Siamo soli e sempre più assediati, costretti in un angolo, obbligati a difenderci da attacchi provenienti da tutte le parti. Se critichiamo gli uni, esponiamo - apparentemente - il fianco agli altri. E viceversa. Né gli uni né gli altri sono in grado di comprendere che critichiamo esattamente la stessa cosa - anzi, la respingiamo - proprio perché è la stessa cosa, che pure si manifesta in modi diversi. Ma noi ne riconosciamo l'identica sostanza e lo diciamo, tentando di sfuggire all'aut aut di chi ci impone di scegliere tra due assurdità. Siamo soli, dicevo, e siamo in minoranza, perché siamo fedeli a un unico principio che vediamo bistrattato da entrambe le parti. Di questa solitudine, però, facciamo una forza, la forza della ragione - che non impone di "credere" a nulla, ma garantisce invece il diritto e la possibilità di analizzare tutto con i suoi strumenti, anche quando i risultati a cui arriviamo sono diversi da quelli che ci aspettavamo. Non dobbiamo credere a nulla a priori, perché per noi chi crede ha già rinunciato a pensare - a meno che per "pensare" non intenda lo sciacquarsi la bocca con dogmi non sottoposti all'esame critico o, addirittura, del tutto contrastanti con l'evidenza empirica derivante dalla nostra esperienza.
Di fronte alle vere e proprie idiozie che una religione come l'islam cerca di diffondere in maniera sempre più violenta e proterva anche da noi, c'è chi non si limita a smascherarne l'irrazionalità, ma invoca il recupero dell'altrettanto irrazionale dogmatismo della religione cristiana - qui in Italia nella sua variante cattolica. Non si rende conto - o non vuole rendersi conto - che i princìpi di quest'ultima non sono meno inverificabili di quelli della prima. Perché sarebbe più "razionale" o più "saggio" credere (o fingere di credere) in vere e proprie assurdità come la nascita di un uomo - che sarebbe anche dio - da una vergine, la resurrezione di un morto in via di putrefazione o la transustanziazione di pane e vino nel corpo e nel sangue di un uomo? Perché queste affermazioni dovrebbero avere un maggiore contenuto di "verità" rispetto alle credenze di altre superstizioni meno note? In che cosa si differenzia chi crede nella transustanziazione da chi crede che se si immola per Allah troverà settantadue vergini in paradiso ad accoglierlo? Chi ci guadagna in conoscenza e in giustizia se, per affossare le fole dell'islam, dobbiamo berci le fole altrettanto stupide del cristianesimo? D'altro canto c'è chi esercita costantemente una critica radicale del cattolicesimo - dei suoi riti, dei suoi dogmi e dei suoi officianti - ma poi chiude gli occhi sulla brutalità dell'islam. C'è chi condanna con la massima durezza il cattolicesimo e i suoi esponenti, ma poi diventa mite, cedevole e arrendevole quando sarebbe il momento di criticare, con la stessa durezza, l'islam e i suoi portavoce. E' anche lui un "laico" a corrente alternata, esattamente come chi per opporsi all'islam recupera il cristianesimo dalla pattumiera della storia, solo che in questo caso finge di non vedere la montante ondata musulmana, accusando magari di razzismo chi glielo fa notare e crogiolandosi in uno strumentale senso di colpa nei confronti del "buon selvaggio", che stavolta però tanto buono non è.
Io rivendico il diritto di dire no al cristianesimo senza per questo cedere di un millimetro ai vaneggiamenti e alle brutalità dell'islam e, allo stesso tempo, rivendico il diritto di dire no all'islam senza per questo cedere di un millimetro alla negazione dell'evidenza operata dal cristianesimo e dai suoi cantori, spacciata per "difesa dell'occidente". E il mio no ha la stessa radice in entrambi i casi: il rifiuto di "credere" ad affermazioni che vanno contro ogni evidenza e a princìpi che non siano stati sottoposti all'esame scientifico per essere confermati o smentiti. A questo si aggiunge il mio rifiuto di accettare l'estensione o l'imposizione di comportamenti o divieti basati su dogmi irrazionali e inverificabili: solo l'individuo deve poter scegliere per se stesso. Per quanto riguarda le mie convinzioni o la mia percezione della realtà, io sono sempre stato disposto (e lo sarò sempre) ad aggiustarle e modificarle ogni volta che mi si presentino delle prove convincenti. Prove cioè fondate sulla realtà e non su una presunta autorità religiosa.
