I
Che senso ha scrivere se non scrivo la verità? Se c'è qualcosa che mi frena la mano quando tento di scrivere esattamente quello che sento o penso? Come se non volessi vedere riflesso in questi segni d'inchiostro quello che realmente è accaduto, come se qui dentro non volessi rivedere me stesso. La scrittura vuole fare chiarezza, ma a mano a mano che scrivo le linee si confondono sempre di più: all'inizio mi sembrava sciogliere di una matassa e invece, dopo un po', tutto s'ingarbuglia, come i fili elettrici che si aggrovigliano quando tento di districarli. Dubito che le parole ci avvicinino alla verità mentre ho il sospetto che, piuttosto, servano a giustificarci, a nascondere a noi stessi ciò che ci è sgradito, a coprire la realtà con un velo facendoci credere però di averla a portata di mano. Il confine tra la sincerità e il compiacimento è sottile: non lo supero mai definitivamente, ma avverto che ogni volta è un andare e tornare tra questi due momenti. Afferro qualcosa che è sfuggente, lo tengo stretto per un attimo e l'attimo dopo non c'è più: rimane solo l'esaltazione di aver detto - di dire - qualcosa che credevo fondamentale. E dalla sincerità si passa alla sottile menzogna narcisistica. E ogni volta mi ripeto che basterebbe aggiungere solo una parola, solo quella giusta, quella buona, l'ultima che raggeli e cristallizzi tutto il movimento dei pensieri e delle sensazioni. Ma questa parola non arriva o, quando sembra che sia arrivata e pronunciata, la realtà del mio io si è già spostata altrove.
II
A poco a poco avvolgiamo le persone - certe persone, cioè quelle che ci diventano care - in un bozzolo fatto di memoria. I ricordi si appicciccano a loro come vestiti, anzi come una seconda pelle, che non possiamo più strappargli di dosso e che per noi finisce per costituire una parte essenziale della loro identità. Quando li vediamo, in loro vediamo il nostro passato, la nostra vita e quindi noi stessi. Perdere qualcuno di loro - anche soltanto perderlo di vista per le circostanze dell'esistenza - è davvero perdere una parte di noi stessi. Morire a rate, in piccoli frammenti. Ogni separazione è un lutto: piangiamo noi stessi, per lo più.
"A poco a poco avvolgiamo le persone - certe persone, cioè quelle che ci diventano care - in un bozzolo fatto di memoria."
Io le strangolo nello stesso bozzolo (ma tengo questo delitto per me)
Posted by: ivan | 25/09/2005 at 15:35
Sì, c'è anche questo rischio. Di strangolarle, di farle soffocare. Non ci avevo pensato: dovevo essere in un momento di ottimismo.
Posted by: stefano | 25/09/2005 at 15:36
sì, morte a rate. assistiamo ogni giorno al nostro funerale.
Posted by: marta | 26/09/2005 at 23:40
ogni tanto quando provo a scrivere, nello sforzo di essere sincero mi aggancio ad una parola ed è come se aspettassi che un colpo di vento la fecondasse di altri significanti sui quali insistere, per rendere più efficace il suo peso e per non essere frainteso.. ma così facendo anche a me capita di perdere il flusso del mio pensiero e di impantanarmi in un loop ossessivo che mi porta a tutto meno che a concludere e dare un senso a quello che provo a scrivere.
E' la prima volta che ti scrivo e mi piace molto come tu lo fai.
grazie.
andrea
Posted by: andrea | 23/12/2005 at 02:39