Se dovessi consigliare un libro a chi vuole saperne di più su che cosa significhi essere omosessuali e quali siano le implicazioni psicologiche e sociologiche della faccenda gli consiglierei di leggere Comprendere l'omosessualità della psicoterapeuta messicana Marina Castañeda. In poco più di duecento pagine l'autrice spiega tutto l'indispensabile, toccando tutti i punti essenziali della questione. Il suo libro non è né la tradizionale storia dell'omosessualità - con relativa cavalcata nelle culture e nelle civiltà - né una raccolta di aneddoti o di vicende personali scritta da un militante, ma è soprattutto un testo di psicologia che tratta la materia con intelligenza e sensibilità. La cifra adottata da Castañeda è essenzialmente quella dell'empatia di una specialista che ha dedicato gran parte della sua vita professionale occupandosi di omosessualità, proprio perché le esperienze e la vita interiore di gay e di lesbiche sono spesso radicalmente diverse da quelle degli eterosessuali e questa specificità è stata troppo sovente ignorata dalla psicologia più tradizionale.
I primi due capitoli sono dedicati all'analisi delle "cause" dell'omosessualità - che indico tra virgolette, perché anche l'autrice confuta la sensatezza di porsi una simile domanda che equivale né più né meno che chiedersi quali siano le "cause" dell'eterosessualità - e al modo in cui un soggetto arriva a definirsi omosessuale, che è poi quello che conta, in base a diversi elementi che convergono verso un unico punto: "L'identità implica dunque una convergenza di desideri, di sentimenti, di atti e di consapevolezza, che culminano in una definizione e un'accettazione di sé come omosessuale. (...) Non si 'diventa' veramente omosessuali se non quando si è raggiunta questa congruenza interna". Per questo motivo, qualsiasi contrapposizione tra definizione biologica (l' "approccio essenzialista") e costruzione ("prospettiva sociale") è insensata e non servirà mai a dirimere l'inutile questione delle "origini". Più interessante, quindi, è chiedersi come ogni singolo individuo gay arrivi a integrare la propria omosessualità nella sua personale definizione di sé: qui Castañeda ripercorre il percorso comune a molti adolescenti gay, percorso che li separa e differenzia nettamente dai loro coetanei eterosessuali. E, detto per inciso, la presunta "immaturità" di molti gay adulti non è veramente tale, ma è semplicemente - come sostiene l'autrice - una mancanza o un rallentamento dell'apprendimento, durante l'adolescenza e la giovinezza, di meccanismi relazionali che per coetanei eterosessuali, nei confronti degli oggetti erotico-affettivi dell'altro sesso, vengono quasi "automatici", perché favoriti dall'ambiente in cui crescono.
In questo contesto Castañeda introduce un'idea che trovo illuminante: il processo di esplorazione alla cui conclusione l'omosessuale si identifica come tale implica anche un "lutto per l'eterosessualità". "Tutti i bambini crescono con l'idea che un giorno si sposeranno e formeranno una famiglia: è quello che gli ripetono incessantemente i genitori, la scuola, la cultura e la società in generale". Quando si rendono conto che tutto ciò non avverrà, devono in un certo senso "riprogrammarsi" e spostare le loro aspettative, il che può comportare un processo lento e doloroso, che avviene per tappe e che - nel migliore dei casi - si conclude in un'accettazione piena dell'omosessualità, anche se, osserva Castañeda, ci saranno sempre dei momenti e delle occasioni nella vita di ogni gay in cui questo "lutto" tornerà a emergere. L'importante è esserne coscienti, accettare e comprendere la natura di questo fatto. Solo con la progressiva estensione dei diritti civili questo stato di cose potrà cambiare. Ma qui, ormai, stiamo parlando delle generazioni future, non di chi è gay oggi.
Il quarto capitolo, intitolato "Le vicissitudini della clandestinità", si concentra invece sulla dicotomia clandestinità/apertura, con i relativi costi e benefici, mettendo in luce i processi che portano al coming out, che non è però mai un evento definitivo, concluso una volta per tutte: "Nessun omosessuale, anche se ha accettato perfettamente la sua omosessualità, può dire che è definitivamente e totalmente uscito allo scoperto. Ci saranno sempre delle persone o delle situazioni nuove in cui verrà considerato come eterosessuale fino a prova contraria". Tuttavia, la clandestinità assoluta non è una via percorribile, a lungo andare, perché "la vita privata (...) ha sempre delle implicazioni pubbliche; l'intimo non può essere separato dal sociale". Senza contare poi che "l'alternanza di sincerità e dissimulazione implica una vigilanza continua e un grandissimo dispendio di energia psichica". Anche la menzogna ha un prezzo molto alto: "la menzogna non è statica: ha la tendenza ad accrescersi in estensione e in profondità e finisce per invadere tutti i campi ed infiltrarsi in tutte le relazioni personali. Anche per questa ragione sola è meglio vivere allo scoperto che rimanere nascosti, per quanto possibile". Grande attenzione è poi rivolta ai risvolti famigliari del coming out, tanto che l'autrice constata che questo passo è - molto spesso - anche un processo famigliare e non soltanto individuale. Il rischio per il figlio omosessuale, all'interno della famiglia d'origine, è quello di essere "infantilizzato": "il figlio omosessuale viene trattato come se fosse un bambino. Il fatto di restare celibe non fa che rinforzare tale percezione: agli occhi della famiglia, egli non raggiunge mai la maggiore età".