Detto questo, non ho difficoltà ad ammettere che la brutalità e la violenza, oggi, stanno soprattutto dalla parte dell'islam. Tuttavia questo non accade per ragioni intrinseche a quella religione e assenti nel cristianesimo - volendo, la Bibbia contiene sufficienti spunti per chi volesse applicare una crudeltà e una spietatezza speculari -, ma perché nei paesi musulmani l'islam ha accesso diretto alla legislazione della sfera "civile" e "politica" e non si limita a tentare di "influenzarli", come fa invece la chiesa cattolica in Italia (e come fanno i vari gruppuscoli fondamentalisti cristiani negli Stati Uniti). La predisposizione alla brutalità religiosa è identica in tutti gli individui: l'islam - con il suo battente indottrinamento, favorito da un'assenza di dibattito pubblico e di critica diffusa nei paesi musulmani - è riuscito nella sua missione perversa di attivare questa caratteristica in coloro che ha sottomesso, tanto che le prime vittime dell'islam sono proprio coloro che ci credono davvero. Doppiamente vittime, perché non sanno nemmeno di esserlo. E' quindi una parete sottile quella che ci separa da loro: da noi il cristianesimo non agisce più direttamente nella sfera civile, anche se spesso ho l'impressione che le gerarchie ecclesiastiche provino una vera e propria invidia nei confronti dei più "fortunati" - dal loro punto di vista - paesi musulmani, dove i dogmi si impongono per legge e non c'è bisogno di tutto questo contrattare con le autorità politiche e, soprattutto, con l'opinione pubblica. Ma questa parete sottile non è stata eretta dalle autorità ecclesiastiche - questo dobbiamo ricordarlo sempre -, ma da coloro che si sono opposti alla loro pretesa di imporre la loro irrazionalità a tutti i cittadini.
Però c'è anche un altro aspetto che non si prende mai abbastanza in considerazione, ma che mi lascia ben sperare. In realtà, chi dice di credere, molto spesso non crede veramente, ma si limita a credere di credere. Ed è questa la nostra fortuna. Se interrogati sui dogmi del cattolicesimo, molti dei cosiddetti credenti verrebbero bocciati a un ipotetico esame di "fede", e non soltanto perché non li conoscono, ma perché - ne sono certo -, se messi alle strette, non ammetterebbero mai di credere davvero in dogmi che contrastano palesemente con l'evidenza dei fatti e con le conoscenze più elementari in ambito scientifico. Quale persona ragionevole è disposta a sottoscrivere sul serio il dogma della transustanziazione, per esempio, che è una delle più smaccate idiozie della religione cattolica? Ma se anche coloro che ancora si dichiarano credenti e cattolici non fossero mai disposti a confessare quello che in cuor loro non credono, c'è qualcos'altro che mi dà ragione in questa ipotesi: i loro comportamenti concreti. I loro comportamenti non soltanto in ambito etico - dove ormai quasi nessuno dà più retta ai precetti strampalati nel caso migliore, disumani nel caso peggiore, imposti dalla chiesa cattolica - ma anche i loro comportamenti quotidiani che rivelano una fiducia ben più solida nelle conquiste della ragione, della scienza e della tecnologia. Una fiducia solida che non richiede alcun atto di fede, poiché è la stessa esperienza quotidiana a confermarlo: accendere un interruttore, fare una telefonata con un telefono cellulare, assumere un medicinale dimostrano che, a conti fatti, gli uomini danno più fiducia al metodo scientifico e ai suoi misurabili successi. Il passo successivo, dunque, sarà di abbandonare l'ipotesi di dio, che non serve più a nulla. Ma prima di allora, come scrive Cioran, "Finché resterà in piedi anche solo un dio, il compito dell'uomo non sarà terminato" - e nemmeno il nostro compito di "atei luminosi".
infatti come c'è scritto da malvino “Oltre il 50% dei cattolici non è cattolico”, ed è verissimo.
bel post, un bel manifesto :)
Posted by: Yoshi | 01/12/2006 at 07:41
Bel post. Grazie. Una breve riflessione.
A dispetto del tuo ben sperare, ho l'impressione che negli ultimi anni, il sentimento religioso sia ancora più invadente nelle questioni pubbliche, politiche e sociali. Magari la fede dogmatica e la spiritualità del mondo cattolico è ai minimi storici, ma la presenza delle loro idee, più o meno rivelata, è diventata asfissiante. O è solo il colpo di coda della balena morente?
