Si può ristabilire una verità storica con l'intervento di un tribunale? Eventi che sono innegabilmente accaduti, testimoniati da chi li ha vissuti in prima persona, sulla propria pelle, e descritti da studiosi e da profani non possono essere cancellati da un cosiddetto "storico negazionista": per me questa è una certezza. I tribunali dovrebbero occuparsi di perseguire reati e non, invece, di stabilire che cosa sia ammissibile nel dibattito storico e culturale. Mi riferisco naturalmente alla condanna a tre anni di carcere pronunciata dai tribunali austriaci contro l'inglese David Irving, che nega la realtà storica dell'Olocausto e della persecuzione degli ebrei - anche se, forse con puntuale senso dell'opportunismo, pare abbia ritrattato. Per me questa condanna è sbagliata. Non lo è perché io ritenga giusti i vaneggiamenti negazionisti di chicchessia, ma perché credo che anche queste teorie debbano essere combattute sul piano del dibattito culturale e, soprattutto, la censura non possa passare per i tribunali, nemmeno in casi come questi. Per controbattere si scrivano altri libri, si compiano altri studi, si diffonda la verità storica con tutti i mezzi disponibili, si convinca l'opinione pubblica dell'inconsistenza di certe posizioni, ma non si sbatta la gente in galera. Nemmeno un David Irving. Il ricorso alla condanna penale è una scappatoia e una via comoda per aggirare la discussione, tanto che dà l'impressione di essere frutto di debolezza e non di decisione.
Naturalmente - leggo - la condanna parla di "riattivazione della politica nazista" e non si limita a colpire una pura e semplice opinione, per quanto dubbia possa essere. Da più parti si sostiene infatti che i testi di Irving forniscono lo spunto ai vari gruppuscoli neonazisti - soprattutto in area germanica -, dando loro una sorta di legittimazione per le loro azioni. E', per esempio, la posizione espressa, tra gli altri, anche da Miriam Mafai su Repubblica di oggi. In questo senso David Irving non esprime soltanto un'opinione. Questa giustificazione, tuttavia, mi pare debole. Accettandola si postula un linea retta, di azione-reazione o causa-effetto, che corre tra le affermazioni di un "intellettuale" e i comportamenti di certi gruppi. In che misura si può affermare che cancellando la voce del primo di necessità si annulleranno le azioni dei secondi? Qualcuno è davvero ingenuamente convinto che i neonazisti non si troverebbero altri intellettuali o pseudo-intellettuali di riferimento? Allora perché non condannare postumi - o mandare al macero - i libri di Julius Evola, René Guenon o, volendo, di J.R.R. Tolkien? Ma, soprattutto, qual è il punto-limite oltre il quale l'espressione di un'opinione non è più tale ma diventa una istigazione a delinquere o a organizzarsi per delinquere? Una volta che si è stabilito questo principio, il limite può essere modificato di volta in volta a seconda delle opportunità, spostato in qua o in là, o usato surrettiziamente per mettere a tacere voci sgradite. Non saremo allora tentati di stabilire per decreto che cosa è ammissibile dire o scrivere? Diversa sarebbe la faccenda se Irving - o quelli come lui - avesse dirette responsabilità politiche, ma non è questo il caso. Ho molti dubbi nella mia vita, ma credo che sia meglio - soprattutto in fatto di libertà di espressione e di stampa - avere troppa libertà che troppo poca o niente del tutto.
Non ho mai pensato che fosse giusto trascinare uno scrittore, un pensatore o uno storico in tribunale per metterlo a tacere o perché le sue parole erano pericolose. Questo principio dovrebbe, secondo me, valere in generale. Quando il Corriere della Sera pubblicò, qualche anno fa, la prima versione di quello che poi sarebbe diventato La Rabbia e l'Orgoglio di Oriana Fallaci mi venne la pelle d'oca leggendolo, tanto che sulle tesi di Fallaci litigai pure con qualcuno. Eppure, quando tempo dopo seppi che in Francia la scrittrice era stata denunciata perché fomentava l'odio e le sue tesi erano "razziste", ebbi comunque un moto di protesta: potevo pensare che quello che lei scriveva era aberrante, ma l'unico modo per replicare era sul piano del dibattito intellettuale e non attraverso il ricorso alla giustizia e il ritiro o il sequesto del libro dai negozi. Allo stesso modo mi sembrò assurdo trascinare in tribunale Michel Houellebecq perché aveva espresso un'opinione molto negativa - all'interno di un suo romanzo - sulla religione islamica. Ritenere che i tribunali possano sancire che cosa è giusto o non è giusto scrivere e pubblicare significa, in pratica, considerare chi legge un imbecille che deve essere protetto da quello che gli passa sotto gli occhi, una persona che non è in grado di riconoscere ciò che è pericoloso da ciò che non lo è. Significa insomma volere mantenere gli individui in uno stato di minorità in cui hanno bisogno di essere tutelati perché incapaci di scegliere e pensare con la propria testa. Tutto sommato, anche in Unione Sovietica, Solzenicyn era considerato "pericoloso" e la sua condanna era giustificata per il "bene del popolo". Il proibizionismo, anche in ambito intellettuale, è una brutta bestia: sappiamo dove comincia ma non dove finisce. E non sapremo a chi toccherà domani finire in galera.
