Qualche mese fa, verso la fine di agosto, il giuslavorista Pietro Ichino - di cui ho apprezzato A che cosa serve il sindacato? - ha lanciato, dalle pagine del Corriere della Sera, una proposta "scandalosa", quasi "indecente", per ridurre la spesa pubblica e razionalizzare la pubblica amministrazione: licenziare l'uno per cento dei dipendenti pubblici, andandoli a pescare tra i più fannulloni. Allora ero a Berlino e, letta di sfuggita la notizia, non ho poi seguito la discussione e il putiferio con cui in Italia è stata accolta l'idea di Ichino - soprattutto da parte dei sindacati del settore pubblico. Ora tutta la faccenda è descritta e precisata in un volumetto che Ichino ha appena mandato in libreria: I nullafacenti. Perché e come reagire alla più grave ingiustizia della nostra amministrazione pubblica.
Per introdurre la proposta, Ichino si serve di un dialogo immaginario - quasi socratico - tra un precario del settore pubblico e un sindacalista. E' quest'ultimo che, con il pretesto di "difendere" a ogni costo chi è assunto a tempo indeterminato nella pubblica amministrazione, fa in realtà l'interesse di chi è inamovibile anche quando - talvolta persino dolosamente - non fa nulla e il suo rendimento è non soltanto scarso, ma persino nullo. Quella che viene spacciata per "giustizia" è invece una somma ingiustizia nei confronti in primo luogo di chi lavora ("tutti i dipendenti pubblici seri sono vittime di un sistema incapace di distinguere tra chi lavora bene e chi no") e in secondo luogo di quei precari che potrebbero essere assunti - e che già sono pagati in modo "discriminatorio" rispetto agli altri - licenziando i "nullafacenti". Ichino para anche un'obiezione che potrebbe sorgere: chi garantisce che i licenziamenti verranno attuati con giustizia e non in base a criteri di simpatia personale? Per ovviare a questo rischio, Ichino propone che si istituiscano, almeno inizialmente, degli organismi autonomi di valutazione e che le scelte possano essere impugnate davanti al giudice dal lavoratore (anzi: dal non-lavoratore) colpito, purché si applichi la regola del "litisconsorzio necessario", chiamando cioè in causa l'altro lavoratore che, secondo il non-lavoratore colpito, dovrebbe ricevere la valutazione negativa.
Come si nota, dunque, la posizione di Ichino è tutt'altro che estrema e mi sembra invece che rappresenti il minimo per introdurre un po' di meritocrazia anche nell'amministrazione pubblica. C'è anzi chi, come Luigi De Marchi, la ritiene fin troppo timida e ben di più dovrebbero essere i dipendenti pubblici da licenziare (e scrive: "questa ridicola proposta dell’1%, che esigerebbe almeno 100 anni per riportare la nostra burocrazia a dimensioni sostenibili, è già stata sdegnosamente bloccata da vari ministri del Governo Prodi e dai 3 gnomi del sindacato di regime.")
Il libro di Pietro Ichino è, naturalmente, un instant book e non ha quell'ampiezza di respiro e di analisi che aveva l'altro suo libro sul sindacato (e sulle storture del sistema sindacale italiano). Oltre al "dialogo socratico" iniziale comprende anche gli articoli originariamente apparsi sul Corriere della Sera, una serie di interventi che lo stesso Ichino ha selezionato tra le reazioni dei lettori che hanno commentato la sua proposta nel forum aperto dal quotidiano milanese. Inutile dire che la stragrande maggioranza dei lettori è d'accordo con lui: in molti casi vengono fornite testimonianze in presa diretta della negligenza descritta dal giuslavorista o confronti con i sistemi in vigore in altri paesi, in particolare in Inghilterra. Non mancano, tuttavia, voci molto discordanti che talora rasentano il caricaturale, come per esempio quella di qualcuno che scrive: "Il prof. Ichino è un terrorista volgare e astuto, perché ingenera un senso di terrore vago e mai precisato (...) Il suo è un odio viscerale contro chi lavora (un bersaglio non combattente) e ogni suo atto è diretto a terrorizzare (...) Il progresso dell'umanità si misura dalla sua progressiva liberazione dalla schiavitù del lavoro. Il prof. Ichino è un terrorista della schiavitù". L'estensore di questo commento si astiene però dal dire che i nullafacenti pubblici che si "emancipano dalla schiavitù del lavoro" lo fanno parassitando il denaro pubblico e il lavoro di altri che sgobbano al posto loro: strano concetto di liberazione.
L'ultima parte del libro riporta invece, concretamente, i dettagli tecnici della proposta di Ichino ("Come si può garantire equità e trasparenza nella valutazione, negli incentivi e nelle sanzioni"), così come è stata pubblicata sul sito lavoce il sette settembre scorso.
A dire il vero, ho letto la proposta di Ichino - che condivido, pur ritenendola davvero un po' timida - sentendomi, di volta in volta, euforico (finalmente qualcuno propone qualcosa che tenta di disincrostare il putrido sistema pubblico italiano, ormai paralizzato) e rassegnato (una cosa del genere non passerà mai in Italia, vinceranno sempre i sindacati che difendono a spada tratta i nullafacenti, a discapito dei lavoratori - e impossibile che i politici, con le loro rendite, vadano a prosciugare il pozzo da cui le attingono), tanto che - a tratti - mi sembrava di leggere non una proposta concreta, ma un romanzo di fantascienza, ambientato non ad Alpha Centauri ma in una pubblica amministrazione efficiente e funzionante in base a princìpi meritocratici. Povero illuso che sono!
Parlare di organismi "indipendenti", in un paese come il nostro, mi sembra arduo; e ho sperimentato, anche sulla mia pelle, che quando si parla di meritocrazia s'intende esattamente il contrario.
Trovo interessanti le tue reazioni nel leggere saggi di argomento politico-economico, si capisce che sono cose che ti prendono.
Posted by: Matthäi | 23/11/2006 at 02:04
Intanto sai benissimo che c'è la tendenza a duno snellimento della pubblica amministrazione. Quelli che vanno in pensione non vengono sostituiti spesso, si riduce drasticamente (anche per risparmiare) il personale. Si va verso una superqualificazione probabilmente...
Posted by: dj | 23/11/2006 at 11:54
grand'uomo, Ichino, sia lode almeno al suo tentativo. che se venisse realizzato, una(o) si sentirebbe meno angosciata(o) e rabbiosa(o) a vivere in italia.
Posted by: lisosa | 24/11/2006 at 11:46