Posted by: laura | 01/12/2006 at 11:10
Magnifico post.
Soltanto un paio di note a margine.
La prima. Mi riconosco in parte nella posizione, che tu critichi fortemente, di quelle persone che attaccano il cristianesimo e poi sono (o quanto meno appaiono) più accomodanti con l’Islam. Il motivo, se posso provare a “giustificare” una posizione che appare contraddittoria, per cui posso sembrare più “morbido” nel criticare quella religione è dovuto al fatto che molte delle “critiche all’Islam” non mi sembra nascano da una vera conoscenza, da un esame di che cosa davvero l’Islam è, ma appaiono più essere delle manifestazioni di, come dire, “rifiuto del diverso”. Conseguentemente, mentre conoscendo bene il cristianesimo mi sento libero e tranquillo nell’attaccarlo e rifiutarlo nella maniera più ferma e radicale, sono molto cauto nel criticare l’Islam perché mi sento molto ignorante in materia, e ho paura se lo faccio di dire delle stupidaggini, anche se ovviamente sono fermissimo nell’oppormi a ogni prevaricazione e violenza e tentativo di negare quei principi di libertà che sono la sostanza della mia etica. Più di tutto voglio evitare di cadere nello schema dello “scontro di civiltà” perché ritengo che questo schema sia un modo profondamente sbagliato e fuorviante e pericoloso di “pensare” quello che sta accadendo, fondamentalmente perché in senso proprio le “civiltà” non esistono – non mi è mai capitato di incontrare una civiltà… “Piacere, Augie”, “Piacere, la Civiltà Occidentale” – e gli esseri umani non sono “occorrenze” di “civiltà” ma individui costituiti da una pluralità sempre mobile di identità/”pratiche” di identificazione. Anche l’islamico più “islamista” non è solo “Islam”, anche se magari nemmeno lui sa di essere anche altro rispetto a ciò che crede di essere. Non si tratta quindi di non criticare l’Islam, ma si tratta di criticarlo sensatamente, con cognizione di causa. Per questa ragione ciò che davvero sarebbe auspicabile è che la critica all’Islam nascesse all’interno del mondo islamico stesso. Dovremmo allora ascoltare molto di più, e aiutare, quelle persone che muovono critica all’Islam dall’interno di quel mondo, piuttosto che pensare quel mondo come una totalità compatta da rifiutare indiferenziatamente.
Seconda. Sono molto sensibile all’argomento secondo cui i cristiani più che “veramente credere” “credono di credere”, tema ampiamente trattato in quel libro di Ferraris che ti segnalavo in un commento a un tuo precedente post. E’ infatti vero che i cristiani non credono davvero negli assurdi dogmi del loro Credo (“quanti tra quelli che si dichiarano cristiani credono nella Resurrezione? Si direbbe che tantissimi credenti considerino la resurrezione un mito edificante, o non ci pensino affatto, e che non sperino più di tanto nell’aldilà, come è evidente se si presta attenzione a quanto siamo accaniti nelle lotte per vivere a lungo nell’aldiquà, anche sopportando restrizioni e diete che, se solo ci fosse qualche speranza sull’aldilà, sarebbero buttate a mare insieme alle cyclette.”). Qualcosa però di molto concreto e poco mistico in cui almeno i cattolici credono (per restringere il campo alla nostra situazione) ahimè c’è, ed è il Papa. I cattolici non credono davvero nella resurrezione della carne, non credono davvero che la Madonna sia stata assunta in cielo col corpo ecc, però nel Papa ci credono, e ci credono davvero. Che effetti abbia sulla vita pubblica italiana questa vera credenza professata da milioni di persone è sotto gli occhi di tutti.
C’è forse da essere meno ottimisti di quanto tu dici di essere.
Posted by: augie | 01/12/2006 at 11:16
Non so dirlo con certezza, ma la mia sensazione è che, almeno qui, si creda di credere più che *credere* veramente e che sia questo aspetto a essersi rafforzato, mentre d'altro canto la "fede estrema" - sempre più marginale, per quanto riguarda il cattolicesimo - è sempre più rabbiosa ma meno consistente, dal punto di vista della realtà.
Diverso il discorso per l'islam, che rappresenta davvero un pericolo. Non ce ne accorgiamo finché sono in minoranza, ma il rischio c'è: molti di loro credono davvero, al di fuori di ogni richiamo alla ragione.