[Dimenticavo: al primo che osasse darmi del nazista sputerò personalmente in un occhio!]
Subscribe e quale frequentatore di tribunali potrei anche rincarare la dose.
Posted by: law | 22/02/2006 at 00:06
Grazie, Ste.
Posted by: Babsi | 22/02/2006 at 00:24
non che non sia d'accordo su tutto, però temo il pericolo nel liberalizzare (diciamo così) qualsiasi tesi, che mi pare sian tempi gravidi di populismi e pressapochismi, e mi pare ovvio faccian presa sul popolino greve.
per fare un esempio, anche sciocco: nel suburbio inglese il partito più votato è il national front, che propugna l'odio generico per l'immigrato e ha ideali che al confronto rauti è un mattocchio di paese.
han successo perchè, come la lega e come tutte le compagini politiche, destinano la risoluzione del generico problema alla presenza dell'altro, causa di tutte le infelicità, sia esso l'arabo, l'ebreo, il terrone, il padano, berlusconi.
è molto facile prendere allo stomaco le persone.
mi pare sia molto difficile farli riflettere: perchè dovrei stare a sentire chi mi dice che la mia infelicità è causa della congiuntura economica, del vivere sopra possibilità reali, dell'arrogante opulenza del mio paese, quando posso sentire la "rassicurante" voce di chi mi dice che io sono a posto, ma è l'ebreo che mi fa star male.
beh, si avvii il dibattito sui giornali, si spieghi che così non è, che no no e ancora no.
è una soluzione ottusa e autoritaria quella della condanna per reato d'opinione, senz'altro, ma mi chiedo se, in generale, si sia pronti per un'apertura totale, per sentire qualcuno che fa l'antisemita sul tram, per vedere gente comiziare su quanto adolfo fosse bello e buono, per sentire qualcuno che tuona contro "i porci islamici" (ah no, questo è già successo, pardon).
di sicuro non mi sbraccio per una condanna, seppur sciocca, ad un apologeta nazista.
ma magari sbaglio, totalmente, io.
Posted by: mauoshi | 22/02/2006 at 01:37
Non ho certezze, esprimo un dubbio. Siccome penso che, dal tuo punto di vista, la libertà d’espressione debba valere per chiunque (non solo per scrittori o intellettuali in genere), prova a fare il caso di un politico omofobo che sostiene apertamente le sue tesi. Se lo Stato nel quale il politico in questione proferisce le sue ingiurie punisce le espressioni omofobe per legge, egli sarà giudicato e condannato da un tribunale, non da un equilibrato dibattito culturale. Sei contrario a una legge che punisca l’omofobia?
In Francia, recentemente, è stato condannato un politico di destra (non estrema), Christian Vanneste, il quale aveva sostenuto in alcune interviste che “l’omosessualità è inferiore all’eterosessualità” e che porterebbe all’estinzione della nostra società. Eppure Vanneste si è difeso proprio invocando la libertà d’espressione. Perché non avrebbe diritto di sostenere che siamo esseri inferiori? In fin dei conti è la sua opinione. Un’opinione con la quale, però, contribuisce a perpetuare la discriminazione nei nostri confronti e a costituire un buon alibi per chi voglia passare dalle parole ai fatti (e succede ancora, come sappiamo).
Capisco quanto sia importante il tuo discorso e idealmente lo condivido. Eppure non riesco a convincermi che una legge che combatta l’omofobia (limitativa, certo, della libertà d’espressione) sia poi così sbagliata. Sono un proibizionista o un liberticida per questo?
Posted by: Gabo | 22/02/2006 at 09:07
Aspettavo questa obiezione.
Sì, ha il diritto di dirlo.
Però: va combattuto con tutti i mezzi politici. Ma non con la galera.
Diverso è se tenta di tradurre questa opinione in legge: non è più l'espressione di un'opinione (per quanto aberrante), ma diventa un atto concreto che limita la libertà altrui, attraverso l'approvazione di leggi liberticide.
E' un punto delicato, ma io credo che quando si ricorre alla proibizione e alla punizione (attraverso la legge) si prende una brutta china. Chi può dire quando è ora di frenare? Per me è sempre il segnale di un fallimento politico (oltre che umano, va da sé). Se si è antiproibizionisti, bisogna cercare di esserlo in modo conseguente. E' difficile, lo so - e m'incazzo anch'io come una belva a sentire certe cose. (E, tra parentesi, è anche questo il motivo per cui ho avuto i miei dubbi quando è partita quella campagna per denunciare alla polizia postale il famigerato sito omofobo. E infatti non ho aderito, alla fine).
E così credo di avere anche risposto, in parte, a Mauoshi: non è che si debba lasciar passare qualsiasi opinione senza battere ciglio. Non è questo che ho sostenuto. Ho detto solo che non può esistere il "reato d'opinione" (anche se lo si camuffa in altro modo, perché non si può condannare il reato di opinione in sé e per sé).
