Le infamie di ieri

Manifesto per l'eguaglianza dei diritti

Supporting Israel


Become a Fan

« Liberi di scegliere | Main | Religione, ateismo e libertà di parola »

01/12/2006

Comments

Yoshi

infatti come c'è scritto da malvino “Oltre il 50% dei cattolici non è cattolico”, ed è verissimo.

bel post, un bel manifesto :)

laura

Bel post. Grazie. Una breve riflessione.
A dispetto del tuo ben sperare, ho l'impressione che negli ultimi anni, il sentimento religioso sia ancora più invadente nelle questioni pubbliche, politiche e sociali. Magari la fede dogmatica e la spiritualità del mondo cattolico è ai minimi storici, ma la presenza delle loro idee, più o meno rivelata, è diventata asfissiante. O è solo il colpo di coda della balena morente?

augie

Magnifico post.
Soltanto un paio di note a margine.
La prima. Mi riconosco in parte nella posizione, che tu critichi fortemente, di quelle persone che attaccano il cristianesimo e poi sono (o quanto meno appaiono) più accomodanti con l’Islam. Il motivo, se posso provare a “giustificare” una posizione che appare contraddittoria, per cui posso sembrare più “morbido” nel criticare quella religione è dovuto al fatto che molte delle “critiche all’Islam” non mi sembra nascano da una vera conoscenza, da un esame di che cosa davvero l’Islam è, ma appaiono più essere delle manifestazioni di, come dire, “rifiuto del diverso”. Conseguentemente, mentre conoscendo bene il cristianesimo mi sento libero e tranquillo nell’attaccarlo e rifiutarlo nella maniera più ferma e radicale, sono molto cauto nel criticare l’Islam perché mi sento molto ignorante in materia, e ho paura se lo faccio di dire delle stupidaggini, anche se ovviamente sono fermissimo nell’oppormi a ogni prevaricazione e violenza e tentativo di negare quei principi di libertà che sono la sostanza della mia etica. Più di tutto voglio evitare di cadere nello schema dello “scontro di civiltà” perché ritengo che questo schema sia un modo profondamente sbagliato e fuorviante e pericoloso di “pensare” quello che sta accadendo, fondamentalmente perché in senso proprio le “civiltà” non esistono – non mi è mai capitato di incontrare una civiltà… “Piacere, Augie”, “Piacere, la Civiltà Occidentale” – e gli esseri umani non sono “occorrenze” di “civiltà” ma individui costituiti da una pluralità sempre mobile di identità/”pratiche” di identificazione. Anche l’islamico più “islamista” non è solo “Islam”, anche se magari nemmeno lui sa di essere anche altro rispetto a ciò che crede di essere. Non si tratta quindi di non criticare l’Islam, ma si tratta di criticarlo sensatamente, con cognizione di causa. Per questa ragione ciò che davvero sarebbe auspicabile è che la critica all’Islam nascesse all’interno del mondo islamico stesso. Dovremmo allora ascoltare molto di più, e aiutare, quelle persone che muovono critica all’Islam dall’interno di quel mondo, piuttosto che pensare quel mondo come una totalità compatta da rifiutare indiferenziatamente.
Seconda. Sono molto sensibile all’argomento secondo cui i cristiani più che “veramente credere” “credono di credere”, tema ampiamente trattato in quel libro di Ferraris che ti segnalavo in un commento a un tuo precedente post. E’ infatti vero che i cristiani non credono davvero negli assurdi dogmi del loro Credo (“quanti tra quelli che si dichiarano cristiani credono nella Resurrezione? Si direbbe che tantissimi credenti considerino la resurrezione un mito edificante, o non ci pensino affatto, e che non sperino più di tanto nell’aldilà, come è evidente se si presta attenzione a quanto siamo accaniti nelle lotte per vivere a lungo nell’aldiquà, anche sopportando restrizioni e diete che, se solo ci fosse qualche speranza sull’aldilà, sarebbero buttate a mare insieme alle cyclette.”). Qualcosa però di molto concreto e poco mistico in cui almeno i cattolici credono (per restringere il campo alla nostra situazione) ahimè c’è, ed è il Papa. I cattolici non credono davvero nella resurrezione della carne, non credono davvero che la Madonna sia stata assunta in cielo col corpo ecc, però nel Papa ci credono, e ci credono davvero. Che effetti abbia sulla vita pubblica italiana questa vera credenza professata da milioni di persone è sotto gli occhi di tutti.
C’è forse da essere meno ottimisti di quanto tu dici di essere.