Posted by: stefano | 01/12/2006 at 11:18
@ augie: Che ogni individuo sia anche altro rispetto alla fede religiosa che dichiara di praticare mi pare una cosa scontata, al limite dell'ovvietà (per non dire della banalità). Tuttavia continuo a non vedere perché dobbiamo fare questo sconto agli islamici e non ai cattolici, a questo punto.
Bisogna riconoscere che la nostra *rabbia* nei confronti del cristianesimo deriva anche dal fatto che ci siamo cresciuti dentro e quindi ne conosciamo i meccanismi, perché ne siamo stati vittime. E' per questo che occorre uno sforzo d'immaginazione per capire quanto più spietata è l'oppressione operata dall'islam. Io faccio, per me, un paragone: l'islam oggi è come il cristianesimo seicento anni fa.
Non credo di dover conoscere ogni singolo precetto islamico: il Corano, esattamente come la Bibbia, contiene tutto e il contrario di tutto. Volendo, basandosi su di esso, uno può dire che l'islam è la religione della pace o che è la religione del "jihad", della guerra contro gli infedeli. E infatti loro lo fanno, a seconda dell'interlocutore con cui hanno a che fare.
Le disquisizioni dottrinali non m'interessano, insomma. Non vedo perché dare più credito alle fole islamiche rispetto a quelle cristiane. Quello che m'interessa è l'aspetto *politico*, che non voglio tacere per un malinteso senso di correttezza politica, che equivarrebbe a un suicidio vero e proprio. E per comprendere questo basta leggere le loro dichiarazioni riguardo alla "conquista" dell'occidente (e alla sua relativa islamizzazione): la fedeltà che l'islam impone ai suoi sottoposti è innanzitutto alle leggi dell'islam e non alle leggi secolari dei vari stati. Questo è l'obiettivo primario. Oh, questo lo dicono loro, ormai neanche troppo velatamente.
Io ti invito a applicare alle posizioni dell'islam la stessa critica corrosiva che applichi al cattolicesimo, senza fare sconti, senza preoccuparti delle accuse di razzismo, che in questo caso sono assolutamente strumentali.
Per le singole persone - a qualunque religione dichiarino di appartenere - io credo si debba conquistare "i loro cuori e le loro menti" alla libertà di pensiero e di critica.
Posted by: stefano | 01/12/2006 at 11:28
Potresti spiegarmi meglio come stanno insieme Cioran e tutto il discorso sulla ragione, la scienza, il progresso, ecc.? Il compito dell'uomo di cui parla Cioran è volto alla razionalizzazione e al progresso?
Posted by: myskin | 01/12/2006 at 12:39
Siccome è una domanda provocatoria, ti rispondo che uso la citazione di Cioran come un pretesto, ovvero come un incitamento alla "sovversione" contro il pensiero religioso. (So benissimo, senza che tu vi alluda, che Cioran non era un razionalista e un progressista. Però io non brandisco Cioran come i teofori la Bibbia o il Corano o i credenti a qualsiasi altra ideologia i loro testi "sacri").
Posted by: stefano | 01/12/2006 at 12:44
Sì, intendevo provocarti, ma non certo per farti incazzare o per fare quello che la sa più lunga (ti leggo abbastanza per sapere che su Cioran ne sai sicuramente più di me). In ogni caso mi incuriosisce (al di là del discorso sulla religione) come tu, come persona e indipendentemente dalle questioni teoriche, possa fare convivere la passione per Cioran con una posizione politica di stampo razionalista e liberale. Faccio fatica a tenere insieme i tuoi post sul disgusto di vivere con quelli sulla democrazia occidentale come migliore (o "meno peggiore") dei mondi possibili. Forse le due cose possono venire separate ed essere considerate indipendentemente l'una dall'altra, non so, diciamo che mi interessa questa dialettica di fondo, ma mi sembra (però non ho letto proprio tutti tutti i tuoi post) che tu non l'abbia mai tematizzata direttamente [tra parentesi (quadre), e a scanso di equivoci: sia chiaro che NON ti sto accusando di contraddirti]. E mi interessa perché credo riguardi anche me, beh, potrei anche dire "noi", ma forse ormai è meglio astenersi dalla prima persona plurale. Tutto qui, ciao.
