E' trascorso solamente un quarto di 2006 ma sono già in grado di dire qual è il libro più brutto che ho letto quest'anno. Può darsi che i nove mesi che restano mi riservino qualche sorpresa, ma una menzione - in negativo - a questo romanzo non la toglie nessuno. Si tratta dell'ultimo romanzo dell'inglese Alan Hollinghurst, The line of beauty - che è annunciato in uscita il mese prossimo ("La linea della bellezza") per Mondadori. A essere sincero, sto arrancando nella lettura: il volume è ponderoso (500 pagine) e ne ho lette 380 circa. Non credo che le ultime cento pagine ribalteranno miracolosamente il giudizio che mi sono già formato.
Di Allan Hollinghurst ho letto i precedenti tre romanzi ed è stato un costante declino. Il suo esordio - The swimming-pool library (La biblioteca della piscina) - aveva colpito non solo me per la vivacità della trama e dell'ambientazione londinese. ll secondo romanzo - The folding star (La stella di Espero) - a molti era dispiaciuto, ma non a me, forse perché raccontava una vicenda in cui io riuscivo facilmente a identificarmi: un professore inglese si trasferisce in Belgio, a Brugge, e s'innamora di un ragazzo un po' efebico di nome Luc: le malinconiche atmosfere fiamminghe devono avere contribuito a farmi pronunciare un giudizio favorevole. Il terzo romanzo - The spell (mai tradotto in italiano) - l'avevo invece trovato orribile e illeggibile, benché non fosse molto voluminoso. Che cosa mi ha indotto in tentazione, dunque, con questa quarta prova narrativa di Hollinghurst? Inconsciamente il titolo - che è forse l'unica cosa bella del romanzo - e poi il fatto che, nel 2004, ha vinto il Booker Prize. Ci sono cascato, insomma, mentre avrei dovuto ricordare che un premio letterario non garantisce nulla di nulla: né la qualità del romanzo, né - men che meno - la sua leggibilità.
The line of beauty segue le vicende di alcuni personaggi in un periodo che va dal 1983 al 1987 - gli anni del fulgore di Margaret Thatcher al governo del Regno Unito. Il protagonista assoluto è il giovane Nick Guest, che abita in una camera affittata nella grande casa della famiglia di Toby, suo ex compagno universitario. Il padre di quest'ultimo, Gerald Fedden, è un promettente politico conservatore, appena eletto in parlamento. Nick, invece - nel 1983 - un ventunenne gay inesperto che, già segretamente innamorato di Toby, ha la sua prima storia con Leo, un ragazzo di colore, che a un certo punto scompare dalla scena (ma non è detto che non riappaia nelle ultime pagine: ora come ora non so dirlo) per lasciare il posto a Wani - un giovane libanese che aveva studiato alla stessa università di Nick. Ma al di là di questi rapporti interpersonali, nel romanzo non succede nulla che sia degno di nota. I protagonisti sono sempre impegnati in un party, in una celebrazione, in una cena. Ovviamente lo sfondo è quello ricco, elegante e superborghese dei quartieri residenziali di Notting Hill. Nick sniffa molta coca, insieme a Wani - che è figlio di un imprenditore in ascesa ed è fidanzato con una ragazza, anche se gli piace farsi inculare da Nick. Il lettore, però, si annoia. Si annoia molto. La narrazione - quel poco che c'è - sembra un tenue filo usato dall'autore per cucire insieme le scene di cazzeggio dove i protagonisti se ne stanno con il bicchiere in mano. All'interno di queste scene festaiole ci sono poi molti dialoghi e molte chiacchiere. In sé non sarebbe un male, se questi dialoghi fossero brillanti, ma non lo sono affatto. Ed è questa la vera sorpresa di The line of beauty - sorpresa in negativo, intendo dire. Questo romanzo di Hollinghurst è scritto in un inglese paludato e lento. E' un linguaggio opaco e impacciato, che si trascina faticosamente di pagina in pagina, senza guizzi e senza invenzioni. E' un linguaggio morto ancora prima di nascere ed è, soprattutto, un linguaggio che non riesce a insufflare un minimo di vita nei personaggi del libro. Dov'è finita - viene da chiedersi - l'arguzia anglosassone? Qui sembra di assistere ai tentativi di una gallina che sbatte le ali forsennatamente tentando di spiccare il volo, ma non ce la fa. Opaco è il linguaggio e opachi sono i personaggi, ovviamente. Sono delineati male, si confondono - specie quelli di contorno - in un magma indistinguibile. Chiuso il libro, nessuno di loro si impone alla memoria. Anzi, verso pagina 380, in una delle numerose feste che si tengono a casa Fedden fa la sua comparsa - come invitata d'onore - anche Margaret Thatcher. Ebbene, Hollinghurst riesce a opacizzare anche lei, il che è tutto dire. Però io me lo vedo, Allan Hollinghurst, che prima di mettersi alla tastiera si recita - come una specie di mantra da "pensiero positivo" - "io sono un grande scrittore, io sono un grande scrittore", sperando che basti essere tedioso e usare un linguaggio inutilmente involuto per diventare automaticamente Henry James.
Era promettente anche l'idea - l'aspettativa, anzi - di leggere un affresco sociale (di un certo tipo di società: benestante, conservatrice, Tory) sulla Londra che conta durante il governo thatcheriano, osservare sotto il microscopio dei destini individuali i cambiamenti introdotti a livello "macrosociale". In realtà la "Lady di ferro" aleggia sullo sfondo, ma i mutamenti epocali in corso in quel periodo in Gran Bretagna non si riflettono in alcun modo sulle vicende dei personaggi. Ben diverso è - tanto per fare un esempio - il modo in cui affronta lo stesso argomento un altro autore meno noto, Tim Lott, nel suo Rumours of a hurricane, in cui l'autore segue le vite di un uomo e di una donna, divorziati, e la loro evoluzione con l'evolversi delle politiche liberiste della Thatcher. E il risultato non è certo quello di Allan Hollinghurst.
perfetto: mi è appena arrivato via amazon e ancora non lo avevo cominciato... ti saprò dire poi che ne penso.
Posted by: laura | 29/03/2006 at 16:30
Armati di pazienza :)
Posted by: stefano | 29/03/2006 at 16:50
Ho trovato "La linea della bellezza" un libro splendido, scritto in maniera impeccabile. Ce ne fossero di libri cosi'...
Posted by: Stefano | 06/08/2007 at 21:13