stefano

Non so dirlo con certezza, ma la mia sensazione è che, almeno qui, si creda di credere più che *credere* veramente e che sia questo aspetto a essersi rafforzato, mentre d'altro canto la "fede estrema" - sempre più marginale, per quanto riguarda il cattolicesimo - è sempre più rabbiosa ma meno consistente, dal punto di vista della realtà.
Diverso il discorso per l'islam, che rappresenta davvero un pericolo. Non ce ne accorgiamo finché sono in minoranza, ma il rischio c'è: molti di loro credono davvero, al di fuori di ogni richiamo alla ragione.

stefano

@ augie: Che ogni individuo sia anche altro rispetto alla fede religiosa che dichiara di praticare mi pare una cosa scontata, al limite dell'ovvietà (per non dire della banalità). Tuttavia continuo a non vedere perché dobbiamo fare questo sconto agli islamici e non ai cattolici, a questo punto.
Bisogna riconoscere che la nostra *rabbia* nei confronti del cristianesimo deriva anche dal fatto che ci siamo cresciuti dentro e quindi ne conosciamo i meccanismi, perché ne siamo stati vittime. E' per questo che occorre uno sforzo d'immaginazione per capire quanto più spietata è l'oppressione operata dall'islam. Io faccio, per me, un paragone: l'islam oggi è come il cristianesimo seicento anni fa.
Non credo di dover conoscere ogni singolo precetto islamico: il Corano, esattamente come la Bibbia, contiene tutto e il contrario di tutto. Volendo, basandosi su di esso, uno può dire che l'islam è la religione della pace o che è la religione del "jihad", della guerra contro gli infedeli. E infatti loro lo fanno, a seconda dell'interlocutore con cui hanno a che fare.
Le disquisizioni dottrinali non m'interessano, insomma. Non vedo perché dare più credito alle fole islamiche rispetto a quelle cristiane. Quello che m'interessa è l'aspetto *politico*, che non voglio tacere per un malinteso senso di correttezza politica, che equivarrebbe a un suicidio vero e proprio. E per comprendere questo basta leggere le loro dichiarazioni riguardo alla "conquista" dell'occidente (e alla sua relativa islamizzazione): la fedeltà che l'islam impone ai suoi sottoposti è innanzitutto alle leggi dell'islam e non alle leggi secolari dei vari stati. Questo è l'obiettivo primario. Oh, questo lo dicono loro, ormai neanche troppo velatamente.
Io ti invito a applicare alle posizioni dell'islam la stessa critica corrosiva che applichi al cattolicesimo, senza fare sconti, senza preoccuparti delle accuse di razzismo, che in questo caso sono assolutamente strumentali.
Per le singole persone - a qualunque religione dichiarino di appartenere - io credo si debba conquistare "i loro cuori e le loro menti" alla libertà di pensiero e di critica.

myskin

Potresti spiegarmi meglio come stanno insieme Cioran e tutto il discorso sulla ragione, la scienza, il progresso, ecc.? Il compito dell'uomo di cui parla Cioran è volto alla razionalizzazione e al progresso?

stefano

Siccome è una domanda provocatoria, ti rispondo che uso la citazione di Cioran come un pretesto, ovvero come un incitamento alla "sovversione" contro il pensiero religioso. (So benissimo, senza che tu vi alluda, che Cioran non era un razionalista e un progressista. Però io non brandisco Cioran come i teofori la Bibbia o il Corano o i credenti a qualsiasi altra ideologia i loro testi "sacri").

myskin

Sì, intendevo provocarti, ma non certo per farti incazzare o per fare quello che la sa più lunga (ti leggo abbastanza per sapere che su Cioran ne sai sicuramente più di me). In ogni caso mi incuriosisce (al di là del discorso sulla religione) come tu, come persona e indipendentemente dalle questioni teoriche, possa fare convivere la passione per Cioran con una posizione politica di stampo razionalista e liberale. Faccio fatica a tenere insieme i tuoi post sul disgusto di vivere con quelli sulla democrazia occidentale come migliore (o "meno peggiore") dei mondi possibili. Forse le due cose possono venire separate ed essere considerate indipendentemente l'una dall'altra, non so, diciamo che mi interessa questa dialettica di fondo, ma mi sembra (però non ho letto proprio tutti tutti i tuoi post) che tu non l'abbia mai tematizzata direttamente [tra parentesi (quadre), e a scanso di equivoci: sia chiaro che NON ti sto accusando di contraddirti]. E mi interessa perché credo riguardi anche me, beh, potrei anche dire "noi", ma forse ormai è meglio astenersi dalla prima persona plurale. Tutto qui, ciao.