Posted by: myskin | 01/12/2006 at 14:53
Be', in un certo senso ti ho già risposto - e non mi sono incazzato, ma capisco la domanda - dicendoti che io posso leggere anche scrittori lontani dalle mie posizioni politiche appunto perché non li tratto come testi sacri né come trasmettitori di "verità". Cioran, invece, esprime un sentire sull'esistenza che, a tratti, è vicino al mio. Ma si tratta, appunto di percezione personale delle cose e non certamente di programma politico o di descrizione oggettiva della realtà. Avresti, per inciso, potuto menzionare anche Thomas Bernhard o Gerard Reve, neppure loro razionalisti e - nel caso del secondo - persino dichiaratamente cattolico. Oppure Christa Wolf che, almeno fino a un certo punto della sua vita, è stata orgogliosamente comunista.
Posted by: stefano | 01/12/2006 at 15:03
A scanso di equivoci: io mi auguro che all’Islam vengano mosse le critiche più radicali, ma sono convinto che queste critiche saranno veramente dissolutive e non meramente polemiche quando finalmente nasceranno dall’interno del mondo islamico stesso. Non potranno, insomma, che essere gli islamici a fare sulla propria cultura quel lavoro, faticosissimo, che altrove altri hanno fatto sulle proprie radici culturali. Un “attacco frontale” all’Islam che non sia accompagnato da un ascolto il più possibile attento a quelle voci che dall’interno del mondo islamico criticano, anche in maniera che può apparirci troppo moderata e quindi per noi insoddisfacente, gli aspetti più liberticidi di quel mondo mi pare ricada nello schema pestifero dello “scontro di civiltà”. E mi chiedo se facciamo il possibile per ascoltarle, quelle voci, o se invece le lasciamo inascoltate, più interessati a rinserrarci nel fronte del “noi”. Perché, vedi, io nell’”attacco all’Islam” vedo anche tante cose che mi ripugnano: l’ideologia “occidentalistica” dei teo-con, la retorica guerrafondaia sugli “stati canaglia”…
Tutto questo fatto salvo, ovviamente, la difesa più intransigente dei principi di libertà che siamo arrivati a riconoscere come il senso stesso del nostro vivere. Io il culo, insomma, voglio continuare a darlo via come e quando mi pare, che piaccia o no a chicchessia, islamici compresi, fondamentalisti o moderati che siano.
Posted by: augie | 01/12/2006 at 16:27
Sono d'accordo sul sostegno che va dato agli oppositori interni all'islam. Il punto, Augie, è che di questi oppositori io ne vedo pochi - qualcuno c'è: si veda il sito degli "apostates of islam" - e mi sembrano assolutamente marginali. Domanda perfida: e se nel frattempo, mentre noi aspettiamo che questa opposizione interna aumenti, le frange estremistiche acquistano sempre più potere, che cosa facciamo? Ce ne restiamo calmi a disquisire facendoci tagliare la gola? Il pericolo a me pare reale, oggi.
Posted by: stefano | 01/12/2006 at 16:37
Intervengo solo per riportare un pensiero - tratto dai Cahiers - di Coran, che a mio avviso riflette più correttamente la sua posizione in materia.
"L'ateismo aggressivo mi è sempre parso odioso quanto l'intolleranza religiosa. D'altronde non è altro che una religione alla rovescia. Le Chiese e le anti-Chiese sono egualmente sospette, e generano lo stesso tipo di calamità. Non si dovrebbe essere a favore di un dio né contro alcun dio. Ogni presa di posizione in materia è di cattivo gusto. E questo è il meno che si possa dire."
Da credente aconfessionale, ho sempre trovato sia nelle varie chiese che nell'ateismo una comune radice partigiana e violenta.
Posted by: law | 01/12/2006 at 17:00
E' la teoria dell'equivicinanza applicata alla religione, insomma. Mi spiace: io scelgo ciò che è più probabile e ha dalla sua parte più evidenza e più prove. Tutto qui. Quanto alla violenza, io non ho mai torto un capello a nessuno, pensa un po', e non mi risulta che ci siano mai state sommosse provocate o fomentate dagli atei. Quelle fomentate dai religiosi, invece, si sprecano - specie oggi e specie in certe aree del globo.
Posted by: stefano | 01/12/2006 at 17:11
L'ateismo giacobino oppure quello di matrice comunista hanno negato violentemente le religioni.
"Quelle fomentate dai religiosi, invece, si sprecano - specie oggi e specie in certe aree del globo."
