Sul Sunday Times dell'altro ieri sono incappato in questo fondo di Michael Portillo, ex deputato britannico conservatore. Non che io legga regolarmente il Times, ma stavolta non sono riuscito a staccare gli occhi dalla pagina, con crescente incredulità e ammirazione. Nel suo articolo Portillo prende spunto da una dichiarazione degli assistenti del giovane leader dei Tories inglesi, David Cameron, i quali si sono affrettati a precisare che se Cameron assiste alle funzioni religiose domenicali a Kensington non lo fa perché spera che la figlia sia ammessa in una prestigiosa scuola gestita dalla Chiesa Anglicana, ma perché è davvero credente. Portillo sostiene invece che si sentirebbe più tranquillo se invece Cameron andasse alle funzioni solo per il motivo, molto più concreto, di favorire la figlia. Poi critica il modo in cui Blair, in passato, ebbe a dire di avere pregato Dio quando si schierò a fianco degli Stati Uniti in occasione della guerra in Iraq, aggiungendo che Dio l'avrebbe giudicato. Scrive Portillo: "Mi preoccupo perché gli uomini di potere che prendono istruzioni da forze invisibili sono essenzialmente dei fanatici. Blair è talmente fiducioso e sicuro di se stesso da essere pericoloso". Portillo afferma invece che, nei paesi democratici, gli uomini politici devono rispondere delle loro azioni soltanto ai loro elettori e da questi devono essere giudicati: richiamarsi a un'istanza come Dio significa, in pratica, volersi sottrarre a un giudizio razionale. E con la scusa di Dio si può affermare - e giustificare pretestuosamente - tutto e il contrario di tutto. Portillo scrive che nella Gran Bretagna di oggi questo problema può sembrare solo teorico, ma il merito è del regno di Elisabetta I, che "liquidò gran parte delle controversie religiose come 'dispute su inezie' e proibì al clero di allontanarsi dai loro testi biblici per sconfinare in questioni di rito o di politica". La netta separazione di stato e chiesa, dunque, è andata tutta a beneficio della vita pubblica britannica, benché ancora oggi la regina sia formalmente a capo della Chiesa Anglicana. "Un rinnovato legame tra religione e politica dovrebbe preoccupare gli inglesi. Se la moderazione e la laicità sono stati rovesciati in molte parti del mondo musulmano, perché non potrebbe accadere la stessa cosa nelle società cristiane?" E ancora: "In altre società i teocrati, i leader religiosi e i fanatici che citano testi religiosi dettano anche azioni violente. Questo rappresenta la minaccia alla pace mondiale oggi. Per la prima volta dalla Rivoluzione Gloriosa del 1688, la Gran Bretagna è minacciata dalla violenza religiosa, ora commessa per mano di Al Qaeda".
Ecco da che cosa nasce il mio stupore e la mia ammirazione: basta uscire dai nostri confini patri per uscire, d'un colpo solo, anche dalla limitatezza intellettuale che caratterizza gran parte delle nostre destre. Da noi, per opporsi al fanatismo religioso dell'Islam c'è chi propone - come Pera e i suoi sodali, gli atei devoti, i finti liberali, i neoclericali e i fondamentalisti cattolici di ritorno - di rafforzare le "radici cristiane della nostra civiltà" e di lasciare che lo spazio pubblico venga regolarmente invaso dai precetti morali della religione cattolica. I nostri fondamentalisti vedrebbero ben volentieri una teocrazia al potere (perché che cos'è, se non una voglia di teocrazia, quella di chi vorrebbe imporre le proprie regole etiche anche a chi non condivide la stessa fede religiosa?), tanto che - lo ribadisco - ho la netta sensazione che la loro opposizione al fondamentalismo islamico non derivi dal rispetto per la libertà e l'autonomia degli individui che è alla base delle democrazie liberali ma da una sorta di invidia, nemmeno troppo malcelata, per chi i propri dogmi riesce a imporli con la forza bruta. Commenta Portillo: "Ma se i nostri leader politici fanno riferimento alla fede come guida politica, allora come ci distinguiamo dagli estremisti religiosi che provocano disastri nel mondo? Sembrerebbe innocuo 'trattare un po' di Dio' in un paese essenzialmente moderato come il nostro. Ma una volta che si afferma che Lui ci sta giudicando o dicendo quello che dobbiamo fare, non c'è più difesa logica contro qualcun altro che sostiene che il suo Dio gli ordina di far saltare in aria le discoteche o far volare un aereo in un edificio?" Il punto è proprio questo: il discorso religioso - Dio - deve semplicemente starsene fuori dall'agone politico e dalla vita legislativa. Lo stato deve essere neutro: per combattere i fondamentalismi, non si possono usare le stesse armi ideologiche dei fondamentalisti. Io spero solo che abbia ragione Portillo quando conclude: "Suppongo che gli storici guarderanno all'inizio del ventunesimo secolo con stupore. Come è stato possibile, si chiederanno, che l'uomo avesse nozioni scientifiche così profonde ma continuasse a restare legato con tanta tenacia ai suoi dèi? Perché i politici occidentali pensavano che 'trattare Dio' (anche solo un pochino) fosse un valore elettorale o strategico?". I cosiddetti "conservatori" di casa nostra devono fare ancora molta strada prima di potersi dire davvero laici e liberali.
Ci leggo un po' dell'influenza di Dawkins in quell'editoriale. Il che, sia chiaro, è un'ottima cosa.
Posted by: Nihil | 28/02/2007 at 16:13