stefano

Be', in un certo senso ti ho già risposto - e non mi sono incazzato, ma capisco la domanda - dicendoti che io posso leggere anche scrittori lontani dalle mie posizioni politiche appunto perché non li tratto come testi sacri né come trasmettitori di "verità". Cioran, invece, esprime un sentire sull'esistenza che, a tratti, è vicino al mio. Ma si tratta, appunto di percezione personale delle cose e non certamente di programma politico o di descrizione oggettiva della realtà. Avresti, per inciso, potuto menzionare anche Thomas Bernhard o Gerard Reve, neppure loro razionalisti e - nel caso del secondo - persino dichiaratamente cattolico. Oppure Christa Wolf che, almeno fino a un certo punto della sua vita, è stata orgogliosamente comunista.

augie

A scanso di equivoci: io mi auguro che all’Islam vengano mosse le critiche più radicali, ma sono convinto che queste critiche saranno veramente dissolutive e non meramente polemiche quando finalmente nasceranno dall’interno del mondo islamico stesso. Non potranno, insomma, che essere gli islamici a fare sulla propria cultura quel lavoro, faticosissimo, che altrove altri hanno fatto sulle proprie radici culturali. Un “attacco frontale” all’Islam che non sia accompagnato da un ascolto il più possibile attento a quelle voci che dall’interno del mondo islamico criticano, anche in maniera che può apparirci troppo moderata e quindi per noi insoddisfacente, gli aspetti più liberticidi di quel mondo mi pare ricada nello schema pestifero dello “scontro di civiltà”. E mi chiedo se facciamo il possibile per ascoltarle, quelle voci, o se invece le lasciamo inascoltate, più interessati a rinserrarci nel fronte del “noi”. Perché, vedi, io nell’”attacco all’Islam” vedo anche tante cose che mi ripugnano: l’ideologia “occidentalistica” dei teo-con, la retorica guerrafondaia sugli “stati canaglia”…
Tutto questo fatto salvo, ovviamente, la difesa più intransigente dei principi di libertà che siamo arrivati a riconoscere come il senso stesso del nostro vivere. Io il culo, insomma, voglio continuare a darlo via come e quando mi pare, che piaccia o no a chicchessia, islamici compresi, fondamentalisti o moderati che siano.

stefano

Sono d'accordo sul sostegno che va dato agli oppositori interni all'islam. Il punto, Augie, è che di questi oppositori io ne vedo pochi - qualcuno c'è: si veda il sito degli "apostates of islam" - e mi sembrano assolutamente marginali. Domanda perfida: e se nel frattempo, mentre noi aspettiamo che questa opposizione interna aumenti, le frange estremistiche acquistano sempre più potere, che cosa facciamo? Ce ne restiamo calmi a disquisire facendoci tagliare la gola? Il pericolo a me pare reale, oggi.

law

Intervengo solo per riportare un pensiero - tratto dai Cahiers - di Coran, che a mio avviso riflette più correttamente la sua posizione in materia.
"L'ateismo aggressivo mi è sempre parso odioso quanto l'intolleranza religiosa. D'altronde non è altro che una religione alla rovescia. Le Chiese e le anti-Chiese sono egualmente sospette, e generano lo stesso tipo di calamità. Non si dovrebbe essere a favore di un dio né contro alcun dio. Ogni presa di posizione in materia è di cattivo gusto. E questo è il meno che si possa dire."
Da credente aconfessionale, ho sempre trovato sia nelle varie chiese che nell'ateismo una comune radice partigiana e violenta.

stefano

E' la teoria dell'equivicinanza applicata alla religione, insomma. Mi spiace: io scelgo ciò che è più probabile e ha dalla sua parte più evidenza e più prove. Tutto qui. Quanto alla violenza, io non ho mai torto un capello a nessuno, pensa un po', e non mi risulta che ci siano mai state sommosse provocate o fomentate dagli atei. Quelle fomentate dai religiosi, invece, si sprecano - specie oggi e specie in certe aree del globo.