Posted by: stefano | 22/02/2006 at 10:12
Vero, ciò che dici è condivisibile. In linea di principio è condivisibile. Però, credo che l'argomento sia vasto e pieno di implicazioni. In effetti, dove finisce la libertà e dove finisce l'apologia di reato? Siamo davvero convinti che istigare possa essere solo libertà di espressione? Certo, in molti casi è solo libertà d'espressione, anzi mi spingo a dire che in ogni caso è diritto d'espressione, elimando così il reato per apologia. Allora, però, si pone un altro problema - questo davanti agli occhi di tutti. Oriana Fallaci è libera di esprimere la sua opinione, io pure però che non la condivido: ecco allora che ci ritroviamo davanti alla democrazia formale: io non ho il potere mediatico di Oriana Fallaci - spero di potere dire non ancora ;-) - e se mai lo avrò, ci sarà qualcun altro che non lo avrà e magari vorrebbe esprimere l'opinione avversa alla mia.
Insomma, d'accordo che le opinioni non si portano in tribunale, vero però anche che oltre alla libertà d'espressione formale bisognerebbe costruire e lottare per quella sostanziale. Altrimenti rischiano di essere espresse solo le opinioni che si ritengono "utili" a una causa e non a un'altra.
Forse non mi sono spiegato benissimo, spero mi abbiate compreso.
Posted by: fernando coratelli | 22/02/2006 at 11:53
Che orrore questa storia. Non si può mettere sullo stesso piano uno storico, che con metodo scientifico (fonti, testimonianze, ecc) arriva a conclusioni discutibili (per altro in evoluzione, ho letto sul giornale che nei suoi libri ci sarebbe un progressivo limare e minimizzare alcune conclusioni precedenti esagerate) e non certo a negare l'olocausto (mi sembrava studiasse le dinamiche dello sterminio) e una giornalista che spara insulti e cazzate sui giornalini come la Fallaci. Spero quella di Irving non sia solo pubblicità per qualche suo libro in uscita, ma certo che in Austria (questo è un eccesso di zelo ipocrita) sentono di avere ancora molto da farsi perdonare...
Posted by: l'anodinoTabaqui | 22/02/2006 at 11:53
Per una volta, stefano, sono pienamente d'accordo, e mi sembra quasi incredibile che una legge possa comminare tre anni di carcere (di carcere!) per un reato di opinione. Benché, come spero tu abbia capito, nessuno possa accusarmi neppure da lontano di inclinare a destra, non comprendo neppure la necessità, nel terzo millennio, di una legge che impedisca la ricostituzione del partito fascista. Che facciano o dicano quel che vogliono.
Però, se posso aggiungere una provocazione, una cosa è difendere la libertà d'opinione degli studiosi o sedicenti tali, un'altra limitare lo strapotere comunicativo di chi ha soldi e mezzi per invadere occhi e orecchi con un blob informe di nulla. Ad esempio, non vedrei male un drastico ridimensionamento della libertà d'espressione di berlusconi, esercitato con la forza della legge, trovino loro il modo. Magari, ammesso che il centrosinistra vinca, subito dopo il voto: così sopportiamo per un po' gli strilli "al regime, al regime" di berlusconi-vittima, poi la gente lo dimentica e si passa a parlare di cose serie.
Posted by: Mauro | 22/02/2006 at 13:25
In Italia non sarebbe possibile. Punto.
(pensando a Forza Nuova che con le stesse identiche tesi corre alle prossime elezioni).
p.s.
E comunque, per fortuna è così qui da noi...
Posted by: saltino | 22/02/2006 at 13:49
Fernando, una noticina sulla libertà sostanziale, come l'hai chiamata. A me pare, entrando in una qualsiasi Feltrinelli, che esista una varietà tale di testi da poter definire la nostra "libertà sostanziale". Per un libro di Fallaci troviamo un libro di Chomsky (a dire il vero, Chomsky è più prolifico), se prendiamo come tema di esempio il "clash of civilization". C'è una bibliografia sterminata, il lettore può sinceramente leggere tutte le opinioni possibili. Davvero non vedo, nelle società occidentali, un mercato che impone un pensiero unico. Neppure nelle vendite: se Fallaci, che è gruppo RCS, vende così tanto, non è a causa di una censura operata sui testi che sostengono teorie opposte alle sue. Vende tanto anche Wu Ming, se è per questo. Le logiche del mercato non sono "ideologiche", questa sirena d'allarme è uno dei cavalli di battaglia della sinistra più ortodossa ed è un cavallo zoppo. Che esistano testi con maggiore diffusione è un conto, se qualcuno vuole farmi credere che questi testi siano prevalentemente di destra o comunque di area "neocon" non funziona più. Si guardino le differenze di vendita fra un libro "moderatamente neocon" come Berman e le operazioni stracommerciali (e stravendute) di Sabina Guzzanti. Il problema, se c'è, non è lì. Per me c'è libertà sostanziale di scelta, in libreria.
Posted by: Babsi | 22/02/2006 at 16:56
Quello che io vi domando è: c'è qualcuno che possa dimostrare seriamente che le teorie proposte da Irving abbiano realmente avuto un impatto tale da determinare azioni antisioniste o di frangi naziste? Nell'arco di tempo dal 1989 ad oggi c'è una qualche cosa che possa essere stata ispirata o influenzata da Irving? Credo sinceramente di no e anche che le credenziali dello studioso non sono tali da poter affermare che egli abbia tutta questa influenza.
Qui semplicemente Irving è tornato alla ribalta, l'Austria è riuscita a dimostrare che vuole sbrogliare l'annoso problema dei suoi rapporti mai poco chiari con il periodo nazista, e lo ha fatto imbambolando con una sentenza farsa del tutto deprecabile. Finirà che Irving otterrà una nuova visibilità, se la caverà al massimo con qualche multa e l'Austria avrà la sua bella coscienza pulita "Visto, condanniamo il nazismo e i nazisti come Irving"...bello no?
