Intorno ai tredici anni lesse un libro americano pensato per l'educazione sessuale degli adolescenti, ricco di testimonianze di giovani che raccontavano le loro esperienze e la loro scoperta del sesso. Tra queste vi erano quelle di alcuni che si definivano omosessuali, con equilibrio e tranquillità. In quel libro mancavano completamente i giudizi negativi che normalmente colpivano questo orientamento sessuale e ciò lo sorprese piacevolmente. Dunque c'erano ragazzi della sua età che provavano desiderio per altri ragazzi - e non soltanto lo provavano, ma lo vivevano. Dunque, ne dedusse, gli omosessuali erano più di quanti credesse e sicuramente più di quell'unico M.B. del quale si favoleggiava in paese. Questa rivelazione depose in lui un seme che sarebbe germogliato a tempo debito. Calò una strana pace nel suo animo: non erano tutti mostri, gli omosessuali. Poi, in seguito ai traslochi e al periodico rinnovamento dei libri che aveva in casa, quel volume si sarebbe smarrito e non gli sarebbe tornato in mente ora se qualche mese fa non l'avesse ritrovato, nello scaffale dei libri usati e fuori catalogo, alla libreria gay di Milano. S'intitolava: "Cambia il corpo, cambia la vita". Lo riconobbe subito: lo aprì e lo sfogliò, con un tuffo al cuore che lo sbalzò indietro di vent'anni.
Da allora si sentì giustificato a guardare gli altri ragazzi. Forse prima li guardava e non sapeva perché oppure fingeva di non saperlo. Da quel momento invece cominciò quella commedia che avrebbe potuto definire "l'eccezione". Naturalmente era ancora prigioniero dell'educazione e della concezione secondo la quale tutti, ma proprio tutti, i ragazzi che entravano nell'adolescenza si sarebbero trovate le prime fidanzatine e a quattordici anni pensava che doveva essere così anche per lui. Il matrimonio - con un individuo del sesso opposto, va da sé - era un imperativo categorico inscritto nella natura umana. Ma, a poco a poco, cominciava a selezionare alcuni ragazzi che si stagliavano luminosi sullo sfondo magmatico del restante sesso maschile e si diceva che sì, per quelli - ma solo per quei pochi eletti - avrebbe volentieri fatto "un'eccezione", ché lui no, non era "omosessuale". Però, in fin dei conti, che male c'era a "fare un'eccezione"? La sua omosessualità, quindi, si presentò in stato larvale, sgusciando dentro dalla porta di servizio, non invitata da nessuno, non pubblicizzata, assai poco desiderata. Doveva essere un fenomeno tuttavia ben radicato se, nonostante le correnti avverse, s'imponeva comunque al di sopra della regola generale. E, lentamente, si rese conto che era l'eccezione a essere la regola e col passare degli anni confessò a se stesso che di quell'eccezione voleva vivere. Il cazzo cominciò a occupargli tutto lo spazio mentale: prese a vaneggiare. Incominciò a guardare da lontano i ragazzi delle altre classi, a scuola, cercando di scoprirne i nomi che ancora non conosceva, per poi scioglierseli in bocca come miele e ripeterseli quando si masturbava, come se nei loro nomi vi fosse la loro essenza e come se dicendo il nome avesse catturato anche la persona. Di costoro ancora oggi potrebbe sgranare il rosario dei nomi e cognomi, associando a ognuno di essi una madreperlacea goccia di sperma. Il suo desiderio era fatto di sguardi muti che nessuno decifrava. Lo status di inaccessibilità che agli occhi delle sue compagne rendeva oggetti degni d'innamoramento le celebrità maschili di quei tempi era lo stesso che lui attribuiva a quei ragazzi a lui fisicamente così vicini, ma psicologicamente distanti anni luce. Quasi patologicamente timido aspettava che qualcuno lo salvasse, toccandolo e facendosi toccare ma, poiché non gli fu concesso che ciò accadesse, l'adolescenza si trasformò per lui in un deserto in cui gli fu negata anche l'oasi degli innocenti e passeggeri giochi tra maschi che scoprono il sesso e non resistono al subbuglio degli ormoni. Ha origine in quegli anni - crede ancora oggi - una certa cerebralità e un pudore difficilmente sormontabile a dichiarare i propri sentimenti in maniera diretta, anche a costo di essere ridicolo o patetico.
Dovette giungere alla soglia dei vent'anni perché gli altri omosessuali si traducessero in persone in carne e ossa e non fossero più soltanto i fantasmi prodotti dal suo desiderio o le astrazioni derivate dalle sue letture. Le prime esperienze e le prime conoscenze furono il frutto di una determinazione ferrea, ché altrimenti avrebbe dovuto perseverare nella sua attraversata del deserto fino a morirne di sete - ma di questo parlerà in altra occasione. Ricorda soltanto come, in occasione di uno dei primi viaggi all'estero che fece da solo, la madre - preconizzando chissà quali catastrofi o chissà quale scempio dell'innocenza della sua progenie - lo tirò d'un canto e lo ammonì: "Mi raccomando, stai attento agli omosessuali!". Come in un lampo, orde di lupi famelici calpestarono le steppe del suo cerebro che già da anni galleggiava nello sperma non versato (o non versato come avrebbe voluto lui), e lui - con un sorriso ambiguo e trasognato - rispose: "Sì, sì". E infatti ci sarebbe stato ben attento e non se ne sarebbe lasciato sfuggire nemmeno uno. Iniziò il suo cammino nel vasto mondo.
[FINE, PER ORA]