Sembra un riflesso condizionato: tutte le volte che non si sa come reagire a qualcosa che ci turba o che non vogliamo guardare in faccia, la prima tentazione è quella di alzarsi gridando: "Vietare, vietare!". Come se vietando ciò che ci inquieta, questo cessasse di esistere. Strano modo di pensare, in cui sono i nostri privati desideri a creare il mondo o, almeno, un mondo a misura delle nostre idiosincrasie. Confesso di avere pensato questo quando ho letto della richiesta dei nuovi membri dell'Unione Europea, per lo più paesi dell'Europa orientale, che vogliono, appunto, vietare l'uso del simbolo di "falce e martello" argomentando che per loro ha rappresentato l'oppressione stalinista, al pari della svastica dei nazisti per l'Europa occidentale. Comprendo benissimo chi, in nome del comunismo, ha subito enormi sofferenze e mi rendo conto che all'atto pratico - cioè di chi ha personalmente sofferto e che è l'unica prospettiva che in queste faccende conti veramente - poco cambi essere ammazzati in nome di un'ideologia o di un'altra e che per loro disquisire di differenze teoriche sia pura dottrina. Sei milioni di contadini ucraini lasciati morire di fame da Stalin, ricordava Tzvetan Todorov in un'intervista sul Corriere della Sera qualche giorno fa, sono comunque sei milioni di morti. E' tautologico ricordarlo. Ma la soluzione è dunque vietare dei simboli?
Eppure, spesso, il riflesso è automatico: che si vieti, che si proibisca, che si sanzioni! Come se si avesse a che fare con eterni minorenni, incapaci di uscire dalla loro stessa minorità. Che si vieti l'uso delle droghe, tutte e indiscriminatamente, che si vieti il fumo, che si vieti l'alcol, che si vieti il sesso non conforme a certe regole... Invecchiando sopporto sempre meno questa deriva forcaiola e proibizionista, il pressappochismo e la faciloneria con cui si pensa di risolvere i problemi fingendo che non ci siano o vietandone l'espressione. Chiudiamo gli occhi: quello che non vediamo non esiste più. Stavolta, vorrei aggiungere, non si tratta di un fenomeno italiano o di un fenomeno che caratterizza una parte politica e non un'altra, perché anche in paesi come la civile e socialdemocratica Svezia esistono - a quanto mi dicono - proibizioni che farebbero impallidire qualunque sincero libertario. Presto saremo costretti a muoverci con un collare che ci stringerà la trachea e c'impedirà anche di respirare.
almeno avremmo risolto il problema dell'inquinamento...
Posted by: Yoshi | 13/02/2005 at 23:07
parafrasando un autore a me molto caro (tu sai quale)direi che il vietare è l'ultimo rifugio dei frustrati.
Posted by: avi | 19/02/2005 at 11:28