Posted by: Salvatore | 22/02/2006 at 16:59
Condivido l'opinione espressa nel post. Peraltro, le dichiarazioni di Irving dell'89 costituivano un reato ai sensi della legge austriaca, quindi è compito di quella opinione pubblica (che ha però nella sua storia recente nervi troppo scoperti rispetto al nazismo) modificare la legge per non assimilare un'opinione (sgradevole e insulsa) ad un reato.
Ritengo però che sarebbe stata più utile, in questo caso, una condanna "all'americana", di quelle da reality: niente galera, ma un bel viaggio di istruzione da Vienna ad Auschwitz su un pullman da 54 posti, insieme a 53 ex deportati, con i vetri oscurati e l'isolamento acustico.
Penso che le scuse tardive di Irving, in questo caso, avrebbero avuto buone possibilità di suonare più sincere.
Posted by: Luposelvatico | 22/02/2006 at 17:01
@ Babsi: esatto, se no i "duri e puri" (e magari un po' stalinisti) incominciano a parlare di "genocidio culturale", di "macchina conservatrice", di "restaurazione" :)
@ Luposelvatico: è un'idea interessante. E, più che una vera e propria "condanna", è un atto politico che può essere utile.
@ salvatore (e altri): sì, in questa condanna specifica, ho la sensazione che c'entri molto la coda di paglia degli austriaci che fino a ieri (e forse fino a oggi, non so) si sono considerati "vittime" del nazismo. Quanto ha scritto (narrativamente e a teatro) Thomas Bernhard su questo aspetto: basti leggere "Piazza degli Eroi".
Posted by: stefano | 22/02/2006 at 17:10
...e visto che siamo in tema, penso che questi ragazzi tristi siano fortunati a vivere in un paese che permette di dire parole idiote in libertà senza pagare nessun prezzo e senza conseguenze: meno fortunati siamo noi, quando ci capitiamo sopra per caso, cercando opinioni che consentano di utilizzare il cervello.(Non ce l'ho con Indymedia, sia chiaro, la cui esistenza è indiscutibilmente importante, ma lì sopra ultimamente si leggono cose di una tale stupida violenza, di una tale dolorosa superficialità di fronte alle quali Irving sembra un innocuo vecchietto rimbambito).:-(
http://italy.indymedia.org/news/2006/02/1000137.php
Posted by: Luposelvatico | 22/02/2006 at 17:16
babsi, sono perfettamente d'accordo con te, come con Stefano. La mia è un'apertura a sinistra (passatemi il termine), figurati, Tony Negri è un esempio di quello che voi dite, addirittura - per certi versi - Sofri è in parte vittima di sue affermazioni che hanno prostrato il fianco alle accuse costruite su di lui.
Non nego niente di tutto questo. Mi limito solo a ricordare che dobbiamo difendere sempre la democrazia sostanziale - come la definisco io, e non solo io. In quanto, sappiamo bene che le librerie non sono l'unico media esistente, né il principale credo.
Il problema giuridico, invece, consiste nel tenere ben separate la libertà d'espressione dal mandante del possibile reato. Cioè, dire bisognerebbe uccidere i negri è un'opinione opinabile ma nella logica della libertà d'espressione; dire invece i negri bisogna riunirli in piazza tot alle ore tot e poi deportarli ecc. ecc. entrando nei meriti dell'operazione, non è più libertà d'espressione, è essere il mandante di un reato. Il vero problema è distinguere questa sottile linea.
GiuristaF. ;-)
Posted by: fernando coratelli | 22/02/2006 at 17:31
Mi scuso per l'Ot. Ho cercato di fare un punto generale sulla situazione, potrebbe essere utile, se vi interessa è nel mio blog.
Autopubblicizzarsi non è corretto, lo so ma vorrei tanto sapere se è una buona ricostruziona. Grazie
Posted by: Salvatore | 22/02/2006 at 18:14
Ma sì, lasciamo che ognuno racconti le sue fandonie; però poi non restiamo pigri ad osservare in silenzio.
Io lavoro con le nuove generazioni. Spesso sono poco attrezzate (o, peggio, del tutto disinteressate). C'è sempre il rischio che si convincano della giustezza di opinione del primo che passa, e che gli facciano pure il coro. E' già successo. Può succedere ancora.
Sapessi quanti adolescenti invocano paletti e censure; vedessi in quanti credono nella pena di morte e nella perpetrazione dei più triti modelli del machismo occidentale.
Credo anch'io che sia meglio avere troppa libertà che troppo poca o niente del tutto. Ma temo molto chi sceglie senza conoscere o saper distinguere. So bene quante trappole e insidie si nascondano tra le mie parole. E so che possono suonare paternalistiche o giacobine.
Epperò io non riesco a non esprimere dubbi. E non è una questione di pensiero debole. Per me l’obiettivo civile cui tendere consiste in una libertà maneggiata da individui dotati di senso critico. Ma il senso critico e il buon senso non mi paiono essere così innati e diffusi come pensava Monsieur Descartes.
Vorrei essere più ottimista e più illuminista; ma incombe su di me lo spettro del sonno della ragione.
