di questi due sogni, ma ne ricordo il nucleo essenziale, cioè quel tanto che basta per rendermi inquieto. Aggiungo che ne conosco l'origine conscia e so da quali esperienze diurne erano ispirati. Nel primo sogno sono costretto a rivivere il rifiuto di F. A riviverlo però non nella sua versione originaria, ma in una specie di riedizione. Ricevo, da parte sua, messaggi e segnali sufficientemente ambigui da farmi credere che "ci ha ripensato". Così io ci casco di nuovo, mi illudo, torno alla carica. E lui mi dice che ho capito male, ho frainteso e infila ancora più a fondo il coltello nella stessa piaga. Il suo no è persino più affilato. Mi sembra, nel sogno, che sarò destinato a subire la stessa condanna, all'infinito e senza scampo. F. diventa lo strumento che la infligge. Nel secondo sogno ci sono io che mi guardo allo specchio e non riconosco quello che vedo. Lo specchio riflette l'immagine di una faccia che non è la mia. Eppure sono io. Quello che vedo non mi piace: quel volto è l'esatto opposto di un uomo che potrebbe piacermi. Anzi, lo trovo ripugnante. E se non piaccio a me stesso, come potrei piacere a un altro? Ma so che mi devo rassegnare, perché quello sono io, anche se non mi riconosco. In entrambi i sogni, è come se l'inconscio mi rincorresse, tirandomi per la giacchetta, per confermarmi quello che già so, casomai fossi tentato di distrarmi.