Qualche sera fa, mentre aspettavo di uscire a cena, ho preso in mano un libro - un pamphlet, per la precisione - che avevo comprato a Parigi nel marzo del 2000. Si tratta di Le loup et le chien. Un nouveau contrat social (Il lupo e il cane. Un nuovo contratto sociale), dell'italianista francese Dominique Fernandez. Fernandez, oltre a essere un grande conoscitore e appassionato di cultura italiana, è anche gay e al tema dell'omosessualità ha dedicato parecchi testi - romanzi come L'étoile rose (La stella rosa), Dans la main de l'ange (Nella mano dell'angelo), La gloire du paria (La gloria del paria), e saggi come Le rapt de Ganymède (Il ratto di Ganimede). In questo pamphlet, invece, racconta il percorso a ostacoli che la legge francese sui Pacs ha dovuto superare prima di essere approvata. L'avevo letto al momento dell'acquisto, ma a quei tempi in Italia il dibattito era ancora nella sua preistoria, quindi ne ho quasi subito dimenticato i dettagli, ricordando solo l'idea centrale - che è poi quella che dà il titolo al libro. Riprendendolo in mano adesso, mi sembra di vedervi riflessa la situazione italiana di oggi - con l'eccezione dell'interventismo becero della chiesa cattolica, che in Francia si è tenuta più sotto tono. Gli stessi "argomenti", le stesse sciocchezze sciorinate ai quattro venti, la stessa omofobia che non vuole riconoscersi omofobica. Oggi in Italia la storia si ripete. Basta scorrere l'indice per riconoscere alcune delle linee del dibattito francese prima del 1999: "Natura", "Procreazione", "Norma", "Coppia", "Instabilità", "Stupidario" - quest'ultimo raccoglie, senza alcun commento da parte dell'autore, le perle di cretinaggine snocciolate dai politici per motivare la loro opposizione ai Pacs -, "Lobby", "Proselitismo", "Famiglia", "Bambini", "Pedofilia".
Illuminante è soprattutto il capitolo dedicato all'omofobia dei politici francesi che avversavano i Pacs soprattutto perché ne avrebbero tratto vantaggio anche gli omosessuali. L'avessi letto prima mi sarei risparmiato di scrivere tante parole sull'omofobia, anche se mi conforta che Fernandez abbia fatto un'analisi che è, per certi versi, simile alla mia. Scrive Fernandez: "Il signor Pinton, questo sindaco della Francia profonda, che si vanta d'avere raccolto diciottomila firme contro i Pacs ce lo giura: 'Noi non siamo omofobi!'. No, nient'affatto! E persino, a titolo personale, vi amiamo, sapete? Un po' di sentimenti cristiani, e che diamine! Non abbiamo niente contro di voi, vi vogliamo bene - a condizione, ben inteso, che restiate al vostro posto. Il signor Le Roy Ladurie, questo terribile procuratore che si mostra tanto giustamente severo nei vostri confronti, eh be', non si scioglie di compassione pensando ai suoi amici morti di aids? (Il posto degli omosessuali, in questo caso, è con tutta evidenza il cimitero)." Al posto dei diritti, si concede agli omosessuali un po' di pietà pelosa, un po' di compassione, e via andare. Fernandez non si ferma qui e riprende alcune delle battute lanciate durante la discussione della legge all'Assemblea Nazionale, quando deputati - per lo più della destra democratica, e non del fascista Front National lepeniano -, si sono esibiti in frizzi e lazzi di questo tipo: "E gli animali di compagnia?" oppure "Ci sono anche gli zoofili!" Mi sembra di risentire quello che circola oggi nel dibattito italiano: chi sarà il Fernandez italiano che, tra qualche anno, raccoglierà le idiozie degli omofobi istituzionali italiani, a loro imperitura vergogna?