Gli uomini usano spesso le religioni solo come un pretesto per guerre e scontri dalle motivazioni ben poco spirituali.
Posted by: law | 01/12/2006 at 17:25
Ho già risposto nel post successivo, riguardo all'implicita accusa di "giacobinismo".
Il "jihad" è una guerra prettamente religiosa. Più religiosa di così si muore, tanto per fare una battuta.
Posted by: stefano | 01/12/2006 at 17:30
Ottimo articolo! Mi riconosco al 100%!
Posted by: Gio | 01/12/2006 at 21:23
Rimango sempre molto perplesso dalla perentorietà dei tuoi interventi in materia di ateismo e religioni. Non mi disturba affatto che una persona sia ateista. Mi secca la tendenza di molti ateisti a ritenersi più intelligenti e razionali in quanto ateisti, e a ritenere per converso coloro che ritengono di professare una fede religiosa (cioè, che "dicono di credere") qualcosa di simile a dei deboli mentali. Mi è capitato più di una volta di imbattermi in questi atteggiamenti, ed è senz'altro nel diritto di ciascuno ritenersi più acuto e perspicace degli altri. Ad ogni modo faccio due osservazioni "laterali" e una domanda.
Prima osservazione: è senz'altro vero che, se si facesse un esame di teologia, molti cattolici dimostrerebbero di conoscere in maniera imperfetta il "contenuto" della loro fede. Tuttavia questo non dimostra granché, perché non sono sicuro che l'essenza della "fede" consista nel considerare vere o false una serie di proposizioni; e, d'altra parte, avrei qualche dubbio anche circa il livello di conoscenza di chi critica (me compreso).
Seconda osservazione: l'istanza sul senso della propria vita (e della propria morte) è radicalmente diversa da quelle che possono essere risolte accendendo un interruttore. Queste non sono domande scientifiche ma filosofiche ed esistenziali, alle quali non credo esista, né possa esistere, una risposta dettata né dalla tecnologia, né dalla scienza, indipendentemente dal livello di sviluppo dell'una o dell'altra.
Quelle delle religioni sono risposte false? Forse. Di certo sono ipotesi, più o meno semplici, più o meno articolate o complesse, magari strampalate quanto si vuole, non verificate e non verificabili se non sulla propria pelle; ma dal fatto che non siano verificabili (né falsificabili) non ne discende automaticamente la falsità.
Domanda: che cosa "illumina" l'ateismo come l'intendi tu?
PS La cosa paradossale è che fino a qualche tempo fa molte delle cose che scrivi tu le pensavo anch'io.
Posted by: Matthäi | 02/12/2006 at 02:54
"Di certo sono ipotesi": no, quelle scientifiche sono ipotesi. Quelle religiose sono fantasie. A meno che, ora, qualsiasi fantasia possa essere trattata alla stregua di ipotesi.
A me sembra un dialogo tra sordi. Ne scriverò ancora.
L'ateismo "illumina" che nel senso che, non accettando il dogma teistico a priori, lascia il campo libero a qualsiasi ricerca, a qualsiasi ipotesi (cioè a qualsiasi teoria verificabile e smentibile), e a un avvicinarsi progressivo verso la verità (da non leggersi come "Verità").
Se mi dici che poi uno, soggettivamente, ha bisogno della religione e di dio, per qualsiasi motivo suo personale (che ne so: consolazione), be', ti dico che questo non rende né l'una né l'altra più vera. Io posso sentirmi meglio se penso a un "amico virtuale" che mi sono inventato io, ma questo non lo rende esistente.
La certezza assoluta non si può avere su niente, ma io mi metto dalla parte di ciò che è più probabile, cioè della non esistenza di dio.
Sui dogmi che molti non conoscerebbero: be', la religione cattolica (le altre non saprei) prevede che li si accettino. Se non li accetti - se non accetti l'infallibilità del papa quando parla ex-cathedra, l'immacolata concezione, la transustanziazione etc. etc. - non sei cattolico.
Posted by: stefano | 02/12/2006 at 09:45
Ciao Matthai,
condivido con Stefano il rifiuto di definire un principio religioso come "ipotesi". Mi pare infatti che l'ipotesi sia tale solo quando presupponga ad un'analisi conoscitiva che possa portare ad una sua dimostrazione (o alla dimostrazione della sua falsità). Nel momento stesso in cui una religione ammetta l'indimostrabilità di Dio per mezzi logici, cade la possibilità di definire "ipotesi" esistenziali che a quella religione stessa si ispirino.
