"Inoltre esiste una predilezione specificamente moderna per le spiegazioni psicologiche della malattia, come di qualsiasi altra cosa. La psicologizzazione sembra attribuire agli individui il controllo su esperienze e avvenimenti (come le malattie gravi) che in realtà essi controllano poco o per niente. L'interpretazione psicologica mina la 'realtà' di una malattia. Quella realtà dev'essere spiegata. (...). Per coloro che non ritengono naturali né le consolazioni della religione a proposito della morte né il senso della morte (o di nient'altro), quest'ultima è il mistero osceno, l'affronto ultimo, la cosa che non si può controllare. La si può solo negare. Gran parte della popolarità e del carattere persuasivo della psicologia deriva dal suo essere uno spiritualismo sublimato: è un modo laico e fintamente scientifico di affermare il primato dello 'spirito' sulla materia. Di quella realtà ineluttabilmente materiale, la malattia, si può dare una spiegazione psicologica. La morte stessa può essere considerata, in ultima analisi, un fenomeno psicologico. Nel Libro dell'Es, parlando della tubercolosi, Groddeck sosteneva: 'Muore solo chi desidera morire e colui per il quale la vita è diventata intollerabile'. La promessa di un trionfo temporaneo sulla morte è implicita in gran parte del pensiero psicologico che comincia con Freud e Jung.
Come minimo c'è la promessa di un trionfo sulla malattia. Una malattia 'fisica' diventa in un certo senso meno reale ma, in compenso, più interessante se la si può considerare 'mentale'. Tutte le riflessioni dell'epoca moderna hanno sempre mirato ad ampliare la categoria delle malattie mentali. Anzi, parte della negazione della morte in questa cultura è un notevole ampliamento della categoria della malattia in quanto tale.
La malattia si estende per mezzo di due ipotesi. La prima è che ogni forma di devianza sociale può essere considerata una malattia. Così, se il comportamento criminale può ritenersi una malattia, i criminali non devono essere condannati o puniti ma compresi (alla stessa stregua in cui comprende un medico), curati e guariti. La seconda è che si può interpretare psicologicamente ogni malattia. La malattia è sostanzialmente considerata un avvenimento psicologico e le persone vengono incoraggiate a credere che si ammalano perché (inconsciamente) lo vogliono, che possono curarsi mobilitando la loro volontà e scegliere di non morire a causa di una malattia. Queste due ipotesi sono complementari: mentre la prima sembra mitigare la colpa, la seconda la ripristina. Le teorie psicologiche della malattia sono un mezzo potente per attribuire la responsabilità al malato. I pazienti a cui s'insegna di avere, involontariamente, causato la propria malattia vengono anche costretti a credere di essersela meritata."
Susan Sontag, da Illness as Metaphor (La malattia come metafora). Traduzione (dell'estratto) mia.
La psicologizzazione della malattia è anche un facile escamotage per non ammettere l'incapacità della medicina.
Posted by: Marco | 24/09/2007 at 09:43
insomma: te la sei voluta!
(PS: sono un medico....)
Posted by: tato | 24/09/2007 at 17:50
Mi piacerebbe sapere se cadavrexquis condivide l'argomentazione della Sontag. A me pare piuttosto bizzarra; forse è applicabile in parte agli Stati Uniti, dove impera la filosofia del "volere è potere".
Ma in Europa, ed in particolare in Italia?
Posted by: Monsieur Poltron | 24/09/2007 at 19:31
Condivido in larga parte. Magari ci torno sopra.
Posted by: stefano | 24/09/2007 at 19:38
Mi torna in mente quel che diceva un malato di tumore, cardiochirurgo, in un documentario in cui si parlava di *medici* divenuti *pazienti* affetti da gravi malattie.
"Se ti guariscono, tutti poi dicono 'Tizio ha vinto il tumore'. Io so che non potrò vincerlo e quindi dovrei PURE, in aggiunta alla mia sofferenza, sentirmi colpevole, un incapace". Quest'uomo, ricordo, dimostrava lungo l'intera intervista un grande senso dell'umorismo.
Posted by: antonella | 25/09/2007 at 12:05
Il documentario si chiama 'Nemesi medica', mandato in onda da 'La storia siamo noi'
http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=181
Ha lo stesso titolo del libro di cui hai scritto tu in passato, ma gli intervistati sono autori di un altro libro, intitolato 'Dall'altra parte'.
Posted by: antonella | 25/09/2007 at 13:05