E' di questi giorni la pubblicazione del rapporto annuale di Human Rights First sulle violenze per motivi di odio nei confronti di varie minoranze: ebrei, omosessuali e musulmani, oltre ai "soliti" stranieri (soprattutto se sono neri in un contesto interamente bianco). Ma non è questo che intendo scrivere: è ovvio e scontato che si debba fare di tutto per prevenire questi crimini, oltre che punirli quando siano già stati commessi, affinché la violenza non venga mai incentivata - anche se, purtroppo, temo che ci sarà sempre qualche minoranza alla quale verrà assegnato un "valore negativo" su cui qualcuno scaricherà le proprie frustrazioni.
Il rapporto dell'organizzazione parla giustamente di antisemitismo - quello nuovo che, alimentandosi di pretesti politici, si salda con quello antico -, di omofobia e di islamofobia. E' di quest'ultimo termine che vorrei scrivere, perché mi pare ambiguo e mi crea qualche disagio concettuale. L'omofobia è di facile definizione - e per ora lasciamo perdere se vogliamo dare un'interpretazione intensiva o estensiva a questo fenomeno. In senso etimologico indica la paura nei confronti degli omosessuali. Ma come si passa dalla paura all'odio, poiché è questo che il termine ormai ha finito per indicare? La trasformazione è abbastanza evidente: l'omosessuale mostra al non-omosessuale che non c'è una sovrapposizione obbligata tra appartenenza a un determinato genere sessuale e orientamento affettivo, ma al contrario chi appartiene a un certo genere può benissimo desiderare legami affettivi (e quindi sessuali) con persone del suo stesso genere. E questa è una cosa perfettamente naturale. Viceversa, nella costruzione sociale dell'identificazione di genere si è sempre insistito sull'orientamento affettivo verso il genere sessuale opposto, lasciando intendere che chi invece prova desiderio per persone del suo stesso genere sessuale non soltanto "tradisce" la propria appartenenza, ma ha qualcosa di "sbagliato", come se in realtà appartenesse al genere opposto pur non avendone le caratteristiche fisiche. Nella pressione sociale alla conformità, questa è un'accusa dirompente che mette a repentaglio la definizione della propria identità. Perciò l'omosessuale rappresenta un pericolo per il non-omosessuale, mostrandogli una diversa possibilità di amare - amare cioè una persona del proprio genere senza per questo cadere automaticamente nel genere opposto. Se l'omosessuale in nulla si distingue dal non-omosessuale, quest'ultimo potrebbe avere dei dubbi sulla propria eterosessualità. Da qui la paura. E per scacciare la paura che genera incertezza riguardo al proprio genere - e quindi la propria identità - non c'è niente di meglio che odiare ciò che semina il dubbio. Il passaggio dalla paura all'odio è così compiuto. E' una trasformazione semantica che rispecchia il verificarsi di un passaggio psicologico.
Ma l'islamofobia? Il termine pone subito diversi problemi. In primo luogo qui salta il passaggio dalla paura all'odio: il musulmano non suscita certamente nel non-musulmano il timore di scoprire in sé un "islamismo" recondito che non sa di avere. Se la paura riguarda invece il rischio di un'eccessiva aggressività ideologica da parte delle frange estremiste dell'Islam, allora non si tratta più di una "paura irrazionale" - come vuole il termine "fobia" - ma di un timore razionale, più che giustificato. "Islamofobia" non è paura dell'Islam, ma odio puro e semplice per l'Islam. E qui si evidenzia subito il secondo problema. Odio verso l'Islam o verso gli islamici? Nel primo caso credo che sia perfettamente lecito "odiare" l'Islam perché quest'ultimo è una dottrina - o un'ideologia, o un sistema di pensiero (per quanto aberrante) - e, come tale, può essere criticato, respinto e detestato senza che nessuno debba per questo sentirsi in colpa. Ogni sistema di pensiero è criticabile, perché non dovrebbe esserlo l'Islam? Dovremmo forse portargli un rispetto particolare? Non credo proprio.
