Scientemente, sto cercando di non scrivere troppo di fatti miei. Mi annoiano - e a maggior ragione annoieranno chi mi legge. Ma oggi mi gira così e quindi mi sbottono un po' e mi lascio andare.
I
Dunque i cicli abitativi di quell'appartamento si succederebbero di quattro anni in quattro anni? Ieri mattina, mentre stavo andando in banca, ho incontrato per strada A.Z., a cui nel 2002 avevo ceduto l'affitto della casa in cui abitavo dal 1998. Ora mi ha detto che anche lui se ne va, dopo avere comprato a sua volta la sua cuccia (perché a Milano, ormai, con questi prezzi, di più non si può). E l'appartamento - dopo quattro anni - è di nuovo libero. "Ti aveva aumentato l'affitto?" gli ho chiesto. "No, no, solo dieci euro". Immagino "di adeguamento", a che cosa non so, visto che il contratto non era stato registrato. Chissà com'è diventata, mi chiedo. Non ci ho messo più piede da quattro anni a questa parte e già allora aveva i suoi bei difetti: impianto elettrico fantasioso, con fili vaganti ("non a norma"), cucina con le piastrelle saltate e un lavandino sorretto da mattoni, il bagno in stile anni cinquanta dal pavimento rivestito di gomma nera. E ora tutto questo bendidio ritorna libero. Per altri quattro anni?
II
Mi presento ai medici con lo stesso spirito del delinquente che va a costituirsi alla polizia. Sono un criminale che, però, contesta le accuse. E così, anche ieri, ho finito per "cazziare" la dottoressa dell'ospedale di [omissis]. "Cazziare" è parola grossa: diciamo che mi sono contorto in quella zona grigia tra lamento e rimprovero, cercando allo stesso tempo di mantenere quell'untuosa deferenza alla Uriah Heep - mi riferisco al personaggio dickensiano, eh, non al gruppo musicale - che caratterizza il rapporto ideale tra medico e paziente. "Il dottor X [della stessa équipe] mi ha detto il contrario di quello che mi dice lei adesso", le dico. E sottintendo: non potevo rampognarlo e costringerlo a fare quello che dice lei. "La medicina non è una scienza esatta" mi risponde lei. Lo so, lo so, per carità. E' una prassi e ogni paziente è imprevedibile, però insomma lei sa... "Non è che..." - mi trattengo: stavo per dire "rompo troppo i coglioni?", ma ricorro a una perifrasi. "Oh, si figuri. C'è anche di peggio". Be', buono a sapersi, allora devo applicarmi di più la prossima volta. "E poi è tipico degli italiani. All'estero non succede: qui sono tutti dottori". Ohibò, e che si aspetta? Una macchina in cui buttar dentro un medicinale come si cambia l'olio al motore dell'auto? E gli stranieri sono così disciplinati? Replico timidamente che, per carità, lei fa il medico ma io faccio il paziente - e quindi domando. "Quando ero giovane - aggiunge -, evitavo addirittura di dire che ero medico". Quando esco penso che sì, davvero, il mio rapporto con i medici è improntato a questo odio-amore. Ma forse è una metafora del mio rapporto con la vita in genere.
III
Oggi, nello spogliatoio della palestra, vedo aggirarsi un figuro in cui mi sembra di riconoscere un esponente politico locale di un partito di cui preferisco tacere il nome. Mi limiterò a dire che si chiama come un'incitazione alla squadra nazionale in occasione di grossi eventi sportivi. Naturalmente io non l'ho mai visto in carne e ossa, ma solo in fotografia - per esempio sui manifesti che tappezzano Milano in questo periodo pre-elettorale. Per questo sono incerto sulla sua identità. Non ci penso più. Quando ritorno a cambiarmi, trovo su una panchina davanti agli armadietti un suo volantino, con sopra stampata la sua faccia triste. Ci avevo azzeccato: probabilmente era venuto in quella palestra così "trendy", così "chic", così "fashionable" e "metrosexual" per diffondere il suo verbo. Lo prendo, il volantino, e lo straccio in mille pezzi. Poi lo rimetto sulla panchina, nel caso in cui lui ripassasse. Di questo evento - le elezioni comunali - parlerò nei prossimi giorni (diciamo che non ho ancora distillato la quantità di veleno necessaria per scriverne): per ora mi basti dire che chiunque voterei tranne che gente come lui, del cui squallido comportamento c'è chi mi ha fornito testimonianze tali che ora il suo millantato "impegno per la città" non m'incanta più.
