La vita è bella perché mi riserva sempre nuove sorprese, che però non si traducono in altrettanti insegnamenti. Ma come si fa a imparare una lezione quando gli uomini sono così diversi uno dall'altro? Ogni individuo costituisce un sistema a sé e, come ho già notato, è impossibile applicare a uno quello che si è appreso con un altro. Reso cauto dagli ultimi fallimenti in ambito amoroso - e intendo fallimenti in senso puramente tecnico, nulla di tragicamente esistenzialistico, ovvero: il rifiuto da parte dei miei "corteggiati" di iniziare una relazione con me -, stavolta avevo pensato di cambiare tattica: calma e gesso, come si suol dire. Piedi di piombo e anima foderata d'amianto, così non prende fuoco. Effettivamente credo di essermi comportato bene, con quella giusta miscela di apertura e di distacco che non avrebbe ossessionato l'altro. E, soprattutto, ho lasciato che le cose seguissero il loro corso, senza dichiarare subito che miravo a chissà che cosa. Frequentarsi, conoscersi e poi chissà. Invece mi è accaduto di essere scaricato ancora prima - ben prima - di poter formulare checchessia. La cosa, in sé, non sarebbe strana, se non fosse che l'unica cosa che avevo manifestato era una certa disponibilità, mentre il mezzo metro di lingua in bocca me l'aveva messo l'altro, su sua iniziativa e con molto slancio, senza contare poi il suo cazzo costantemente duro, benché io lo abbia avvertito e strusciato solo attraverso la stoffa dei calzoni, un cazzo molto più duro - e lo dico a mio disdoro - del mio, poiché ormai la mia eccitazione è come una stazione radio la cui ricezione è frequentemente disturbata da quelle scariche elettriche impreviste rappresentate dai pensieri che, inattesi, mi attraversano il cervello anche in quei momenti lì. "Toh - avevo comunque pensato, con una certa sorpresa -, che io gli piaccia davvero?". Invece no, doveva trattarsi di un terribile equivoco: gli stava solo traboccando il testosterone anche dalle orecchie e io, probabilmente, transitavo da quelle parti. Inevitabile che ne fossi colpito. Si può scivolare, se così si può dire: ma quando uno scivola - e quell'uno non sono io - è meglio che scivoli subito, non dopo che abbiamo chiacchierato amabilmente per qualche ora. Se io fossi stato assolutamente insopportabile, infatti, a lui sarebbe "scesa la catena" molto prima e si sarebbe addormentato invece di saltarmi addosso. Quando mi ha detto - anzi, mi ha scritto, immagino dopo un paio di giorni di tormentata analisi interiore - che no, si era sbagliato e non potrà esserci una storia sentimentale tra noi, mi ha fregato sul tempo. Onestà avrebbe voluto che gli rispondessi che aveva frainteso, che la vittima del suo assalto con lingua ero io e non lui o che, forse, nemmeno lui avrebbe avuto tutti i requisiti richiesti per una grande storia d'amore (qualcuno sì, ma non tutti e forse nemmeno quelli per me fondamentali): in fin dei conti io intendevo, per il momento, frequentarlo e conoscerlo un po' meglio, ma lui si è comportato come chi, per praticità, si taglia direttamente un braccio così non dovrà più far fatica a tagliarsi le unghie. Naturalmente mi sono arrabbiato - e molto -, ma non perché ne fossi innamorato o perché mi fossi affezionato a lui - impossibile, del resto, dopo averlo visto due volte -, ma perché ai miei occhi ho dovuto ammettere di essere incapace di valutare obiettivamente le persone, specie se me ne sento attratto. (Mi sono persino detto che, visto che è andata così, forse sarebbe stato meglio strappargli direttamente calzoni e mutande, così almeno gli lasciavo il pretesto di una pessima opinione di me, risparmiandogli amarezza e sensi di colpa). Quindi dovrei dire di avere imparato che neanche la massima cautela serve a pararsi il culo, in questi casi, ma non è nemmeno vero. L'unica cosa che posso dire di sapere con certezza è che non esiste una ricetta valida per tutti, perché ognuno è diverso da ogni altro. L'unico a restare uguale, in rapporto a me stesso, sono io e se queste esperienze mi insegnano qualcosa lo fanno soltanto su di me e unicamente su di me posso agire. Stavolta, per esempio, so di essere un individuo migliore e non credo di avere intaccato la mia autostima ai miei stessi occhi. Certo è che al prossimo che, rifilandomi un due di picche, mi dirà come captatio benevolentiae: "Sei molto intelligente", io risponderò: "Caro, vorrei tanto poter dire lo stesso di te".