Posted by: aitan | 22/02/2006 at 18:46
Ma appunto, aitan, tu svolgi la tua funzione di educatore, cerchi di dare questi mezzi critici che altrimenti i tuoi studenti non avrebbero. E si spera che almeno la stragrande maggioranza di loro guarderanno con indifferenza alle cazzate di certi estremisti. Ribadisco: non è che io sono favorevole a dire "un'opinione vale l'altra". Le opinioni che possono essere sbagliate o, addirittura, pericolose vanno smontate, analizzate, criticate. Ma invocare subito la punizione o la galera è un modo per sottrarsi al dovere della critica.
Che poi non sia né facile nè per forza coronata dal successo mi pare evidente. La punizione sic et simpliciter rischia, inoltre, di fare dei finti martiri dove prima c'erano solo delle mezze calzette o degli idioti.
Posted by: stefano | 22/02/2006 at 19:31
Tra qualche anno non ci sarà in vita più nessuno dei sopravvissuti.
Forse, forse, finché ci sono loro, dire che l'olocausto non è esistito potrebbe passare per un'opinione come la chiami tu, un fatto intellettuale, un'idea.
E poi? Quando non ci saranno più?
Che facciamo? Come facciamo?
Viene un ragazzino e dice: l'olocausto è una balla!, e noi che facciamo: gli tiriamo fuori libri, fotografie, testi, ricostruzioni ad Auschwitz? Lo portiamo a Yad Vashem?
Si farà una bella risata il ragazzino, anche se non è della generazione di photoshop.
Figurati! Si fa una bella risata ancora oggi, coi sopravvissuti in vita, perfino una persona erudita, uno storico, uno che per metodo dovrebbe consultare documenti, come faremo nel futuro?
No, io non credo affatto che negare l'olocausto sia un'opinione.
Non potrebbe proprio esserlo.
L'olocausto è un fatto: negarlo è un'azione, una conseguenza, un altro fatto, non un pensiero non un'idea.
Come azione penso che negarlo sia un'azione criminale, non mi scandalizza affatto che sia stata perseguita, e penso che anche il tribunale austriaco abbia valutato così.
Del resto le opinioni aprono il campo a confronti nuovi, ma quale potrebbe mai essere l'utilità di discutere se ci sia stato o no uno sterminio storico?
No, non ci vedo proprio gli estremi di un'opinione, le mancano le fondamenta nella storia e lo sguardo sul futuro.
Per me negare l'olocausto è un fatto. Criminale.
Posted by: palmasco | 22/02/2006 at 19:39
Irving non è l'unico ad affermare l'inesatta correttezza di alcune ricostruzioni storiche o addirittura l'inesistenza. Il fatto è che non bisogna educare tramite il principio quelle sono cazzate, queste sono le verità. E' necessario anche insegnare lo spirito critico, la capacità di discernere quando ci troviamo dinanzi alla varietà delle opinioni.
Che un ragazzo di oggi o un ragazzo del domani non ha o riteniamo non abbia le capacità di saper comprendere la realtà delle cose è un problema più complesso e radicato. Quello che non bisogna inculcare è il fatto che le opinioni vere o giuste siano difendibili solamente in quanto tali e basta. Bisogna invece far capire che ogni cosa per quanto vera, giusta ecc ecc ha sempre il rischio di non essere compresa, accettata e perfino taciuta come falsa. E che la conquista di qualcosa è sempre un traguardo difficile e che non è raggiungibile solo perchè la conquista è giusta o per principio.
Posted by: Salvatore | 22/02/2006 at 20:02
X Palmasco. Naturalmente non c'è alcuna somiglianza fra le due cose (guai se qualcuno mi attribuisce una pur minima somiglianza di fatto fra le due cose), pero:
Anche fino a poco tempo fa negare che la terra fosse al centro dell'universo era Criminale.
Posted by: Salvatore | 22/02/2006 at 20:07
Fefé, infatti. Qui non si parla di "azioni", ma di opinioni. Insomma, ci siamo capiti: il confine fra opinione e "opinione che fa da premessa a un'azione" è sottile, labile e assai contraddittorio. Lavoriamo per capire quale è e come è il confine: lavoriamo senza sbattere in galera nessuno finché si limita a dare opinioni, senza appellarci a una morale che è soggettiva. Non è per farvi ridere, ma il servizio di ieri sera al tg3 delle 19 (Giovanna Botteri) su Ratko Mladic conteneva almeno 10 affermazioni (per me assolutamente razziste, antislave) totalmente errate, false. Clamorosamente false. Più un buon numero di insinuazioni tendenziose. Posso appellarmi all'apologia di reato? Se un ragazzino ha visto quel servizio e parte per Belgrado per spaccare la testa al primo belgradese che incontra, la colpa è di Botteri? Suvvia, no. La colpa è del ragazzino, e - in un effetto matrioska - è della società che non mette il ragazzino nelle condizioni di sapersi informare, eccetera, bla bla. Ma io difendo il diritto di Botteri a diffondere quelle informazioni (occhio alla differenza fra "informazione" e "opinione": un'opinione non può essere falsa, un'informazione sì; il generale che comandava le operazione belliche a Gorazde *non* era Ratko Mladic, questa non è un'opinione), e io mi arrogo il diritto di contestarle, di scriverne, di rivederle. Vivrei meglio in un mondo in cui Botteri viene censurata? No. Giammai. Sentite, abbiamo sempre avuto legislazioni d'impronta proibizionista, sembriamo Asili Mariuccia più che democrazie. Proviamo a liberalizzare, a togliere bavagli, confini e limiti e a vedere che succede. Credere che l'Olocausto possa riproporsi "grazie a" o "a causa di" Irving è davvero ingenuo. Tra l'altro, il Mein Kampf circola dappertutto da sempre. Il problema dell'Olocausto non è lì. E' un falso problema, Irving. E' la nostra coscienza che si ripulisce: scandalizzati, imprigioniamo Irving per aver detto la sua cazzata, e non ci chiediamo come mai i rapporti dei servizi polacchi sulla soluzione finale, in mano agli americani sin dai primi mesi del '42, furono ignorati. E' con le domande e la libera circolazione delle informazioni che si costruisce una cultura scevra da coglionaggini antisioniste. Non con la censura.