Ma scusa, dimentichi l'elemento voyeuristico di cui parlavi al post precedente...mica è proprio solo di te :)
Posted by: Disorder | 23/05/2006 at 22:08
sei forte
Posted by: anabolena | 23/05/2006 at 22:46
pure io ho vissuto a Milano quattro anni esatti (a sostegno della tua statistica)
Posted by: Andrea | 23/05/2006 at 23:04
Sì, però non in via "To',l'anale" :)
Posted by: stefano | 23/05/2006 at 23:07
no, ma lì vicino, in via "se ben[ed]ico"
Posted by: Andrea | 23/05/2006 at 23:12
personale opinione: io trovo che leggere di "fatti personali" su un blog sia infinitamente meno noioso che leggere considerazioni politiche-social-filosofiche...
Non dico delle tue considerazioni, che facilmente condivido e apprezzo, dico in generale. Politica e società sono temi che garantiscono certamente più popolarità nella bloggheria italiana, per via che chi la pensa come te ti linka, e così via, ma alla fine le trovo troppo confortevoli e prevedibili: mi paiono soprattutto tessiture di amici e alleati, ricerca di un consenso -- rispettabile, ma un po' fine a se stesso... cosa ne pensi?
Posted by: corpodibacco | 23/05/2006 at 23:13
Da un lato è vero, ma a me un eccesso di ombelicismo alla fine mi dà noia, specie se l'altro conduce una vita totalmente diversa dalla mia. A meno che non abbia qualità di vero scrittore, allora si riscatta, spesso, per lo stile e il modo in cui si racconta che non per quello che racconta.
Per quanto riguarda me, io tendo poco all' "automitizzazione" sotto forma di narrazione autobiografica. Detto terra-terra: mi sembra di fare cose "pallose" e vivere una vita, tutto sommato, abbastanza noiosa. Ho una vita con ritmi regolari. E, davvero, temo di annoiare.
Su questioni politico-sociali io ho linkato gente di diversa opinione, in un ventaglio che a me pare accettabile: è evidente che non condivido tutto. Però mi è utile perché ci sono persone che magari, con le loro riflessioni, mettono in luce qualcosa che prima era poco in ombra dentro di me. Mi aiutano, insomma, a pensare o a meglio formulare certi pensieri.
A me piace invece parlare di me attraverso le cose che leggo o che vedo. Credo piuttosto nell' "autobiografia intellettuale" (messa così sembra un po' pomposa), perché serve a ricostruire il percorso mentale di una persona - ed è, a conti fatti, una specie di racconto personale.
Posted by: stefano | 23/05/2006 at 23:18
bé, sono d'accordo. Le cose che si vedono, sentono, leggono eccetera... sono quanto fa della nostra vita una vita.
Il tuo racconto da Londra pochi giorni fa (una delle prime cose che ho letto scoprendo da poco questo blog) per me rientra in pieno nella categoria dei "fatti personali", dato che al centro di essi c'è un individuo, le sue sensazioni e pensieri legati a cose che accadono e non astratti. Quanto al fatto di vivere una vita pallosa, non c'è limite a quanto pallosa una vita può essere... Probabilmente la tua lo è molto meno di mille altre, o di quelle dei tuoi lettori, o della mia. Ma tutto sommato, tutto sta nel come la si racconta, questa vita pallosa (le vere guerre sono dentro, diceva Jean Cocteau), e anche qui sono d'accordo con te, è il talento letterario a fare la differenza (anche la vita di Proust potrebbe essere considerata abitudinaria e pallosa, tuttavia...)
Infine, non volevo certo discutere la qualità dei tuoi link...!
Personalmente io ho smesso del tutto di linkare (troppi scambi di favori che non mi piacciono), e ho ridotto al minimo i commenti sulla politica o le news sul mio blog da quando mi sono reso conto che molti mi linkavano perché avevo scritto qualcosa con cui erano d'accordo politicamente, per poi levare il link quando scoprivano che non ero della loro parte politica. Troppo deprimente. Non è il modo con cui voglio guardare alle cose, perciò non è nemmeno il modo con cui voglio essere guardato...
Posted by: corpodibacco | 23/05/2006 at 23:34
Per carità: sui link stavo facendo solo un esempio, eh, non ti stavo rimproverando niente :) (I miei li ho messi per pura comodità mia. Poi ce ne sono alcuni che non guardo quasi più, ma ormai non li tolgo)
Posted by: stefano | 24/05/2006 at 10:19