law

L'ateismo giacobino oppure quello di matrice comunista hanno negato violentemente le religioni.
"Quelle fomentate dai religiosi, invece, si sprecano - specie oggi e specie in certe aree del globo."
Gli uomini usano spesso le religioni solo come un pretesto per guerre e scontri dalle motivazioni ben poco spirituali.

stefano

Ho già risposto nel post successivo, riguardo all'implicita accusa di "giacobinismo".
Il "jihad" è una guerra prettamente religiosa. Più religiosa di così si muore, tanto per fare una battuta.

Gio

Ottimo articolo! Mi riconosco al 100%!

Matthäi

Rimango sempre molto perplesso dalla perentorietà dei tuoi interventi in materia di ateismo e religioni. Non mi disturba affatto che una persona sia ateista. Mi secca la tendenza di molti ateisti a ritenersi più intelligenti e razionali in quanto ateisti, e a ritenere per converso coloro che ritengono di professare una fede religiosa (cioè, che "dicono di credere") qualcosa di simile a dei deboli mentali. Mi è capitato più di una volta di imbattermi in questi atteggiamenti, ed è senz'altro nel diritto di ciascuno ritenersi più acuto e perspicace degli altri. Ad ogni modo faccio due osservazioni "laterali" e una domanda.

Prima osservazione: è senz'altro vero che, se si facesse un esame di teologia, molti cattolici dimostrerebbero di conoscere in maniera imperfetta il "contenuto" della loro fede. Tuttavia questo non dimostra granché, perché non sono sicuro che l'essenza della "fede" consista nel considerare vere o false una serie di proposizioni; e, d'altra parte, avrei qualche dubbio anche circa il livello di conoscenza di chi critica (me compreso).

Seconda osservazione: l'istanza sul senso della propria vita (e della propria morte) è radicalmente diversa da quelle che possono essere risolte accendendo un interruttore. Queste non sono domande scientifiche ma filosofiche ed esistenziali, alle quali non credo esista, né possa esistere, una risposta dettata né dalla tecnologia, né dalla scienza, indipendentemente dal livello di sviluppo dell'una o dell'altra.
Quelle delle religioni sono risposte false? Forse. Di certo sono ipotesi, più o meno semplici, più o meno articolate o complesse, magari strampalate quanto si vuole, non verificate e non verificabili se non sulla propria pelle; ma dal fatto che non siano verificabili (né falsificabili) non ne discende automaticamente la falsità.

Domanda: che cosa "illumina" l'ateismo come l'intendi tu?


PS La cosa paradossale è che fino a qualche tempo fa molte delle cose che scrivi tu le pensavo anch'io.

stefano

"Di certo sono ipotesi": no, quelle scientifiche sono ipotesi. Quelle religiose sono fantasie. A meno che, ora, qualsiasi fantasia possa essere trattata alla stregua di ipotesi.
A me sembra un dialogo tra sordi. Ne scriverò ancora.
L'ateismo "illumina" che nel senso che, non accettando il dogma teistico a priori, lascia il campo libero a qualsiasi ricerca, a qualsiasi ipotesi (cioè a qualsiasi teoria verificabile e smentibile), e a un avvicinarsi progressivo verso la verità (da non leggersi come "Verità").
Se mi dici che poi uno, soggettivamente, ha bisogno della religione e di dio, per qualsiasi motivo suo personale (che ne so: consolazione), be', ti dico che questo non rende né l'una né l'altra più vera. Io posso sentirmi meglio se penso a un "amico virtuale" che mi sono inventato io, ma questo non lo rende esistente.
La certezza assoluta non si può avere su niente, ma io mi metto dalla parte di ciò che è più probabile, cioè della non esistenza di dio.
Sui dogmi che molti non conoscerebbero: be', la religione cattolica (le altre non saprei) prevede che li si accettino. Se non li accetti - se non accetti l'infallibilità del papa quando parla ex-cathedra, l'immacolata concezione, la transustanziazione etc. etc. - non sei cattolico.

marco

Ciao Matthai,
condivido con Stefano il rifiuto di definire un principio religioso come "ipotesi". Mi pare infatti che l'ipotesi sia tale solo quando presupponga ad un'analisi conoscitiva che possa portare ad una sua dimostrazione (o alla dimostrazione della sua falsità). Nel momento stesso in cui una religione ammetta l'indimostrabilità di Dio per mezzi logici, cade la possibilità di definire "ipotesi" esistenziali che a quella religione stessa si ispirino.

