Siano lodati la Germania e i tedeschi, penso leggendo sul Corriere della Sera di oggi il pezzo di Paolo Valentino, di cui voglio citare per esteso l'incipit:
Ogni 75 secondi un cristiano tedesco abbandona la Chiesa cattolica o protestante. E' un atto formale, in Germania: chi esce, deve dirlo, smettendo così di pagare la Kirchensteuer, la tassa ecclesiastica che lo Stato assicura alle due grandi confessioni. E i nuovi fedeli non bastano a compensare l'emorragia: nel solo 2003, il saldo negativo è stato di 117 mila fedeli per la Chiesa di Roma, 120 mila per quelle evangeliche.
Nonostante lo sforzo di marketing legato alle cosiddette Giornate mondiali della gioventù (cosiddette perché andrebbe specificato che si tratta della gioventù cattolica, ma i cattolici, si sa, hanno il vizio di voler fagocitare chi non la pensa come loro) che si stanno svolgendo a Colonia in questi giorni, il cristianesimo - e non soltanto il cattolicesimo - è in crisi. La crisi si evidenzia in un paese come la Germania dove non sono permesse ambiguità e sottintesi nel conteggio dei membri appartenenti alle chiese cristiane, come invece avviene in Italia dove funziona ancora l'imbroglio statistico del battesimo. Eppure, aggiunge Valentino, anche chi ancora, in Germania, si considera cattolico, è ben lontano dalle rigidità della Chiesa:
Qualunque cosa dica Benedetto XVI su contraccezione, aborto e divorzio, i cattolici tedeschi hanno già deciso.
Poi guardo le fotografie a colori pubblicate sia dal Corriere della Sera che dalla Repubblica e, esterrefatto, mi domando come sinceramente vi sia gente che crede a certe baracconate e presti attenzione a un vegliardo in gonna bianca che pretende di immischiarsi in quello che gli altri fanno sotto le lenzuola e propone ricette di "salvezza dell'anima" - e non capisco davvero questa locuzione - basandosi su miti elaborati millenni fa. Tuttavia non ho nulla, ma proprio nulla, contro i cattolici: ah, se soltanto non fossero così esibizionisti quando fanno queste loro adunate, se soltanto non volessero ostentare così le loro curiose inclinazioni religiose. Qualche malizioso potrebbe farmi osservare che anche molti gay, quando manifestano nelle giornate dell'orgoglio omosessuale, sono sfacciati ed esibizionisti - un'obiezione che nessuno muoverebbe mai, lo so, ma la formulo io per puro scrupolo accademico - e non è del tutto falso, ma c'è una differenza sostanziale: non ho mai sentito durante un gay pride un esponente politico omosessuale che inviti tutti gli altri - per esempio gli eterosessuali incalliti - a prenderlo anche loro in quel posto, just in case. Qui corre il discrimine tra chi è tollerante e accetta che ognuno viva seguendo i propri princìpi e chi invece i propri princìpi vorrebbe imporli come regole di vita anche agli altri, tanto che, infatti, Ratzinger - come leggo su Repubblica - invoca: "Anche gli atei ascoltino Dio". "Ma ascoltatelo tu, stronzo" vorrei rispondergli.
Parziale risposta al mio dubbio su come sia possibile che queste giornate attirino tanti giovani e conferma ai miei sospetti vengono dalla conclusione dell'articolo su Repubblica di Michele Smargiassi - un articolo, sia detto en passant, di un'imbecillità assoluta, per il suo vezzo di voler creare un'atmosfera e non dare nessuna informazione sostanziale - in cui racconta di due ragazzine che, pur essendo evangeliche e non cattoliche, sono accorse all'adunata: "Perché siete qui, allora? Vergognosette: 'E' bello conoscere tanti ragazzi'". E' ovvio che gran parte dell'attrattiva di queste giornate è nella possibilità di dare libero sfogo ai propri istinti sessuali: ragazzi con ragazze, ragazzi con ragazzi e ragazze con ragazze. Alla faccia di Ratzinger e delle vecchie cariatidi clericali. Involontariamente ridicolo - a questo riguardo - il titolo in prima pagina del Corriere della Sera, che recita: "Il Papa a Colonia: spalancate i cuori a Dio" e che io avrei volentieri completato così: " e i vostri culi a tutti gli altri".