Tra gli argomenti usati in Francia per negare una qualsiasi regolamentazione alle coppie omosessuali qualcuno avanzava l'idea che queste ultime fossero più instabili di quelle eterosessuali - che è poi lo stessa tesi proposta da quel genio di Paola Binetti in un'intervista a gay.it, se non erro. Vale la pena riproporre la risposta di Fernandez: "Rimproverare agli omosessuali di non essere più costanti nei loro affetti, e allo stesso tempo rifiutare loro i mezzi di rinsaldare nella durata il loro amore, è un atto di cattiva fede e un imbroglio intellettuale. Uno dei benefici dei Pacs, al di là dei vantaggi materiali, sarà di assicurare alle coppie gay la base sociale senza cui nessuna unione può essere stabile". Ed è per questo motivo, argomenta alla fine l'autore, che sono proprio gli "omofobi" e i conservatori che dovrebbero essere favorevoli a un riconoscimento delle coppie dello stesso sesso. Questo riconoscimento non farebbe che favorire la stabilità delle unioni gay, riconoscendo che ciò che stabilizza i rapporti affettivi tra due persone alla fine torna a vantaggio della società, stabilizzando la società stessa. Addirittura si potrebbe sostenere che gli omosessuali richiedono di poter accedere all'istituto del matrimonio proprio perché ne hanno riconosciuta la validità e la bontà: è, in fin dei conti, una vittoria dei conservatori. Lungi dall'indebolire la famiglia, l'ampliamento di questo diritto la rafforza perché, come scrive Fernandez, "addomestica" - in senso buono - il carattere selvatico che un tempo si riteneva inerente alla condizione degli omosessuali, considerati incapaci di assumersi responsabilità nei confronti della società. Perché lo ricordino gli avversari delle unioni omosessuali: chi rivendica più diritti rivendica automaticamente anche più doveri. "E' evidente che due persone che vivono in coppia, che condividono la vita, l'abitazione, il bilancio, e che si ritrovano la sera a casa loro, vanno a teatro insieme, trascorrono insieme le vacanze, è evidente che queste due persone sono meno pericolose per l'ordine stabilito di due cacciatori solitari che partono all'avventura, ognuno per conto proprio, quando arriva la notte. Alla stessa stregua è evidente che queste due persone, se partecipano ai vantaggi pecuniari (imposte, assicurazioni etc.) e morali (diritto di lasciare in eredità alla persona cara) di cui godono i beneficiari del sistema esistente, saranno tenute a più spirito civico, di disciplina, di misura, di fair play".
A me pare che l'esempio della Francia sia, paradossalmente, di buon auspicio. A otto anni dall'approvazione dei Pacs, la legge è ormai un dato di fatto assodato, di cui hanno fatto uso molte coppie - sia eterosessuali che omosessuali -, e nessuno si sogna più di abolirla. L'idea che due uomini o due donne possono vivere insieme con il beneplacito della società è entrata in circolo e ha contribuito a mutare il clima sociale, tanto che oggi si propone di estendere - come in Spagna - il matrimonio a tutti. (Ed è per questo, detto per inciso, che l'approvazione dei Dico in Italia potrebbe produrre un mutamento simile anche da noi: del resto è provato che i paesi meno ostili ai matrimoni gay sono quelli che, come l'Olanda o i paesi scandinavi, già hanno una qualche forma di riconoscimento, mentre quelli più avversi sono quelli che non ne hanno alcuna, come la Polonia o la Romania). In questi paesi nessun politico di destra - se non quelli delle frange fasciste - si sogna ormai più di contestare questo diritto: nel Regno Unito David Cameron ha fatto, al riguardo, un discorso da conservatore, molto simile a quello che facevo io poco fa. E non credo che oggi, in Francia, Nicolas Sarkozy suggerisca l'abolizione dei Pacs. Eppure - ne è testimone proprio Dominique Fernandez, che ne riporta le parole - prima del 1999 il leader dell'attuale UMP disse, con tono di allarmato isterismo: "Di grazia, non tocchiamo la famiglia, non tocchiamo il nostro codice civile, non tocchiamo il diritto di famiglia!". Le società si evolvono, le persone cambiano: fosse anche solo per opportunismo, ma cambiano. Dunque, coraggio: i nostri avversari sono destinati a perdere.
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