Mi pare poi anche che il concetto di verità o falsità dei principi religiosi sia poi altamente discutibile, da un punto di vista gnoseologico. Un'affermazione sull'esistenza di Dio ha, in assenza di dimostrazioni, la stessa verità di un'affermazione sulla presenza di asini volanti. Entrambe sono postulati, e come tali non dimostrabili secondo normali criteri di verificabilità sensoriale o logica (infatti, affermare un principio di creazione è in fisica altrettanto assurdo quanto statuire in biologia la presenza di asini volanti).
E certamente, nessuno impedisce di basare una religione sull'esistenza di asini volanti o di postulare leggi etiche sul significato della loro presenza.

Ne consegue, a mio parere, che stabilire la verità o la falsità di un concetto (così inteso) sia completamente impossibile, e pertanto porti ad invalidare la portata stessa del significato di verità.

Se invece basiamo il nostro concetto di verità sul mondo fisico, sensoriale e logico (ovvero definiamo verità ciò che è dimostrabile per esperienze ripetibili), mi pare che sia inammissibile riferirsi ad ogni genere di principio religioso come "vero".

E d'altronde, se è vero che possiamo dimostrare solo ciò che è misurabile rispetto alla nostra entità di esseri fisici, ha persino un senso parlare di verità basate su criteri metafisici?

Se la misura è, come mi sembra, confronto fra due entità, non dovrebbe una qualunque misura di verità applicabile ad enti fisici (come gli uomini, appunto) essere basata solo su di essi?

Permettimi di dire che credo esistano elementi probanti per stabilire, a fronte di una definizione operativa di verità, che l'esistenza di Dio sia da ritenere decisamente falsa, almeno quanto quella di asini volanti.

In finale, concordo ancora pienamente con Stefano che definirsi cattolici non equivalga strettamente ad una professione di fede in Gesù Cristo. A mio parere, non credere nei dogmi stabiliti dalla religione cattolica rende automaticamente protestanti rispetto alla stessa. L'Italia è senza dubbio un paese a maggioranza protestante, con una ristrettissima minoranza di cattolici. L'unico problema risiede apparentemente in una presa di coscienza delle proprie posizioni rispetto a quelle ufficiali del cattolicesimo, anche di fronte ad una tradizione millenaria che accosta il cristianesimo italiano al cattolicesimo, e che pochi credenti hanno veri interessi a trasgredire pubblicamente.

Sarò lieto di ricevere una tua risposta su questi punti, se ne avrai voglia.

Complimenti a Stefano per il post. Aggiungerò il sito tra i miei favoriti.
Marco

Matthäi

E a cosa dovrei rispondere?
Voi non vi limitate ad esprimere opinioni, ma ritenete che le vostre opinioni vi diano il diritto di stabilire in quali termini si debba parlare dell'oggetto di una discussione.
Non potete che darvi, tautologicamente, ragione.

stefano

Grazie a marco, ma grazie anche a Matthaei che - magari non volendolo del tutto - mi fornisce nuovi spunti di riflessione.

marco

Ciao Matthaei (perdonami, non avevo visto l'umlaut),

concordo in pieno col post di Stefano, ma tutt'altro che tautologicamente, direi. L'intenzione del mio intervento era quella di intavolare un interessante dibattito, ovviamente riportando opinioni e riflessioni personali e cimentandole al giudizio di chi possa dissentirne.
Più che stabilire i termini in cui si debba discutere di un argomento, sono interessato a sapere in che termini possiamo discutere di entità metafisiche essendo individui fisici.
Mi sembra che, indipendentemente da tutto, il basare una religione su una serie di verità rivelate (da chi e in quali circostanze, poi, è ulteriore materia di dibattito) ma non dimostrabili secondo i normali criteri logici, non la ponga, anche eticamente, al di sopra di favolette.
E mi piacerebbe imbattermi in qualcosa di più "evoluto" (e mi riferisco ad un'evoluzione meramente filosofica in questo caso) come riferimento concettuale per domande esistenziali così importanti come quelle da te citate.

