Molti - soprattutto quelli che non vivono a Milano e che guardano alle vicende politiche di questa città da lontano - hanno espresso il loro apprezzamento per le figure di Letizia Moratti e, in passato, di Gabriele Albertini, incantati dal fatto che fossero imprenditori prestati alla politica e che, quindi, avrebbero portato nell'amministrazione cittadina un'aria di efficienza, sostituendo la loro "cultura del fare" alle vane logomachie dei burocrati. Se questa convinzione ha una sua ragion d'essere, ed è quindi comprensibile, è anche evidente che la realtà non sempre corrisponde ai nostri teoremi o, peggio ancora, ai nostri desideri. Leggo infatti sulle pagine milanesi del Corriere della Sera di oggi della pletora di assunzioni nominative di dirigenti - e non solo - fatte da Letizia Moratti. Sotto accusa sono anche i superstipendi dei manager delle municipalizzate. Si badi bene: io non sono un pauperista e ritengo che chi occupa posti di responsabilità debba essere ben remunerato. Ma la remunerazione deve comunque essere legata alle capacità, ai meriti e agli obiettivi raggiunti. Non mi pare che sia questo il caso, invece. So per certo - da fonti dirette - che Moratti, appena insediatasi, ha proseguito nella sua politica di assunzioni di consulenti esterni - pratica già iniziata da Albertini -, consulenti spesso non all'altezza dei compiti loro assegnati, anzi, talvolta i compiti sono assolutamente fumosi e la loro assunzione è solo il risultato di una gestione clientelare del potere. (Un caso citato dalla giornalista del Corriere Elisabetta Soglio è quello di Riccardo Albertini che, candidato - e trombato - nella Lista Moratti, ora è stato promosso dirigente, "senza titoli di studio adeguati", e con uno stipendio lordo di duecentotremila euro l'anno). Se c'è qualche amico da sistemare, si crea la funzione apposita - che serva o no -, magari solo "nominale", e gliela si attribuisce. Pagandola con quel denaro pubblico che la destra, non meno statalista della sinistra, pompa dalle tasche dei cittadini, salvo poi evocare - solo a parole, però - una fantomatica efficienza. Ma l'efficienza non è un fantasma che basta nominare con la giusta dose di convinzione perché questa si manifesti davvero. In molti casi, addirittura, vengono duplicate funzioni che già esistono all'interno delle strutture comunali: non sarebbe il caso di fare lavorare di più i dipendenti pubblici - molti dei quali, lo so per esperienza, preparati e capaci - e retribuendoli per il loro valore, secondo criteri meritocratici? Invece si preferisce alimentare la spirale scellerata fatta di stipendi bassi ai dipendenti pubblici - una sorta di implicito permesso di battere la fiacca -, salvo poi assumere consulenti privati strapagati - e certamente non per merito, ma perché bisogna sistemare parenti, amici, parenti degli amici, amici dei parenti e amici degli amici - e rimediare poi alla loro inettitudine grazie all'eccellenza di pochi dipendenti pubblici già presenti, ai quali però non viene concesso un euro in più.
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