Non si spenderanno mai abbastanza parole per opporsi alla follia, alla stupidità e all'inutile dolore che le religioni portano nel mondo. Sul Corriere della Sera di oggi leggo una buona notizia: alla Conferenza di Gibuti sull'eliminazione delle mutilazioni genitali femminili le donne delegate presenti hanno protestato con forza contro il tentativo dei religiosi islamici di fare dichiarare legittima l'escissione parziale del clitoride eseguita da chirurghi esperti. Il fronte delle donne ha vinto riducendo per ora al silenzio i vari fondamentalisti religiosi presenti che, non a caso, sono tutti uomini. Una simile barbarie - inaccettabile anche nella sua versione edulcorata - ha un significato concreto e uno simbolico. Il significato concreto è palese, perché si tratta di una mutilazione realizzata ai danni del corpo di un altro (un'altra, in questo caso), in un momento, l'infanzia, in cui l'oggetto - e qui il termine è appropriato - non può esprimere il proprio consenso. E non importa che la mutilazione, in alcuni casi, possa essere effettuata solo parzialmente o in "ambiente sterile" da un chirurgo esperto, il quale assumerebbe quindi provvisoriamente la funzione del carnefice acconsentendo a un'operazione non soltanto inutile, ma anche dannosa, perché compromette seriamente la funzionalità e l'integrità degli organi genitali femminili (oltre che provocare, in molti casi, infezioni e rendere difficoltosa o dolorosa la stessa menorrea). Per non parlare poi del controllo evidente che il maschio vuole esercitare sul piacere della donna, che evidentemente trova così scandaloso da doverlo sopprimere del tutto. Ma vi è, per l'appunto, anche un significato simbolico: in entrambi i casi si tratta di un rito che serve ad affermare il possesso maschile, societario e "religioso" sul corpo di una donna, dichiarando così che il valore della volontà femminile è, in quella società e in quel sistema di pensiero, pari a zero. Con questa operazione si suggella l'annullamento dell'individualità in quel corpo sociale e si ribadisce, di conseguenza, che l'ideologia - vaneggiante, qui, addirittura, perché basata sui deliri di un presunto profeta e sulla "verità" di un "testo sacro", che in realtà altro non è che un racconto mitico, come lo sono tutti i testi sacri - pesa di più della realtà di un corpo, di un individuo e della sua libertà. Avverto sempre una specie di pugno che mi fa contrarre lo stomaco, mi fa montare un'ira inaudita in gola e mi toglie il respiro ogni volta che sento o leggo che un gruppo di individui, in virtù di chissà quale diritto che si è inventato da sé o che gli è stato affidato da una "divinità", si permette, magari con dotte disquisizioni, di sentenziare sulla vita degli altri, come se questi fossero pura materia su cui imprimere il proprio segno. Quindi, per chi crede nella libertà politica degli esseri umani, per chi crede che ogni uomo e ogni donna abbiano il pieno diritto di disporre di sé e del proprio corpo, questa vittoria è importantissima - alla faccia di quell'imam che ha sostenuto che "ogni tentativo di rendere illegittima la circoncisione parziale porterà noi religiosi a dichiararla obbligatoria".
Tuttavia, per quanto importante, questa vittoria non è ancora sufficiente quando parliamo di mutilazioni genitali. Forse arriverà anche il momento di parlare di quella mutilazione che è la circoncisione maschile imposta, per motivi religiosi, anche dall'altra grande religione monoteistica - e stavolta non mi riferisco al cristianesimo - o, per apparenti motivi igienici, soprattutto negli Stati Uniti d'America. Mi domando se non se ne fa menzione solo perché chi la pratica appartiene al mondo "libero" e "progredito" ed è, ipso facto, giustificato dal dover fornire spiegazioni, oppure perché bisogna avere un occhio di riguardo per la circoncisione rituale nell'ebraismo. Se è vero, da un lato, che si tratta di un'operazione che non compromette la funzionalità dell'organo genitale maschile - ma c'è chi sostiene che l'assenza del prepuzio renda più insensibile il glande, per esempio -, è altrettanto vero che non scompare il valore simbolico dell'operazione: il neonato viene espropriato del suo corpo e sottoposto a un'operazione inutile, anche dal punto di vista igienico. Questo fattore accomuna dunque a donne e uomini, a cui viene inciso, letteralmente, nella carne un insegnamento che è prima di tutto politico: chiunque, nel momento in cui sei più debole, può privarti della tua libertà di soggetto autonomo. Ed è questa concezione che bisogna combattere, in ogni caso.
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