Nel secondo caso, invece, l'odio è diretto contro delle persone concrete, che credono - o affermano di credere - nei princìpi dell'Islam. Soffermiamoci su questo punto, che mi pare più importante. Io non sono sicuro che si possa raggruppare questo tipo di odio attribuendogli l'etichetta - già etimologicamente e psicologicamente errata - di "islamofobia". Non si può farlo perché, lungi dal definire qualcosa, questa etichetta lo vela - e lo nasconde. Chi sono gli "islamici" vittime di odio? Se qualcuno picchiasse un malese o un senegalese - tanto per citare i cittadini di due paesi a maggioranza islamica - definiremmo tale crimine frutto di "islamofobia"? Probabilmente no. Ecco quindi che in realtà l' "islamofobia" nasconde un transfert: l'odio non è tanto per l'islamico o per l'Islam, ma è per l'arabo in senso lato. Viene definito islamofobo chi odia gli arabi (o, con quel termine generico che ha acquisito valore dispregiativo: "i marocchini"). Si tratta del vecchio odio per un gruppo etnico - un odio che, si badi bene, non è assolutamente giustificato e che è, semplicemente, frutto di razzismo.
Ma a questo punto mi domando: perché chiamarlo "islamofobia"? Solo perché gli arabi sono - o vengono costretti a essere, per educazione o indottrinamento - islamici? A chi torna utile questa confusione di piani? Il punto è proprio questo: denunciando e censurando l' "islamofobia" si denuncia e si censura - giustamente - l'odio razziale che dà origine a violenze contro i cittadini che, in Europa, provengono dai paesi di lingua e cultura araba, ma allo stesso tempo si afferma surrettiziamente che non è lecito contrastare l'Islam. E' un modo per spuntare le armi alla critica razionale (e politica) del fenomeno islamico. E' evidente che questa ambiguità torna a vantaggio di coloro che, nel mondo islamico, non vogliono essere criticati e intendono proseguire nel loro tentativo di assoggettare le coscienze individuali imponendo i loro dogmi anche in ambito civile. Brandendo l'accusa di "islamofobia" nei confronti di chi li critica possono proseguire nella loro attività antidemocratica e nemica dei diritti dell'individuo e, allo stesso tempo, fingere di avere a cuore il rispetto delle persone di etnia araba.
Qual è il rischio? Il rischio è che seguendoli su questa strada - e usando l'opposizione all' "islamofobia" per difendere il diritto di un generico "Islam" a esprimersi liberamente - daremo loro uno strumento (per di più potente, perché frutto del nostro illuminismo) con il quale continueranno a opprimere delle persone - "islamici", che lo vogliano o no - le quali diventano così doppiamente vittime. Vittime dei pregiudizi etnici e razziali quando sono minoranza in Europa ma, soprattutto, vittime del lavaggio del cervello, dell'indottrinamento e della privazione della libertà individuale a cui sono state sottoposte nei loro paesi d'origine. Perché lo scopo delle religioni fondamentalistiche è proprio di diffondersi e mettere a tacere l'individuo privandolo della sua libertà: non c'è da stupirsi se per farlo sono disposte a usare il cavallo di Troia messo a disposizione dalla difesa dei diritti individuali che caratterizza il pensiero democratico.
Non mi convince molto la distinzione tra "odio verso l'islamismo" (inteso come religione) e "odio verso gli islamici" (intesi come coloro che professano quella religione).
Concordo invece sul fatto che si tenti, da parte della gran parte delle autorità politiche e religiose dei paesi musulmani, di far passare per "islamofobiche", e quindi pregiudiziali, le critiche di merito alla religione islamica ed ai suoi aspetti, o a taluni suoi aspetti, culturali e politici; e che questo tentativo sia strumentale soprattutto a perpetuare il potere dei sostenitori delle interpretazioni più retrive dell'islamismo e tacitare soprattutto i loro correligionari "riformati".
Posted by: Monsieur Poltron | 22/08/2007 at 01:29
Anche "A conservative mind" ha fatto un bell'articolo su questo rapporto. Da un altro punto di vista ma ugualmente interessante - e che in parte dovrebbe interessarti anche personalmente, per cui se non l'hai visto ti suggerisco di dargli un'occhiata.