Posted by: Babsi | 22/02/2006 at 20:10
Molto semplicemente, io credo che chiunque possa scrivere quello che crede. Però la
questione è se sia possibile legittimare una evidente menzogna come se fosse una semplice opinione. L'Olocausto c'è stato. Non è un'opinione smentirlo o affermarlo.
A Irving non è stato torto un capello e i suoi libri sono ancora in vendita.
Te lo dice uno che non ha avuto nulla da dire sulle vignette danesi, che facevano schifo, ma erano opinabili e non negavano nulla.
Posted by: francesco | 22/02/2006 at 20:12
Si, Stefano, hai ragione si spera (e si lavora) perché almeno la stragrande maggioranza degli adolescenti guardino con indifferenza (o, meglio, con spirito critico) alle cazzate di certi estremisti (ed anche a quelle di tanti falsi moderati).
Posted by: aitan | 22/02/2006 at 20:21
scusate se m'intrometto senza aver nè arte nè parte, ma sono giorni in cui mi ci sto rompendo la testa su queste questioni( pure passando da un'opinione all'altra tanto per farvi capire che non ho preconcetti, davvero)...ma non riesco a ingoiare a cuor leggero tutta questa difesa della libertà di espressione, arrivo sempre fino a un certo punto e poi mi blocco. Per intenderci, all'inizio ho pensato : dietro molti libri si nascondono prestigiatori e Babsi scrive che il lettore deve avere il beneficio del dubbio, e va bene - e che sarebbe un insulto all'intelligenza media tutelare i più deboli. Ok, prima domanda : e allora quelli che si fanno spillare fino all'ultimo cent da chi diffonde i libri di Ron Hubbard - e allora perchè processare Vanna Marchi?- sospeso.
Ma un punto interrogativo che non riesco proprio a lasciare in sospeso è : perchè la libertà di opinione dovrebbe avere più valore d'un cadavere? ok, voi dite che non c'è nesso tra un'idea e un'azione ( e perchè non potrebbe essere una delle reazioni possibili?),distinguiamo
"l'opinionista" e il mandante...ma cristo, quando uno è morto è morto. Non si può far qualcosa anche noi per impedirlo? Tutti con l'idea e nessuno col cadavere? se uno vi dicesse prima o poi t'ammazzo, perchè me l'ha detto satana, belzebù...quando sarete stecchiti penserete ancora che era libero di dire ciò che voleva?
davvero non sto cercando di provocare tanto per parlare, è che proprio vorrei che qualcuno mi aiutasse a capire come mandar giù un morto.
Posted by: maria | 22/02/2006 at 20:44
sono d'accordo e avevo pensato di scriverne.
come saprai ho degli amici in carcere da mesi senza ancora alcun processo per reati d'opinione (sono accusati di associazione sovversiva con finalità di terrorismo, ma l'unica "prova" che gli inquirenti riportano discende direttamente dall'applicazione del 270bis), non riesco a pensare che qualcuno debba essere condannato per quello che pensa.
ieri ne ho discusso parecchio, mio padre ad esempio sostiene che è stata violata una legge giusta e che è giusto che la giustizia faccia il suo corso.
io trovo che le idee si debbano combattere con le idee, ma non mi stupisce affatto che il sistema democratico si mostri nei fatti spesso peggiore dei tristi modelli che condanna (non foss'altro che per una questione di mera coerenza!); alla fine mi sono convinto che in fondo la democrazia può garantire solo ciò che è definibile e misurabile. la libertà non è definibile e dunque non è garantita.
per quel che riguarda la domanda di maria, sto pensando. la mia risposta magari domani, sono ancora al lavoro e vorrei scappare (e pensarci meglio).
Posted by: cascade | 22/02/2006 at 21:06
Ha ragione francesco, è necessario distinguere nel caso specifico tra un'opinione e un teoria di ricostruzione storica. Ma è una distinzione da fare in positivo però! L'opinione si limita a descrivere un punto di vista che può essre sbagliato, opinabile e nonostante ciò questi giudizi non inficiano la sua validità come opinione. Nel caso di una teoria invece la sua confutazione determina la perdita di validità della teoria, perchè questa vuole descrivere e rendere conto di come stanno le cose.
Posted by: Salvatore | 22/02/2006 at 21:42
la penso allo stesso modo. e mi fa piacere trovarlo espresso così bene, ciao.
