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27/11/2006

Comments

Matthäi

"Che cos'è dunque davvero la fede religiosa? "E' ora che ammettiamo che la fede altro non è che la licenza che i fedeli si danno a vicenda per continuare a credere quando mancano le ragioni (...) La religione è l'unico ambito del nostro discorso in cui si considera nobile pretendere di essere sicuri di cose riguardo alle quali nessun essere umano potrebbe avere alcuna certezza".


Non avrei saputo dir meglio.

augie

Ammiro molto il lavoro che fai per écrasez l'infâme… Sei davvero un illuminista, bravo. A margine di questa tua bella presentazione dell’ultimo libro di Harris ti segnalo un brillante e vivace testo appena pubblicato da Bompiani, “Babbo Natale, Gesù Adulto. In cosa crede chi crede?”, di Maurizio Ferraris, bravo filosofo italiano con interessi teorici decisamente “tecnici” (il suo ultimo campo di interessi è l’ontologia degli oggetti sociali e il ruolo che nell’istituzione degli oggetti sociali svolge la scrittura, ruolo indagato a partire da un originale interpretazione del pensiero di Derrida), ma che negli ultimi anni ha svolto un ammirevole lavoro di critica alle pretese che la “religione istituzionalizzata” (che in Italia significa il Cattolicesimo) sempre più arrogantemente avanza di essere considerata il fondamento dell’etica pubblica.
Il testo di Ferraris verte (riassumo qui un po’ confusamente) sulla malafede dei credenti, che affermano di fermamente credere, ma che in realtà credono soltanto di credere, mentre in realtà non credono affatto, e non credono affatto perché gli “oggetti” della loro fede sono cose del tutto oscure e dire di credere in qualcosa che non si sa che cos’è è appunto manifestazione di malafede (in realtà “i credenti non sanno esattamente in che cosa credono. Forse non l’hanno mai saputo”). La loro pretesa quindi di determinare la sfera pubblica a partire dalle loro credenze è irricevibile, perché ciò che fonda le nostre istituzioni dev’essere riconoscibile per tutti.
Insomma, ognuno creda in quello che vuole, e tutte le credenze vanno accettabili, quando però queste “non interferiscono nella sfera pubblica, come invece sta accadendo in forma crescente, e con una netta inversione di tendenza rispetto ai sentieri della modernità. È solo a questo punto che l’ateo deve dire al credente: io non ti vieto di credere in cose che reputo incredibili, come la verginità della Madonna o la Resurrezione (e sono cose anche più implausibili di Babbo Natale), e talvolta anche futili, come la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Ma non posso ammettere che queste tue credenze determinino la sfera pubblica, dal “God bless America” all’appello alla Jihad, senza dimenticarsi il “Gott mit uns”. Che restino nel tuo cuore, nel segreto della tua anima e della tua vita privata.Quando questo non avviene, c’è poco da ridere, anzi, mi pare, c’è da piangere e da aver paura: vedere per credere.”

stefano

L'ho visto oggi in libreria quel libro. Allora mi vuoi costringere a prenderlo :) ?
"Credere di credere" - o ancora meglio: voler credere di credere - è un concetto che usa anche il filosofo Daniel Dennett nel suo "Breaking the Spell" (Rompere l'incantesimo), in cui sottopone l'oggetto *religione* alla stessa analisi cui si sottoporrebbe qualsiasi oggetto passibile di essere scientificamente analizzato.

Presto, se ne avrò il tempo, parlerò di "The God Delusion" di Richard Dawkins che, con il suo instancabile impegno in favore dell'ateismo e del metodo scientifico, meriterebbe una *santificazione* laica.

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