Mi pare poi anche che il concetto di verità o falsità dei principi religiosi sia poi altamente discutibile, da un punto di vista gnoseologico. Un'affermazione sull'esistenza di Dio ha, in assenza di dimostrazioni, la stessa verità di un'affermazione sulla presenza di asini volanti. Entrambe sono postulati, e come tali non dimostrabili secondo normali criteri di verificabilità sensoriale o logica (infatti, affermare un principio di creazione è in fisica altrettanto assurdo quanto statuire in biologia la presenza di asini volanti).
E certamente, nessuno impedisce di basare una religione sull'esistenza di asini volanti o di postulare leggi etiche sul significato della loro presenza.
Ne consegue, a mio parere, che stabilire la verità o la falsità di un concetto (così inteso) sia completamente impossibile, e pertanto porti ad invalidare la portata stessa del significato di verità.
Se invece basiamo il nostro concetto di verità sul mondo fisico, sensoriale e logico (ovvero definiamo verità ciò che è dimostrabile per esperienze ripetibili), mi pare che sia inammissibile riferirsi ad ogni genere di principio religioso come "vero".
E d'altronde, se è vero che possiamo dimostrare solo ciò che è misurabile rispetto alla nostra entità di esseri fisici, ha persino un senso parlare di verità basate su criteri metafisici?
Se la misura è, come mi sembra, confronto fra due entità, non dovrebbe una qualunque misura di verità applicabile ad enti fisici (come gli uomini, appunto) essere basata solo su di essi?
Permettimi di dire che credo esistano elementi probanti per stabilire, a fronte di una definizione operativa di verità, che l'esistenza di Dio sia da ritenere decisamente falsa, almeno quanto quella di asini volanti.
In finale, concordo ancora pienamente con Stefano che definirsi cattolici non equivalga strettamente ad una professione di fede in Gesù Cristo. A mio parere, non credere nei dogmi stabiliti dalla religione cattolica rende automaticamente protestanti rispetto alla stessa. L'Italia è senza dubbio un paese a maggioranza protestante, con una ristrettissima minoranza di cattolici. L'unico problema risiede apparentemente in una presa di coscienza delle proprie posizioni rispetto a quelle ufficiali del cattolicesimo, anche di fronte ad una tradizione millenaria che accosta il cristianesimo italiano al cattolicesimo, e che pochi credenti hanno veri interessi a trasgredire pubblicamente.
Sarò lieto di ricevere una tua risposta su questi punti, se ne avrai voglia.
Complimenti a Stefano per il post. Aggiungerò il sito tra i miei favoriti.
Marco
Posted by: marco | 02/12/2006 at 12:58
E a cosa dovrei rispondere?
Voi non vi limitate ad esprimere opinioni, ma ritenete che le vostre opinioni vi diano il diritto di stabilire in quali termini si debba parlare dell'oggetto di una discussione.
Non potete che darvi, tautologicamente, ragione.
Posted by: Matthäi | 02/12/2006 at 14:01
Grazie a marco, ma grazie anche a Matthaei che - magari non volendolo del tutto - mi fornisce nuovi spunti di riflessione.
Posted by: stefano | 02/12/2006 at 14:18
Ciao Matthaei (perdonami, non avevo visto l'umlaut),
concordo in pieno col post di Stefano, ma tutt'altro che tautologicamente, direi. L'intenzione del mio intervento era quella di intavolare un interessante dibattito, ovviamente riportando opinioni e riflessioni personali e cimentandole al giudizio di chi possa dissentirne.
Più che stabilire i termini in cui si debba discutere di un argomento, sono interessato a sapere in che termini possiamo discutere di entità metafisiche essendo individui fisici.
Mi sembra che, indipendentemente da tutto, il basare una religione su una serie di verità rivelate (da chi e in quali circostanze, poi, è ulteriore materia di dibattito) ma non dimostrabili secondo i normali criteri logici, non la ponga, anche eticamente, al di sopra di favolette.
E mi piacerebbe imbattermi in qualcosa di più "evoluto" (e mi riferisco ad un'evoluzione meramente filosofica in questo caso) come riferimento concettuale per domande esistenziali così importanti come quelle da te citate.