Posso convenire che il principio ultimo di una conoscenza è necessariamente dogmatico (chi si rifà al metodo scientifico indubbiamente "crede" alla ripetibilità dell'esperimento come criterio di validazione per lo stesso e "crede" al principio statistico come discriminante di verità).
Ma avverto due differenze importanti tra questo principio e lo statuto di una religione monoteistica:
1. l'ammisione intrinseca di fallibilità del metodo (intesa alla Popper), che la scienza ha e che la religione mi pare che neghi nei suoi principi di infallibilità;
2. la coerenza con la sensorialità e la razionalità su cui la nostra stessa vita mi sembra impostata.

Non credi che trovare un senso ad una vita fisica in qualcosa che non è compatibile alla fisicità stessa sia in effetti una soluzione etica almeno un po' deludente?

Io, personalmente, mi sento di rovesciare la scommessa di Pascal. Preferisco pensare al senso della mia vita (ammesso che uno ne esista) in termini di collaborazione fattiva con la mia specie, e indipendentemente da ricompense o castighi, piuttosto che basare la mia vita stessa su un senso di completo assoggettamento ad un'entita' silenziosa, inafferrabile e incomprensibile, nei confronti dei quali dovrei stabilire un rapporto quasi "commerciale" di parole, opere ed omissioni al fine di ottenerne un possibile premio (o, peggio, per evitare dolorose conseguenze) al fine della vita stessa.

Russell diceva che la concezione di un siffatto Dio deriva dall'antico despotismo orientale, ed è una nozione indegna di uomini liberi. Personalmente (e forse, per te, tautologicamente) mi sembra di poter sottoscrivere a pieno queste parole.

Non è mia intenzione essere offensivo, e spero che nessuno si risenta di queste mie opinioni. Sarò lieto di ricevere qualunque feedback in proposito.

Marco

Matthäi

Ma di cosa dovrei dibattere?

In ultima analisi, o si crede o non si crede. Nel momento in cui chi non crede afferma che chi crede, per il fatto stesso di credere, crede in una "fantasia", è irrazionale, ha bisogno di consolarsi, insomma è un mezzo scemo, di cosa c'è da discutere? Se sia scemo per metà, per un quarto o per tre quarti? Io dovrei accettare di fare la parte del cretino bigotto per permettere a voi di recitare la parte delle persone intelligenti, aperte e acculturate? No grazie.

Per me le "fantasie" non sono un argomento interessante di discussione; il senso della propria vita e della propria morte magari sì. Ma siccome io sono religioso (non importa di quale religione, tanto sono tutte panzane e l'una vale l'altra) sono, per definizione, obnubilato, e la libera ricerca spetta, ancora una volta per definizione, a voi ateisti; perché, com'è noto, il dogmatismo è esclusiva, per definizione, di chi è religioso e quindi, in quanto tale, per definizione abdica alla propria razionalità per sguazzare in un mare di superstizione.

A me non interessa, preferisco parlare d'altro.

E, tanto per essere precisi, io non sono "offeso" da questo modo di ragionare. Mi sono rotto i coglioni di gente che pretende neanche di non essere, ma neanche di sentirsi mai "offesa".


PS Per favore non mi si ribatta che l'etimologia della parola "religione" è "superstizione": lo so già.

marco

Ciao Matthaei,

mi spiace leggere la tua interpretazione del mio messaggio in questa chiave.
Non posso parlare per conto di altri, ma la mia intenzione era, in effetti, quella di cercare onestamente di capire quali percorsi portino a risolvere certi dilemmi esistenziali con una risposta di fede.

Non amo il proselitismo, nè tantomeno il dibattito a senso unico o il gioco pseudointellettuale di mettere l'interlocutore in cattiva luce, soprattutto perché considero tutte queste opzioni come atti inutili di violenza. Così come ritengo violento ed inutile presumere il pensiero altrui.

Come te, anch'io ritengo importante porsi domande sul significato della propria esistenza. A differenza di te, mi sono dato risposte personali di altra natura. Nonostante sia sereno nel mio ateismo, credo che ci sia sempre da imparare dagli altri e amo discutere di questi temi, in particolare con chi ha soluzioni diverse dalle mie, particolarmente con chi si dimostra aperto al dialogo intellettualmente onesto.

Dici che non sei interessato a discutere delle tue scelte. Ne prendo atto. Buona serata e grazie.

Marco

The comments to this entry are closed.