Posted by: barbara | 22/08/2007 at 01:57
@ barbara: c'è un link a cui recuperarlo? Grazie :)
@ poltron: be', da parte degli "islamofobi" è chiaro che l'odio è per le persone - se poi venga anche razionalizzato come "odio per quella religione" non saprei dirlo. Certo da parte di chi condanna l'islamofobia (all'interno dell'islam) c'è una certa ambiguità.
Posted by: stefano | 22/08/2007 at 08:08
Come non detto, Barbara, credo di averlo trovato da solo...
Posted by: stefano | 22/08/2007 at 08:10
Come dissertazione probabilmente fine a se stessa, si potrebbe a questo punto introdurre il termine islamicòfobo (che avversa gli islamici) in contrasto con islamòfobo (che avversa la loro religione)
Posted by: Steno | 22/08/2007 at 11:15
Più di questioni di semantica dovremmo parlare dei meccanismi che stanno alla basa della discriminazione da un lato e quantificare con precisione il fenomeno dell'islamofobia.
Omosessuali e Islamici, quando minoranze, subiscono i medesimi meccanismi molto ben spiegati ed empiricamente provati da autori come Tajfel, Turner e molti altri della "psicologia cognitivista": categorizzazione, relazioni ingroup/autgroup e molto altro.
Nello specifico dell' Islam bisogna guardare bene ai numeri. 2/3 della popolazione Islamica vive al di fuori della dar-alIslam (paesi di base Islamica). Buona parte di questi 2/3 vive in paesi occidentali, vivendo un Islam del tutto compatibile con la vita civile dei paesi in cui vivono. Questo, anche tralasciando le realtà dei paesi Islamici, porta con sicurezza a dire che la stragrande maggioranza dei musulmani sul pianeta, vive la propria religione in modo costruttivo (che sbagliando spesso si definisce "moderato").
L'islamofobia è appunto una paura. Paura del vicino di casa musulmano ecc.. In nessun caso è razionalmente giustificabile, i numeri lo dimostrano ampiamente. La paura di per sè non è poi un buon punto di inizio a qualsivoglia percorso raizionale.
E' giusto criticare il concetto di religione ma non bisogna confondere i piani cosa che in questo momento è drammaticamente facile.
Ad oggi, ogni critica all'Islam inquanto religione, finisce per svilire lo sforzo dei "moderati" ed è quasi sempre spinta dal rifiuto dell'altro più che da un razionale e sano evoluzionismo alla Dawkins.
L'islamofobia va quindi combattuta: 1. in quanto paura 2. perchè al momento è maggiormente spinta e percepita da e come "razzismo".
Posted by: kannafutre | 03/10/2007 at 13:55
Facciamo attenzione a non confondere i piani, e diamo all' Islam qualche dato quantitativo.
2/3 dei musulmani vive al di fuori della dar al Islam, e buona parte di essi vive in occidente. Con buona tolleranza all'errore possiamo quindi sostenere che la maggioranza dei musulmani vive la propria religione in modo del tutto compatibile alla vita civile dei paesi in cui vivono.
Non si tratta di coloro che erroneamente vengono chiamati "moderati", sono musulmani, e il loro Islam è quello maggioritario sul pianeta.
L'islamofobia è per la maggioranza spinta e percepita da e come razzismo e più in generale da ignoranza, più che da una sana critica all'Islam in quanto religione, sotto la lente del sano approccio evoluzionista alla Dawkins.
L'islamofobia e poi, appunto, paura ed essa va quindi combattuta per due buone ragioni: 1. in quanto paura (del diverso, dell'altro..ecc.) e non atto razionale come dimostrano i numeri 2. perchè, come dicevo, percepita e spinta in modo distruttivo, svilendo il lavoro dei tanti (maggioritari) musulmani del tutto compatibili con la vita occidentale e valori comuni ai nostri.
P.s. è la prima volta che vengo qui. bel blog ti ho linkato al mio. passa a trovare se vuoi. ciao e grazie
Posted by: kannafutre | 03/10/2007 at 14:10
Scusa, sono nuovo di qua, e non capisco bene il meccanismo: il post by steno l'avevo mandato io ma pensavo fosse andato perso, così l'ho riscritto (+succinto)
kannafutre
Posted by: kannafutre | 03/10/2007 at 18:52