La scrittura - se questa poi è scrittura - è il guscio dove mi ritiro, dove mi confino, dove mi lecco le ferite. Qualche giorno fa, dopo che io avevo ribadito con convinzione di non essere uno scrittore, I. mi ha chiesto quasi con tono di sfida che cosa sia secondo me uno scrittore. "Definisci che cos'è uno scrittore", in questi termini, più o meno. Colto alla sprovvista, ho farfugliato qualcosa sui massimi sistemi, sulla struttura, sul senso della composizione, sull'ampio respiro, insomma su tutte le buone qualità letterarie che io non ho e che lo scrittore dovrebbe avere. I. e B. mi hanno replicato, quasi in contemporanea, che è una concezione molto tradizionale, questa, dello scrittore. Quasi ottocentesca: i grandi affreschi sociali, i personaggi, il narratore onnisciente che tesse la sua tela... Allora, dopo un'altra - breve, invero - riflessione, ho replicato: "E' scrittore chi vuol essere scrittore". Chi dice di esserlo, lo è, dunque. Chi si percepisce come scrittore, lo è. Le mie cose non sono, in questo senso, "scrittura". Possono esserlo quando hanno una funzione, a volte, così smaccatamente autoconsolatoria (o, addirittura, autoassolutoria)? A qualcuno interessa vedermi mentre mi lecco le ferite?
io io io voglio vederti io leccarti le ferite. hehhehhehehe
Posted by: festen | 03/06/2005 at 21:55
Ma sono purulente! :))
Posted by: stefano | 03/06/2005 at 21:58
A mio parere tra le tante valenza del leggere (e se leggi qualcuno avrà ben scritto, non importa con quali motivazioni)c'è anche la ricerca di modelli proiettivi e quindi, perchè no: certo che mi interessa vederti leccare le tue ferite, magari imparo a farlo meglio con le mie.
Posted by: tato | 04/06/2005 at 10:58
A me.
Per continuare, la fase successiva al "leccarsi le ferite" è la consapevolezza di "significare" qualcosa mentre le si lecca; potremmo dire che lo stile letterario si definisce in base alle ferite che uno sceglie di leccarsi, in quale ordine, con quale intensità, e quanto nel meccanismo infetto resta intrappolata anche la lingua (i denti, il palato, le labbra, ecc). Ci sono scrittori che le ferite se le mordono, anche; scrittori che le ferite le mostrano, facendo la linguaccia, come una... narrativa interrotta, rimandata, annunciata e incompiuta; la tua metafora, specie con 'sto caldo, potrebbe essere sviluppata per pagine. Infine, sì: tu hai una concezione dello "scrittore" un pochino... ottocentesca, ma è anche la ragione per cui ti amiamo :P
Posted by: Babsi | 04/06/2005 at 13:14