Posso convenire che il principio ultimo di una conoscenza è necessariamente dogmatico (chi si rifà al metodo scientifico indubbiamente "crede" alla ripetibilità dell'esperimento come criterio di validazione per lo stesso e "crede" al principio statistico come discriminante di verità).
Ma avverto due differenze importanti tra questo principio e lo statuto di una religione monoteistica:
1. l'ammisione intrinseca di fallibilità del metodo (intesa alla Popper), che la scienza ha e che la religione mi pare che neghi nei suoi principi di infallibilità;
2. la coerenza con la sensorialità e la razionalità su cui la nostra stessa vita mi sembra impostata.
Non credi che trovare un senso ad una vita fisica in qualcosa che non è compatibile alla fisicità stessa sia in effetti una soluzione etica almeno un po' deludente?
Io, personalmente, mi sento di rovesciare la scommessa di Pascal. Preferisco pensare al senso della mia vita (ammesso che uno ne esista) in termini di collaborazione fattiva con la mia specie, e indipendentemente da ricompense o castighi, piuttosto che basare la mia vita stessa su un senso di completo assoggettamento ad un'entita' silenziosa, inafferrabile e incomprensibile, nei confronti dei quali dovrei stabilire un rapporto quasi "commerciale" di parole, opere ed omissioni al fine di ottenerne un possibile premio (o, peggio, per evitare dolorose conseguenze) al fine della vita stessa.
Russell diceva che la concezione di un siffatto Dio deriva dall'antico despotismo orientale, ed è una nozione indegna di uomini liberi. Personalmente (e forse, per te, tautologicamente) mi sembra di poter sottoscrivere a pieno queste parole.
Non è mia intenzione essere offensivo, e spero che nessuno si risenta di queste mie opinioni. Sarò lieto di ricevere qualunque feedback in proposito.
Marco
Posted by: marco | 02/12/2006 at 15:23
Ma di cosa dovrei dibattere?
In ultima analisi, o si crede o non si crede. Nel momento in cui chi non crede afferma che chi crede, per il fatto stesso di credere, crede in una "fantasia", è irrazionale, ha bisogno di consolarsi, insomma è un mezzo scemo, di cosa c'è da discutere? Se sia scemo per metà, per un quarto o per tre quarti? Io dovrei accettare di fare la parte del cretino bigotto per permettere a voi di recitare la parte delle persone intelligenti, aperte e acculturate? No grazie.
Per me le "fantasie" non sono un argomento interessante di discussione; il senso della propria vita e della propria morte magari sì. Ma siccome io sono religioso (non importa di quale religione, tanto sono tutte panzane e l'una vale l'altra) sono, per definizione, obnubilato, e la libera ricerca spetta, ancora una volta per definizione, a voi ateisti; perché, com'è noto, il dogmatismo è esclusiva, per definizione, di chi è religioso e quindi, in quanto tale, per definizione abdica alla propria razionalità per sguazzare in un mare di superstizione.
A me non interessa, preferisco parlare d'altro.
E, tanto per essere precisi, io non sono "offeso" da questo modo di ragionare. Mi sono rotto i coglioni di gente che pretende neanche di non essere, ma neanche di sentirsi mai "offesa".
PS Per favore non mi si ribatta che l'etimologia della parola "religione" è "superstizione": lo so già.
Posted by: Matthäi | 02/12/2006 at 16:26
Ciao Matthaei,
mi spiace leggere la tua interpretazione del mio messaggio in questa chiave.
Non posso parlare per conto di altri, ma la mia intenzione era, in effetti, quella di cercare onestamente di capire quali percorsi portino a risolvere certi dilemmi esistenziali con una risposta di fede.
Non amo il proselitismo, nè tantomeno il dibattito a senso unico o il gioco pseudointellettuale di mettere l'interlocutore in cattiva luce, soprattutto perché considero tutte queste opzioni come atti inutili di violenza. Così come ritengo violento ed inutile presumere il pensiero altrui.
Come te, anch'io ritengo importante porsi domande sul significato della propria esistenza. A differenza di te, mi sono dato risposte personali di altra natura. Nonostante sia sereno nel mio ateismo, credo che ci sia sempre da imparare dagli altri e amo discutere di questi temi, in particolare con chi ha soluzioni diverse dalle mie, particolarmente con chi si dimostra aperto al dialogo intellettualmente onesto.
Dici che non sei interessato a discutere delle tue scelte. Ne prendo atto. Buona serata e grazie.
Marco
Posted by: marco | 02/12/2006 at 21:57