Posted by: Giorgio | 22/02/2006 at 22:30
Maria, ferma un secondo. Vanna Marchi è accusata di "truffa". E' una cosa completamente diversa, suppongo sia lampante. Come mandar giù un morto? Io ne ho dovuti "tirar su" parecchi, e non è un'espressione figurata, purtroppo per me. E per quei morti. Ma non credo che quei morti li abbiano uccisi le opinioni, Maria. Li hanno uccisi i fucili e le granate. Fino a cent'anni fa le opinioni erano riservate a una elite, eppure la storia è un prontuario di massacri e di demolizioni. Credo si possano contare al massimo un paio di decenni - in un millennio - senza morti. Morti in guerra, morti di persecuzioni, morti causa fanatismi. Le radici delle violenza non sono scritte, non sono "testuali". Insisto, il problema è altrove.
Posted by: Babsi | 22/02/2006 at 22:37
"Le radici delle violenza non sono scritte, non sono testuali. Insisto, il problema è altrove."
Quoto e condivido appieno.
Posted by: law | 23/02/2006 at 00:08
Ho aperto i commenti proprio perché immaginavo che molti avrebbero voluto dire qualcosa riguardo a questa faccenda. Ho letto tutti - non me ne vorrete se non replico singolarmente. Quello che penso l'ho già scritto nel post, dovrei reiterare. Non sono d'accordo con Palmasco, se no non avrei scritto quello che ho scritto nel post, e mi ritrovo molto bene nelle lucide spiegazioni di Babsi e di Cascade. Se avrò altro da aggiungere, ci tornerò sopra in seguito.
Posted by: stefano | 23/02/2006 at 01:10
Babsi ti ringrazio per avermi risposto, ma ti confesso che non mi hai persuaso sebbene ti stimi molto. Mi dispiace, forse non sono una "militante" della libertà come voi, per cui io arrivo sempre fino a quel "certo punto e poi mi blocco", fino al punto in cui io non posso fare a meno di sentirmi responsabile di quei morti per le vignette che io tanto difendevo, fino al punto in cui un solo dubbio che quanto è stato detto o scritto possa entrarci anche solo di striscio come co-responsabile, fino al punto del dubbio che anche per un'idea si può morire...allora la risposta che mi sono data stamattina è che un'idea, fosse anche la migliore del mondo, non vale un solo morto e sono pronta a rinunciarci. vi dico che delle vignette adesso non me frega proprio più un cazzo, così come non mi frega un cazzo di difendere la libertà di hitler a scrivere il mein kempf rispetto alla possibilità che senza quel libro anche un solo morto si sarebbe salvato.
Posted by: maria | 23/02/2006 at 09:38
Mi adeguo volentieri all'invito a considerare conclusa la discussione sul merito della vicenda di Irving, sulla quale non aggiungerò quindi alcuna parola.
Non sono per niente soddisfatto, però, dell'imprecisione con cui abbiamo trattato l' opinione, credo che sarebbe utile essere un po' più precisi.
Qui secondo me abbiamo trattato un solo aspetto dell'opinione: i suoi effetti. Per il resto abbiamo dato tutto per scontato.
Sarebbe interessante provare a dire qualcosa di più.
Io non sento alcun bisogno di leggere il Mein Kampf per farmi un'opinione sul nazismo, ma sono favorevole alla sua pubblicazione come libertà d'opinione, e considero utile e positivo che ci sia qualcuno che leggendolo si faccia delle opinioni sulla nascista del nazismo, qualsiasi siano.
Io non credo che un ragazzino si suicidi direttamente perché ha letto su internet come fare, ma credo che le opinioni abbiano degli effetti, spesso non secondari, e se nel tempo ho letto bene Babsi, ritengo che anche lei creda nella scrittura come diffusione di opinioni, perché queste hanno effetti, perché altro se no?
Mi basta guardarmi: quando mai sarei stato capace di intuire una certa precisa luce negli occhi dei cileni a Milano, per esempio, se non conoscessi Remedios la Bella? eccetera eccetera.
Un'opinione muove, agita, avvia un processo.
E' radicata in un fatto, quindi nel passato, e sconvolge i confini di una credenza, dunque guarda verso il futuro.
Il passato su cui si fonda, il presente in cui si manifesta, il futuro nel quale si realizza le danno dimensione e consistenza. Che le sono necessarie per esistere, per essere qualcosa, appunto, un'opinione ihmo.
Se veniste a cena a casa mia con una qualsiasi opinione, trovereste gente interessata a discuterla, spesso appassionatamente.
Se veniste a dire che l'olocausto non è esistito, perfino portando qualche prova secondaria che in qualche dettaglio le cose non sono andate esattamente come si racconta, ricevereste una bella risata e un simpatico sì, sì, e poi tutti continuerebbero da dove li avete interrotti, come se non aveste parlato.
Secondo me questo non succede a un'opinione.
Non saprei dirlo meglio di così, ma spero di avere portato materiale per un'intuizione.
Posted by: palmasco | 23/02/2006 at 11:23
Nel commento precedente avevo scritto "l'opinione" in corsivo, ma qui non prende l'html.
Purtroppo questo rende forse un po' equivoco tutto il mio commento.