Il capitolo successivo è quello che ho trovato più interessante e varrebbe la pena leggere il libro di Marina Castañeda anche solo per queste venticinque pagine. Il titolo è tutto un programma: "L'omofobia interiorizzata" e il primo paragrafo è una specie di salutare "scudisciata" a chi preferisce non guardare in faccia la realtà: "La maggior parte degli omosessuali nella società attuale, anche se si accettano come tali, portano dentro di sé un conflitto esistenziale permanente. L'omofobia interiorizzata è sempre presente: risorge, sotto forme diverse, per tutto il ciclo vitale. Complica la percezione che l'omosessuale ha di se stesso e degli altri; colora tutte le relazioni interpersonali così come il suo progetto di vita e la visione del mondo. Costituisce probabilmente la differenza soggettiva più importante tra gli omosessuali e gli eterosessuali". Dopo avere spiegato i meccanismi con cui si forma e agisce l'omofobia interiorizzata, l'autrice passa a esaminarne le varie manifestazioni e lo fa in modo accurato e approfondito (indubbiamente più di quanto lo abbia fatto approssimativamente io qualche giorno fa). Questa parte mi pare così interessante che nei prossimi giorni ne pubblicherò qualche estratto.
Dopo aver analizzato l'individuo omosessuale, Castañeda dedica i tre capitoli successivi alla coppia omosessuale: il primo è un'introduzione "indifferenziata", seguita poi da due capitoli in cui descrive prima le caratteristiche peculiari alla coppia lesbica e poi quelle della coppia omosessuale maschile, sottolineandone potenzialità e punti deboli - scoperti i quali sarà possibile trovare anche dei rimedi perché la relazione duri e abbia un significato per coloro che la "abitano". Il capitolo conclusivo, invece, si occupa di una questione generalmente più "scivolosa", ovvero quella della bisessualità: qui l'autrice tenta una definizione del concetto di bisessualità, analizzandone le interpretazioni tradizionali e stabilendo una sorta di "tassonomia" della bisessualità, che non è né unica, né monolitica come talvolta si pensa.
A conclusione di ogni capitolo ci sono infine due paragrafi in cui si invitano sia i lettori omosessuali che i terapeuti che hanno pazienti gay a porsi determinate domande: si tratta quasi sempre di domande che stimolano a riflettere su di sé e, dove è possibile, a mettere in luce meccanismi o reazioni che altrimenti resterebbero in ombra. In ogni caso, per riprendere le parole della stessa psicoterapeuta, "lo scopo non è quello di vivere felici malgrado l'omosessualità, ma piuttosto grazie all'omosessualità".
Conclusione veramente positiva, nel senso migliore, questa sull'omosessualità come opportunità di felicità.
Ma che dice delle bisessualità? Che classificazione dà? Separa bisessuali maschi e femmine come gay e lesbiche? Separa bisessuali che sono in rapporti omosessuali, eterosessuali, entrambi? O va su qualcosa di simile alla scala di Kinsey? E perché noi bisessuali siamo sempre scivolosi? Non siamo fatti di sapone bagnato... ;)
Posted by: restodelmondo | 27/07/2007 at 00:31
Pur senza averlo letto, ci hai azzeccato. Sì separa bisessuali maschi da bisessuali donne. "Scivoloso" perché la bisessualità è un fenomeno molto ampio. Non usa al riguardo la scala di Kinsey, ma cerca di rendere giustizia alla varietà dei modi in cui si manifesta e alla realtà psicologica delle persone bisessuali. Tutto è quel capitolo tranne che "dogmatico".
Posted by: stefano | 27/07/2007 at 00:36
Mil gracias por sus comentarios, es excelente su resumen del libro. Un abrazo desde Mexico,
Marina Castañeda
Posted by: Marina Castaneda | 31/07/2007 at 16:41