Va letto: "Non sono per niente soddisfatto dell'imprecisione con cui abbiamo trattato l'"opinione"..." intesa come concetto, e non, come potrebbe anche risultare, "l'opinione negazionista", confusione di cui è responsabile la grafica piana della parola "opinione".
Grazie, palmasco.
Posted by: palmasco | 23/02/2006 at 12:05
Si Palmasco, perchè l'opinione anche se è falsa continua ad essere un'opinione. Se quello che dice uno storico è un'opinione il fatto che essa sia falsa non le fa perdere lo status di opinione. Ma se invece lo storico presenta come una teoria quello che dice è logico che se confutata essa perde lo status di teoria.
Se esprimo una opinione secondo cui l'Ocausto non è esistito questo non distrugge la mia opinione. Posso ancora credere che l'Olocausto non è esistito.
Ma nel momento in cui io presento una teoria sull'inesistenza dell'Olocausto nel momento in cui tale teoria è confutata essa non è più una teoria. Non ha più alcun valore.
Posted by: Salvatore | 23/02/2006 at 15:48
Devo essere breve (mi dispiace doverlo essere): ci sono almeno 10 concetti che mi piacerebbe approfondire, a cominciare da quelli espressi da Palmasco, ma non ne ho il tempo. Una sola cosa, per Maria: Sartre (che non era un fesso:) alla fine della sua vita, e della sua lunga e importante carriera di filosofo e pensatore e scrittore eccetera, si chiese: "a che serve, tutto quello che ho fatto e scritto, se non salva neppure la vita di un africano affamato?". E' una domanda che può apparire retorica, e invece è tremenda, nella sua semplicità. E' una domanda che non è stata risposta, ancora, che forse non lo sarà mai. E che è bene continuare a farsi. Io, che di mestiere faccio *questo mestiere*, cioè produco parole, tendo a credere che le parole non abbiano il potere né di uccidere né di mettere in salvo. E non oso neppure dirti se ritengo questa *impotenza* una condanna o una benedizione :)
Posted by: Babsi | 23/02/2006 at 15:53
forse a un uono affamato,no. Ma sapessi a me quante volte un libro me l'abbia salvata. incredibile eh? come sia difficile a volte trovare un pretesto!
Posted by: maria | 23/02/2006 at 16:50
1) David Irving è stato condannato in base a una legge penale, quindi il tribunale non ha fatto altro da ciò che poteva e doveva, cioè accertare un reato e dunque decidere la sanzione.
2) Qualsiasi norma penale che configura un reato difende anche un "bene". A volte la difesa di un certo bene va a discapito di altri, quindi la norma penale registra l'esito di un bilanciamento tra il valore quei beni (svolto sulla base dei valori fondanti di uno Stato). In Italia si possono formare partiti politici ma non il partito fascista. Ovvio, la bilancia pesa tutta verso il pericolo di una seconda dittatura, e ciò va a discapito della liberta di formare partiti politici: l'Italia ha come valore costituzionale l'antifascismo. La storia dell'Austria è quella che è, e si è deciso, i rappresentanti del popolo hanno deciso, di dotare il codice penale di una norma di repressione del negazionismo. E' giusto? a mio parere sì, specialmente pensando che l'Austria ha più nazisti oggi di ieri.
Sopra ho parlato del "bilanciamento" perché mi pare che i giudizi su questo tema prendano in considerazione soltanto la libertà di manifestazione del pensiero, ma non è così, tanti elementi contribuiscono a giustificare la scelta penale. Inoltre, con buona pace di tutti, non esistono, non possono esistere, diritti illimitati, essendo ciascun diritto in sistema con altri: quello di manifestazione del pensiero non fa eccezione.
Posted by: a.b. | 24/02/2006 at 14:08
"David Irving è stato condannato in base a una legge penale, quindi il tribunale non ha fatto altro da ciò che poteva e doveva": appunto, in un paese civile e maturo non dovrebbe esistere una legge del genere. E' di questo che si parlava. E' ovvio che poi un tribunale la applica se c'è. Il commento, quindi, non è pertinente.
Posted by: stefano | 24/02/2006 at 18:57
sono ebreo e credo che una simile legge liberticida dell'espressione si ritorce contro le stesse persone che vorrebbe proteggere. quanta gente adesso penserà al solito stereotipo degli ebrei razza potente che comanda il mondo e fa incarcerare uno pseudostorico da quattro soldi senza nessun seguito nella comunità accademica e senza un pubblico ma che oggi si trova una platea mediatica come mai se l'era sognata ? e poi, una legge può vietare di esprimere certe idee pubblicamente ma in privato quanta gente condivide le opinioni di Irving e dei centomila altri piccoli irving di provincia ? Il modo migliore di tutelare la verità storica è proprio quello di garantire la massima libertà di espressione e discussione a tutti nel libero mercato delle idee.
Posted by: avi | 25/02/2006 at 11:36
VOLEVO SEGNALARE UN’INTERESSANTE ARTICOLO SULL’ARGOMENTO
(http://romaest.leonardo.it/blog),
con la speranza che, leggendolo, quelli che non sembrano riflettere su quello che scrivono, possano capire veramente di cosa stanno parlando.
Posted by: Griso | 26/02/2006 at 19:36
Griso, il link è sbagliato. Prova a controllare quale sia quello giusto.
Posted by: stefano | 26/02/2006 at 19:40